URC: come il Munster è tornato a giocarsi una finale

Merito dell’imprevedibile successo di Graham Rowntree e della sua ascesa nel ruolo di head coach

Zebre-Munster (Gavin Coombes)

Gavin Coombes, numero 8 del Munster – ph. Massimiliano Carnabuci

Il Munster torna a giocare una finale, lo farà sabato 27 maggio contro gli Stormers, giocandosi il titolo dello United Rugby Championship contro i campioni in carica.

Se si esclude la finale dell’ultimo Pro14, quello del 2020/2021 tagliato brutalmente corto con la complicità della pandemia e con le regole cambiate in corsa per la qualificazione, erano 6 stagioni che la franchigia non arrivava ad una finale, 12 da quando la squadra non porta a casa un titolo.

Sarà per questo prolungato digiuno di uno dei team più vincenti degli anni Zero (2 Champions e 3 Celtic Leagues tra il 2002 e il 2011) che ben 5000 tifosi hanno fatto le valigie, percorso 13mila chilometri e si apprestano a far sentire la loro voce a Città del Capo.

Che questo Munster fosse capace di arrivare fino in fondo al campionato non era cosa prevista, la stagione che si sta chiudendo avrebbe dovuto essere un anno di ricostruzione, dopo l’addio improvviso di Johann van Graan e l’ascesa di Graham Rowntree al ruolo di head coach.

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Nell’ex pilone campione del mondo con l’Inghilterra nel 2003 non credevano in molti, a Limerick. In particolare, sembrava crederci poco la dirigenza. Quando van Graan se n’è andato, racconta un articolo di Murray Kinsella su The42, la franchigia fece sapere di essere aperta alle candidature. Rowntree, assistente per gli avanti dal 2019, si fece avanti, affrontò un colloquio di lavoro, ma fra la conclusione del colloquio e l’assegnazione del ruolo passarono diverse settimane: il club stava aspettando che qualcun altro manifestasse il proprio interesse.

Lui, invece, sapeva di essere arrivato al momento giusto della carriera per avere il suo primo incarico da capo allenatore, a 51 anni e con alle spalle il ruolo da assistente per gli avanti di Georgia, Harlequins, British & Irish Lions, Inghilterra e Leicester Tigers. Sapeva, anche, di avere la fiducia dello spogliatoio e di essersi trovato a vivere in un posto speciale per lui e la sua famiglia. Si dice che si sia addirittura tatuato il simbolo del Munster sul braccio, cosa abbastanza clamorosa per un inglese. D’altra parte, Rowntree è sempre stato un personaggio particolare, contraddistinto nell’aspetto dalle sue orecchie a cavolfiore devastate da una carriera da pilone.

Malgrado un ex prima linea al timone, il Munster di questa stagione è una squadra propositiva, che ha saputo conciliare il proprio DNA ruvido e fisico con un approccio moderno al gioco e una bella propensione per l’avventura. Merito dell’altro nome nuovo e importante dello staff, Mike Prendergast, allenatore dell’attacco recuperato dal Racing 92, mentre bene hanno fatto anche i due ex giocatori, ora tecnici, promossi dalla Academy, Denis Leamy e Andy Kyriacou.

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Se l’inizio di stagione aveva dato l’impressione di un Munster meno competitivo che in passato (3 sconfitte nelle prime 4 più una vittoria senza bonus sulle Zebre), il resto della stagione è stato decisamente di altro tono (9 vittorie, 1 pareggio, 4 sconfitte).

“All’inizio era tutto un po’ confusionario – ha scritto Kinsella nel suo già citato pezzo per The42 – ma all’interno Munster ha mantenuto un atteggiamento composto. Rowntree ha sottolineato ai giocatori che le cose avrebbero incominciato a funzionare. Loro hanno dato fiducia a lui e ai suoi assistenti. Quindi è arrivata la svolta in una memorabile sera al Páirc Uí Chaoimh.”

“In una occasione storico, lo scorso novembre, il Sudafrica XV ha messo in campo a Cork alcuni grossi nomi e giocatori d’esperienza. Il Munster li ha rimandati a casa alla grande di fronte ad un pubblico di 41.400 spettatori. Una di quelle notti da Munster.”

Nonostante qualche tentennamento a inizio primavera, la Red Army è arrivata alla fine della stagione nel miglior modo possibile. Nell’ultima giornata di regular season ha battuto gli Stormers in Sudafrica, squadra che non aveva mai perso in casa. Nei quarti di finale ha fatto fuori i Glasgow Warriors allo Scotstoun, dove gli uomini di Franco Smith erano imbattuti. Quindi hanno inferto al Leinster la seconda sconfitta stagionale, la prima a Dublino dalla semifinale dello scorso anno.

Per una squadra famosa in particolare per il fortino che è il Thomond Park, Peter O’Mahony e compagni hanno messo in piedi un filotto di vittorie in trasferta che ha qualcosa di speciale.

Sabato arriva la finale contro gli Stormers, un compito davvero improbo. Questo Munster però è cresciuto a dismisura nell’arco degli ultimi sei mesi. Ha trovato in Jack Crowley un regista estremamente solido in tutti gli aspetti, in Antoine Frisch un giocatore imprevedibile che aggiunge fantasia all’attacco e che in coppia con Malakai Fekitoa instilla il panico nelle difese avversarie, in Shane Daly, Calvin Nash, Mike Haley tre intraprendenti contrattaccanti fatti in casa. Il tutto affiancato all’impianto costruito negli anni passati, con le abilità duttili di Tadhg Beirne, l’intensità di John Hodnett, l’incrollabile solidità di Gavin Coombes e la classe di O’Mahony.

“Non ho reinventato niente, abbiamo solo cambiato alcune cose – racconta della sua stagione Graham Rowntree – Abbiamo cambiato come attacchiamo. Come sfidiamo le altre squadre. Quanto spesso calciamo. Ci è voluto un po’ perché i giocatori interiorizzassero le modifiche. Una volta fatto e una volta recuperate le stelle, la stagione dei ragazzi ha cambiato direzione.”

“Far muovere gli avversari per il campo richiede un livello di abilità alto. Alleniamo le abilità dei nostri ragazzi con allenamenti ad alta intensità. Voglio giocare un rugby vibrante e voglio che questo sia percepito come un dovere dagli allenatori. Vogliamo vincere, ma anche farlo mettendo in campo un buon prodotto.”

Sabato pomeriggio, scopriremo se il prodotto confezionato da Rowntree è abbastanza buono per sfidare la corazzata degli Stormers sul proprio terreno di casa.

Lorenzo Calamai

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