Speciale RWC 2015: le squadre – Romania, Costa d’Avorio, Georgia e Giappone

Il riscatto dalla dittatura, un tragico incidente, i trattori sovietici e la Coppa del Mondo 2019

ph. REUTERS - Brandon Malone - Action Images

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ROMANIA: IL DOPO CEAUȘESCU E I MONDIALI DEL 1991

La Romania ha partecipato a tutte e sette le edizioni della Rugby World Cup ed è sempre stata eliminata al termine della fase a gironi. Cinque sono state le vittorie iridate, ai danni di Namibia, Portogallo, Fiji, Stati Uniti e Zimbabwe.

Tra tutte le partecipazioni quella più significativa e straordinaria risale al 1991, quando a nemmeno un anno dalla caduta del regime di Ceaușescu, la squadra si piazzò in seconda posizione nella pool qualificazione alle spalle dell’Italia staccando il ticket per i Mondiali.

Per la Romania, che aveva appena deposto il dittatore, era un periodo difficilissimo. Molti giocatori erano periti durante la rivoluzione e tra questi l’ex capitano della Nazionale, quel Florica Murariu che nel 1988 aveva guidato i suoi a una storica vittoria contro il Galles. Eppure il XV rumeno riuscì a battere Olanda e Spagna (il girone play off, tra l’altro, si giocò in Veneto) e ad assicurarsi il volo per la Gran Bretagna.

L’allenatore è il neozelandese Ross Cooper che, dal 1998 al 2000, siederà sulla panchina dei Chiefs. Le ferite del recente passato sono ancora aperte e Cooper racconta tutto lo stupore provato nel vivere a contatto con giocatori che negli anni precedenti avevano conosciuto la dittatura. Per loro la RWC era una possibilità economica prima ancora che sportiva: “Venivano dalla povertà, ed erano grati per qualunque cosa venisse data loro. Ricevevano circa 30 dollari al giorno e non ho mai visto un giocatore spenderne più di uno. Misero da parte ogni singolo cent per riportarlo a casa”.

 

COSTA D’AVORIO: IL MALEDETTO 1995
La Costa d’Avorio ha preso parte a una sola edizione della Rugby World Cup, quella del 1995. Gli ivoriani hanno guadagnato la partecipazione grazie alla vittoria nella pool di qualificazione ai danni di Namibia, Marocco e Zimbabwe. Ma più che per il dato sportivo, saranno altri i motivi per cui questa prima storica presenza verrà ricordata, purtroppo legati a episodi drammatici.

Il 2 giugno 1995, il giorno precedente alla partita contro Tonga, muore il fratello di Athanase Dali, apertura e anima non solo della squadra ma in generale del rugby ivoriano, di cui in quegli anni era uno dei pionieri. Il fratello Maxime, insegnante di educazione fisica, era stato pure lui giocatore di rugby e aveva indossato la maglia della nazionale nei match di qualificazione all’edizione 1991 della RWC.

Ma una tragedia ancora peggiore sarebbe accaduta nelle ore successive.

Dopo pochi minuti dall’inizio del match, l’ala Max Brito sguscia tra la difesa tongana fino al placcaggio di Ionke Afeaki, flanker isolano. L’ivoriano resta a terra coperto di giocatori, incapace di muoversi, e subito si intuisce la gravità della situazione. Viene ricoverato e operato d’urgenza a Pretoria, ma l’equipe medica riesce solamente a stabilizzare la quarta e quinta vertebra. Brito resta paralizzato dal collo in giù.
Oggi vive in Francia e, come ha recentemente dichiarato un suo amico: “è circondato dall’affetto della sua famiglia e da quello di molte persone del mondo del rugby, ed è felice”.
Nei giorni successivi all’incidente un gruppo di giocatori Springboks guidati da du Plessis visitarono Brito in ospedale. Tutti i soldi per le cure mediche necessarie sono stati donati tramite raccolte fondi.
Ogni quattro anni viene invitato a partecipare alla Coppa del Mondo come ospite.

 

GEORGIA: TRATTORI SOVIETICI NEL 2003

ph. Action Images - Paul Harding

ph. Action Images – Paul Harding

La Georgia ha partecipato alle ultime tre edizioni della Coppa del Mondo (2003, 2007, 2011), fallendo invece la qualificazione nelle tre precedenti (1991, 1995, 1999). Nel 1987 non venne invitata a partecipare.

