Andrea Masi ci porta dietro le quinte dei settori giovanili di Premiership. Dove si formano i Daly del futuro
Selezionare il talento e portarlo all’Alto Livello: il mestiere di Academy Coach
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fantascienza(per noi)
fantascienza no.
peggio
xche da noi c è chi queste cose le fa e le ha dette.
ma non solo non é stato ascoltato ma accantonato.
i grandi giocatori hanno qualita ognuno diversa dall altro.
ma una sola è la stessa.
quella mentale. Chi é ferocemente motivato arriva. sempre. sempre
Scusa e chi sarebbe la persona a cui alludi?
ehm… Ascione, che domande!
😀 😉
Io queste cose le ho sentite dire da Fourcade, per esempio, poco prima che si istituissero le accademie.
bellissimo articolo.grazie
Noi siamo latini estro e fantasia sta nel ns DNA, queste scemenze sono x i
ragazzi inglesi non servono al ns rugby ci sono le (*).
come iniziare bene la giornata….grazie per l articolo
Vorrei far notare solo una cosa fra le tante: masi va nelle scuole dove i ragazzi giocano a rugby. Se andasse in qualche scuola italiana cosa troverebbe? Ragazzi e professori che nell’ora di educazione fisica (o come si chiama adesso) non fanno un bel niente.
O che giocano a “strega comanda color”.
perchè nelle altre ore fanno qualcosa??
Smettiamola di continuare a generalizzare, ci sono insegnanti che fanno il loro dovere e anche di più come ci sono insegnanti che non lo fanno. Come in tutti i settori lavorativi. Il problema è il quantitativo di ore di ed. Motoria, oltre alla qualità. Inoltre lo sport italiano purtroppo non è incentrato sulla scuola ma sulle asd che asd non sono
Giusto, è sempre brutto generalizzare però è anche vero che la scuola italiana esempio nelle elementari si fanno due ore di religione e due ore di ginnastica. Ti pare giusto?
veramente interessante! formati bene Andrea che poi poi fra qualche anno, chissà, tu non torni in patria a darci una mano!
Articolo molto interessante e chiaro. Mi chiedo invece come si lavori nelle accademie nostrane (tolto il fatto che non si possa andare nelle scuole a reclutare talenti…). Un articolo in merito non sarebbe male. Credo che sia impossibile importare lo stesso sistema da noi anche perché lo scenario è completamente diverso. Tuttavia metodi, etica del lavoro ecc. sicuramente sono aspetti universali.
C’è solo un punto su cui non sono d’accordo con Masi ed è quando dice “sulla testa invece non lavori, quella o ce l’hai o non ce l’hai”. Niente di più falso. Devi solo sapere come fare. E non è psicologia.
Forse intendeva dire che non devi lavorare sulla testa dei ragazzi inglesi perché loro hanno una predisposizione naturale all’apprendimento e all’applicazione che noi non abbiamo perché siamo latini e quindi più propensi al lassismo, allo svicolare, al rimandare a domani ecc ecc
mi spiace, ma questi sono solo luoghi comuni, un po’ come quello degli insegnanti di Ed. Motoria che non fanno niente: c’è chi fa e chi non fa, come in ogni settore.
La “latinità” poi è una categoria difficilmente circoscrivibile: i nostri emigranti del II dopoguerra, spesso meridionali, anzi “terroni”, quindi latinissimamente portati al lassismo, hanno ricostruito la Germania e cavato tonnellate di carbone, in condizioni durissime
sonny, Ok, noi sbadilavamo in condizioni durissime. Ma per raggiungere certi risultati gli sbadilatori sono una minima componente. Ci devi aggiungere le teste che pensano e che progettano. Forse, il luogo comune è il tuo
cesare lombroso ti fa una sega
Complimenti ad Andrea Masi per come scrive e per ciò che scrive. Esauriente e chiarissimo. Io, come chiunque qui abbia contatto con il campo, ho spesso visto scene imbarazzanti: allenatori di U8 che dicono ai bambini di andare a fare danza, solo perché hanno sbagliato un placcaggio, allenatori di U6 che entrano in campo a discutere con il malcapitato educatore che sta arbitrario e chi più ne ha più ne metta. Saper motivare un atleta, sia un bambino o un ragazzo con buone prospettive, non è cosa di tutti: chi non è in grado dovrebbe fare altro, nella vita.
Bellissimo articolo, grazie!
Ah, come l’Academy a Treviso e a Parma 🙂
Invece il nostro è un paese nel quale non c’è abbastanza spazio per la motivazione a migliorarsi e si confonde agonismo con arrivismo… certo che se non sai incanalare i potenziali talenti, non ne hai i mezzi e gli strumenti essi diventano un impaccio: evidenziano le incompetenze. Il nostro è il paese nel quale il rugby piace perché c’è il terzo tempo e ci scorda del primo e del secondo… come se fossero meno importanti, come se avesse senso bere e mangiare con qualcuno col quale non hai mai combattutto, dentro le regole, ma lottato…
In Italia invochiamo un “vero spirito del rugby” che non esiste da nessuna parte del mondo che è il rugby “volemose bene”, non conta il risultato, siamo tutti uguali come se fingere che non esistano le differenze fosse rispettoso delle diversità….
Il nostro è il contesto nel quale si fa come se agonismo e socializzazione fossero nemici giurati: chi fa agonismo è pedagogicamente in errore e non forma uomini ma “fenomeni”…
Purtroppo il nostro buonismo non serve né a socializzare né a far crescere il movimento: vien fuori una massa informe che, nella migliore delle ipotesi, premia solo chi è superdotato di natura: il numero dei nostri vivai è superiore o pari a quello del Galles… tanto per citare il ranking.
Ecc ecc
se l’agonismo significa vincere nel minirugby, stai pedagogicamente sbagliando. E questo è quello che sempre più spesso si vede in giro.
Per ogni fascia di età c’è un modo di insegnare agonismo sano. In Italia agonismo e pedagogia non sono conciliabili perché si confonde agonismo e arrivismo
I più sinceri grazie ad Andrea per la sua carriera da giocatore e i migliori complimenti e grosso in bocca al lupo per quella da allenatore.
Pero’ siamo sempre al solito punto..”i piccioli”. Queste sono strutture Pro che solo una buona organizzazione delle franchigie può’ permettersi. E’ ovvio che squadre di eccellenza non potranno mai avere academy che preparino i ragazzi al pro, ma potrebbero preparali per fare il salto in pro o nelle accademie (ipotetiche..) delle due franchigie. Questo perché la struttura in cui Masi lavorerà costa, non credo che sia cosi’ economica e i nostri club di eccellenza non hanno nemmeno gli occhi per piangere. Speriamo che si arrivi il prima possibile ad una soluzione in cui tutti collaborino per il bene del rugby italiano piuttosto che tirare l’acqua al suo mulino (e.g. qualche club o quasi tutti…) o fare i fatti suoi e sistemare solo gli amici (ogni riferimento puramente casuale…)
quando andrea parla che la tedta o ce l hai o non ce l hai intende una cosa molto semplice. se hai gibre lente non avrai mai quelle veloci.
se sei svogliato e il rugby non é al centro del tuo focus non puoi lavorare sulla motivazione. diverso é chi ha carattere e motivszioni e deve lavorare x incanalare ed affinare
si sarebbe mica male un bell articolo sul lavoro delle accademie.
poi magari scopriamo che é fatto bene e ci poace