La terribile diagnosi: Sclerosi Laterale Amiotrofica
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Gran brutta storia, e la lista continua ad allungarsi… è ora di fermarsi e capire come cambiare il modo di giocare. Ci sono tante vite in ballo. Il rugby a sette ha molte meno collisioni, ma taglierebbe fuori chi non ha in fisico adatto.
A latere, Van der Westhuizen era un giocatore incredibile, che aveva tutto dalla vita. Destino crudele.
C’è da capire quanto il gioco influisca sulle possibilità di avere la Sla. Potrebbe essere solo una percentuale che prescinde da quello che una persona fa nella vita. Così come invece potrebbe essere causato dai colpi alla testa. Per i calciatori ipotizzarono che potessero entrarci qualcosa i colpi di testa. Però, a fronte del numero di calciatori sparsi nel mondo la percentuale è molto bassa. Quindi o è un problema di predisposizione o non è quella la causa. Inoltre il primo a cui fu riscontrata la Sla era un giocatore di baseball americano, Lou Gehrig e lì botte in testa non se ne dovrebbero prendere più di tante se non in maniera fortuita. Qualcuno propende che la causa sia farmacologica. Antidolorifici, antinfiammatori (o altro di meno lecito), MS anche di questo non ci sono prove. Fino a che non si riuscirà a scoprire la causa purtroppo si dovrà solo piangere e dispiacersi per gli atleti colpiti
Mi ricordo pure che erano stati tirati in ballo alcuni fertilizzanti utilizzati per le concimazioni di fondo dei campi che si utilizzavano in passato, tipo, se non ricordo male, le scorie Thomas, che sono un sottoprodotto dei processi siderurgici… Non so poi come finì l’indagine.
Parlare di correlazione tra rugby e SLA non ha senso fintanto che non sarà scientificamente dimostrata. Purtroppo si vedono sempre più persone colpite e facenti parte delle più disparate categorie professionali.
Non è proprio così.
La scienza, medica in questo caso, non è ancora arrivata a capire il motivo per cui ci si ammali o per cui succeda di più in alcuni casi, premesso che per le malattie neurogenetative è quasi impossibile trovare causa/effetto.
La statistica, che precede quasi ogni indagine medica, parla chiaro. Tra i calciatori rischio più alto di 2 volte rispetto alla popolazione generale, 6 volte prendendo in esame solo la serie A.
Ancora peggio l’età media, 45 anni per i calciatori, 65 per la popolazione generale. (Fonte istituto Mario Negri).
SLA è una malattia complessa. La maggioranza dei casi è sporadica, senza casi in famiglia. Il 10% è familial.
Ci sono una 20ina di geni associati (SOD1, NEK1 tra quelli più forti e con ereditabilita genetica alta).
Dall’altro lato sappiamo che sport di contatto aumentano il rischio si SLA di 4 volte.
La mia banale ipotesi, da neuroscienziato, è che ci siano altri fattori. Esempio per la multiple sclerosis uno dei maggiori fattori rischio è Epstein-Barr virus, un virus che il 90% di tutti noi ha ma quando combinato con genetica da MS. Multiple sclerosis è un autoimmune. La componente autoimmune della SLA è altrettanto nota sebbene meno studiata.
Perciò è sempre multifattoriale, non è solo lo sport: deve esserci predisposizione e anche altri fattori, per ora ignoti.
Spero aiuti.
Ma infatti, senza minimamente avere la pretesa di dare spiegazioni mediche o scientifiche, visto che non ne sarei in grado, colpisce la correlazione tra il numero di casi e il livello più alto dell’impegno sportivo. Se nella serie A calcistica sono 6 volte di più piuttosto che in Eccellenza o in Terza Categoria, occorre indagare, ammesso come dice Camoto che si riesca mai a trovare una correlazione tra causa e effetto, su cosa fanno di diverso i calciatori di serie A rispetto alle serie minori. E quindi maggiore impegno agonistico, farmacologia, traumi, diserbanti dei campi in erba, stress o quant’altro. Oppure arrendersi alla casualità