Le uniche due vittorie sono arrivate nel 2007 contro la Namibia (30-0) e nel 2011 contro la Romania (25-9). I georgiani si sono però sempre dimostrati squadra tosta e dura da superare: basta chiedere a Irlanda (14-10 nel 2007) e Scozia (15-6 nel 2011) che sudarono sette camicie per guadagnare i quattro punti.

La partecipazione nel 2003 ha per certi aspetti dell’incredibile. Quando da molti anni l’élite del rugby è entrata nel professionismo, la nazionale georgiana ancora non ha i fondi necessari per l’acquisto del materiale. Le tute di rappresentanza vennero comprate direttamente dall’allenatore, Claude Saurel, insieme a una videocamera e un computer per migliorare le tecniche di preparazione della squadra. Non solo, in quel periodo, in tutto il Paese esisteva un solo esemplare di macchina di mischia e, come ha raccontato lo stesso Saurel, l’ostacolo fu superato utilizzando alcuni vecchi trattori sovietici al posto dei moderni macchinari. Ma l’aneddoto più curioso è probabilmente quello relativo alla volontà del coach di non essere spiato durante gli allenamenti che lo portò a replicare una misura adottata pochi giorni prima dallo staff dell’Inghilterra. In fretta e furia fece circondare il campo con dei grossi fogli scuri, impedendo a chiunque la vista del rettangolo di gioco. Peccato che nessuno si presentò per assistere alle sedute…
Nel filmato, riviviamo la straordinaria prestazione del 2011 contro la Scozia.

 

 

 

GIAPPONE: IL FUTURO DELLA COMPETIZIONE

ph. Action Images - Paul Thomas

ph. Action Images – Paul Thomas

Il Giappone ha partecipato a tutte e sette le edizioni della Coppa del Mondo senza mai riuscire a superare la fase a gironi. In totale i nipponici hanno disputato 24 match iridati ottenendo una sola vittoria e due pareggi, a fronte di 21 sconfitte. Caso bizzarro, entrambi i pareggi sono arrivati con il Canada: 12-12 nel 2007 a Bordeaux e 23-23 il 27 settembre 2011 (data dell’ultimo match giocato dal Canada ai Mondiali). L’unica vittoria è stata conquistata a Belfast il 14 ottobre 1991, quando il Giappone sconfisse 52-9 lo Zimbabwe raggiungendo il proprio record di mete e punti realizzati in un singolo match iridato.

Al di là delle cifre, il rugby in Giappone si è reso protagonista di una straordinaria crescita, al punto che nel paese del Sol Levante verrà organizzata la Rugby World Cup 2019; la prima fuori dai confini tradizionali di Ovalia.

Ma come è stato possibile creare le premesse necessarie per raggiungere questo storico risultato?
La risposta risiede in una parola: programmazione. Attraverso una strategia ben definita e un percorso strutturato, base e vertice della piramide ovale hanno conosciuto un forte sviluppo qualitativo e quantitativo. Il numero di praticanti è salito fino a circa 120.000 e la nazionale nipponica è entrata nella Top Ten del World Rugby Ranking.

Fra le tappe fondamentali di questa crescita, le più importanti sono certamente state la diffusione della palla ovale tra i più giovani, attraverso il canale scolastico, e lo sviluppo del Rugby Seven. Nell’ambito della Nazionale poi, la Federazione si è affidata a tecnici di comprovata esperienza come il neozelandese John Kirwan e l’australiano Eddie Jones. Inoltre, il livello della Top League (massimo campionato giapponese) si è molto elevato grazie alla partecipazione (assai ben retribuita) di numerosi grandissimi giocatori stranieri. Tra questi citiamo: George Whitelock, Jerome Kaino, Sonny Bill Williams, Brad Thorn, Alesana Tuilagi, JP Pietersen, Fourie Du Preez e Wynand Olivier.

 

Il 2019 sarà un anno fondamentale per il rugby che raggiungerà, forse per la prima volta, una dimensione globale.
Ma intanto, riviviamo nel filmato la più bella meta segnata dal Giappone alla Coppa del Mondo, quella di Kosuke Endo, nel 2007, contro il Galles.

 

 

Roberto Avesani 

 

Scopri le altre squadre del Torneo sino ad ora pubblicate: Inghilterra – Nuova Zelanda – Italia – Argentina – Australia – Galles – Francia – Irlanda – Scozia – Sudafrica – Samoa – Fiji

 

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