L’ultima intervista da ct dell’Italia di Kieran Crowley

Il saluto e la fotografia del tecnico neozelandese che continuerà a seguire “i suoi ragazzi”

L'ultima intervista da ct dell'Italia di Kieran Crowley

L’ultima intervista da ct dell’Italia di Kieran Crowley (Ph. Sebastiano Pessina)

Un triennio di lavoro che, al netto delle ultime due partite della Rugby World Cup 2023, lascia e lascerà tanti spunti alla nazionale italiana in vista dei prossimi cicli di lavoro.

Kieran Crowley ha salutato la panchina azzurra con un’ultima intervista a cura di Moreno Molla andata in onda su Sky Sport, dal titolo “Mr. Crowley” , che ripercorre quanto fatto fra lavoro e sentimenti pensando a quello che si è visto e a quello che sarebbe potuto essere o che sarà per gli Azzurri.

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La “versione” di Kieran Crowley

“Quando arrivi in un posto – esordisce Kieran Crowley – vuoi sempre lasciarlo meglio di come l’hai trovato e se penso al ranking, anche se per me non è un’indicatore assoluto, siamo passati dal 14esimo all’11esimo posto”.

“La squadra ha sviluppato uno stile di gioco, che non se continuerà, ma questa non è una mia decisione. Abbiamo ritrovato il pubblico e offerto alcune buone prestazioni. Adesso tutti penseranno alle ultime due partite della Rugby World Cup, ma credo che i giocatori abbiano acquisito delle basi e delle conoscenze che gli torneranno utili”.

“Ci sono state delle grandi sfide da affrontare – ammette -, ma non lo nego: mi sono divertito. I ragazzi e lo staff sono sempre stati esemplari: non potevo chiedere di più”.

Sugli inizi e poi sui punti negativi: “Quando sono arrivato abbiamo affrontato in due Test Match interni Argentina e Uruguay: quelle partite mi hanno fatto capire cosa avremmo dovuto fare e cosa non avremmo dovuto fare per andare in battaglia.
Il match contro la Georgia? E’ stato un punto basso, ma quella partita è stata una lezione: ci ha portato alle successive partite autunnali contro Samoa e Australia dove abbiamo fatto vedere tante cose buone e ci siamo presi due vittorie.
Un altro punto negativo? L’ultimo Sei Nazioni, perché ci è mancata la vittoria. Abbiamo giocato meglio che nel Sei Nazioni 2022, ma in questo caso non abbiamo trovato l’affermazione”.

Punti positivi e crescita: “Come detto le vittorie contro Samoa e Australia sono arrivate dopo prestazioni ottime, e la vittoria del 2022 contro il Galles è stata molto positiva. Il Sei Nazioni 2023 per me è stato positivo dal punto di vista del gioco, avremmo potuto portare a casa qualche vittoria”.

Cosa ha trovato da ct: “All’inizio sono arrivato conoscendo solo i giocatori del Benetton. Avevo poca conoscenza su quelli delle Zebre e su quelli che facevano e fanno parte di team all’estero. Inizialmente c’era poca autostima, legata anche alle polemiche sulla questione dell’Italia all’interno del 6 Nazioni. Dovevamo recuperare rispetto e credibilità e credo che quello sia stato fatto. Sono consapevole del fatto che i ko contro Nuova Zelanda e Francia abbiano diminuito le ultime due cose, ma non possono determinare tutto quello che è stato fatto.
Abbiamo lavorato tanto in campo, ma anche fuori dal campo su tutti quegli aspetti che riguardano la preparazione alle partite e questo devo dire che è stato fatto in maniera stupenda. I giocatori hanno imparato a “gestirsi” prendendosi le loro responsabilità”.

Sulla Rugby World Cup 2023 dell’Italia e sulle prossime edizioni per gli Azzurri: “In questa Rugby World Cup ci siamo messi in posizione per qualificarci alla prossima edizione del torneo per poi affrontare Nuova Zelanda e Francia. Entrambe erano con “le spalle al muro”, perché una sconfitta le avrebbe estromesse dalla Coppa del Mondo: una è la compagine che ha il rugby come unico vero sport nazionale e ha tre World Cup in bacheca, l’altra era la nazionale organizzatrice del torneo e pronta a provare a vincerlo. Sono stati meglio di noi. Tante volte il rugby può regalarti settimane di preparazione ottime, ma poi alla fine sono gli 80 minuti di gara a parlare e lì bisogna fare i conti con quanto ne viene fuori. Le decisioni prese? Le abbiamo sostenute, non si può parlare pensando col senno di poi”.

Poi specifica: “Per le prossime edizioni? Non lo nascondo: avrei voluto lavorare con i ragazzi e se ci penso mi sento vuoto, anche perché tanti di loro arriveranno ad avere 50-60 caps a livello internazionale e questo potrà voler dire solo una cosa: migliorare in vista del 2027 e del 2031. Penso a giocatori come Menoncello, Marin e Zuliani, ma non solo”.

Sul futuro dell’Italia: “In primis vorrei augurare ai ragazzi e allo staff tecnico che arriverà di centrare più successi possibili. Il prossimo Sei Nazioni sarà interessante, anche perché generalmente dopo una Rugby World Cup ci sono delle rose che vengono rivoluzionate dal fatto che vi sono diversi ritiri a livello internazionale, ecco l’Italia non avrà neppure questo problema perché ha una rosa giovane e di prospettiva. E’ chiaro che qualcuno confermerà il suo posto, qualcuno arriverà a prendersi una maglia nel gruppo squadra e qualcuno sarà accantonato. Sono curioso di capire quali risultati, in generale, verranno fuori”.

La sfida azzurra: “Lavorare su potenza, esplosività e stazza. Quello che abbiamo visto alla Rugby World Cup dai top teams. Se penso alle nostre gare contro Nuova Zelanda e Francia, vedo una squadra che ha fatto tanta fatica a limitare i drive rivali e se guardiamo a formazioni come l’Irlanda e il Sudafrica, in particolare, queste spesso operano sostituzioni nelle quali l’asticella non si abbassa minimamente.
Noi abbiamo seguito una strada, abbiamo giocato un rugby adattato alle nostre caratteristiche, ma ai Mondiali il livello si alza ulteriormente quando la posta in palio è “do or die” e questi standard non si trovano né nello URC né spesso nel Sei Nazioni, per questo serve accumulare esperienza.
Pensiamo a Fischetti e Ruzza, che sono due top player: quando si trovano davanti pari ruolo come Atonio e Willemse, che però insieme pesano circa 50 kg in più di loro due, la differenza si sente. Potrebbe sentirsi meno se nel rugby non vi fossero sostituzioni, ma per ora non è così.
Il focus è stato individuato e non ho dubbio che i preparatori delle franchigie e della nazionale lavoreranno su questo: ci vorrà tempo, ma anche risultati, che sono quelli che danno fiducia e volontà per credere al meglio nel progetto”.

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