Nuova Zelanda, come funzionano le Accademie: il caso Bay of Plenty

Movimenti a confronto: come fa un ragazzo a diventare un All Blacks? Ce lo racconta Melita Martorana

COMMENTI DEI LETTORI
  1. 6nazioni 3 Novembre 2013, 09:22

    D) la federazione giorgiana e la fir?
    R) il professore con tutto il suo carrozzone.
    D) quando un tecnico straniero nelle ns accademie?
    R) mai, troppo complicato.
    D) complicato?
    R) si poi bisogna votare x la nuova presidenza fir.

  2. mezeena10 3 Novembre 2013, 09:58

    bellissima ed interessantissima intervista!
    si evince che nulla è lasciato al caso nel processo di formazione e crescita dei ragazzi (sam cane da piccolo era un po cicciottello, ora è the chosen one!)..
    un unico appunto, BOP ha anche la “sezione e selezione maori” dalla quale proviene il “nostro” kelly haimona e della quale è stato anche capitano!
    kia kaha!

    • Melita Martorana 3 Novembre 2013, 19:20

      Le rappresentative Maori non fanno parte dei programma di sviluppo o delle accademie.

      • 6nazioni 4 Novembre 2013, 19:00

        per piacere invii l’ articolo alla ns federazione
        alla c.a. del presidente.
        grazie.

  3. Katmandu 3 Novembre 2013, 10:15

    Allora una volta per tutte, il modello NZ in italia non è applicabile per una semplice quanto logica evidenza, le varie union lavorano in autonomia e vanno negli istituti a raccattare bimbi con un potenziale e lo monitorano per 3/4 anni prima di metterli in accademia per poi nel giro di 2/3 anni arrivare a giocare un campionato quasi dilettantesco (economicamente) ma molto competitivo e poi se si è bravi il salto verso il SR, quindi se la popolazione è di 4mln di persone vuol dire che gli studenti son circa 700.000 (ad occhio non liciatemi se sbaglio i numeri) quindi lavorano su un bacino a livello nazionale di 700.000 bimbi
    Bene facciaml il paragono con noi (non ridete) da noi il rugby a squola ha la stessa funzione del quadro svedese, i prof sanno che esiste ma non sanno bene usarlo e quindi le socetà debbono andare nelle squole a pescare bimbi e non tutti riescono a farli interessare, poi la formazione passa alle socetá che non sempre hanno il tempo e le capacità di formare piccoli atleti, se si è bravi si viene spediti in selezione (nel caso della mia socetà la veneta) ma se un bimbo non ci va una volta viene depennato non importa il motivo o la scusante, e nel caso si approda in accademia nazionale per poi andare in eccellenza, li lavorano costantemente ogni union con almeno 45 giocatori per anno per 3 anni e quindi 45 X il numero di union e viene un numero nemmeno paragonabile a quello dell’accademia federale (é quello il paragone), o si entra prepotentemente nelle squole con un progetto serio ventennale e accordi nazionali con il ministero dell’educazione e gli si dice ogni settimana fai almeno un allenamento di rugby extracurricolare e devi essere obbligata a partecipare a giochi studenteschi durante tutto il corso dell’anno o altrimenti ciccia, rimarremo sempre dietro a chi la formazione la fa seriamente, domanda ma perché 1/3 dei giocatori che hanno vestito la maglia della nazionale son veneti o hanno giocato per squadre venete? Semplice perché magari a Potenza piuttosto che Bari (le prime due città che mi son venute in mente) avevano dei bimbi promettenti ma che non avendo stimoli e input giusti o non avendo mai troppo provato si son persi per strada, mentre qua la cultura del club li ha fatti emergere
    Ps loro son i più forti oggi ma stanno ancora seminando e i semi che hanno seminato 4 anni fa li vedremo l’anno prossimo, pensate quelli di oggi, tutto proiettato nel futuro anteriore (non ci vuole doc brown 😉 )

  4. fabrio13H 3 Novembre 2013, 10:17

    Si, però anche un paio di domande a molti appassionati/addetti ai lavoro italici :
    D) Se il progetto accademia in Georgia funzionerà bene ci sarà il rischio che ci superino e lo stesso discorso puo’ valere per altre nazioni. Che fare ?
    R) Occorre subito darsi da fare per trovare nuovi oriundi ed equiparabili. Sai, a me piacerebbe tanto che vi fossero ragazzi bravi di formazione italiana ma sappiamo tutti che scarseggiano e poi se le regole lo consentono, visto che lo fanno tutti…(ndr Ma non era Mallett quello che diceva : italiani no buoni per rugby ?!)
    D) Aiuterebbero PARECCHI tecnici stranieri di alto livello nelle accademie ?
    R) Gli investimenti li devono fare i privati. Casomai la Fir deve aiutare le società che tanto hanno fatto per la diffusione del rugby in Italia.
    D) Ma non hai appena detto che vi sono pochissimi giocatori di rugby italiani di livello ? Hanno forse qualcosa da rimproverarsi anche le società se non formano dei campioni ?
    R) Le società lavorano sulla base ma c’è da tener conto che fanno investimenti, in certi casi anche consistenti e necessitano di risultati.
    D) Non sarebbe forse meglio dire “necessiterebbero” ? 🙂
    R) Beh, speriamo in primavera…(ndr. mi associo e magari anche nei test match)
    R) Nient’altro sul fatto che crescono pochi campioni ?
    D) Dobbiamo anche ricordare che l’Italia è il paese della palla rotonda e poi le mamme, ah, le mamme italiane ! Tranne quelle che giocano a rugby…

    (N. B. Con questo non voglio certo difendere la Fir)

  5. fabrio13H 3 Novembre 2013, 10:21

    ..ho invertito R e D nell’ultima parte dell’…intervista 😉

  6. Joest 3 Novembre 2013, 12:16

    Interessante intervista da leggere con calma.

    E’ la dimostrazioen che più che tecnici stranieri dov remmo prendere manager stranieri

  7. Larosa 3 Novembre 2013, 14:14

    C’é una frase che sarebbe da far leggere in federazione: “Tutta filosofia sviluppata dalla NZRU sul concetto che uomini migliori fanno giocatori”.

  8. roberto77 3 Novembre 2013, 17:09

    In NZ c’è scienza dello sport, da non incoscienza per tutto. Va avanti a strozzi e bocconi solo il calcio grazie all’enorme radicamento culturale e territoriale. Quasi tutti gli altri sport di squadra sono in calo nonostante l’inserimento continuo di atleti stranieri nelle nazionali.
    Nonostante tutto il nostro rugby sta migliorando, anche se questi livelli sono per noi da fantascienza.
    Grazie Melita, bellissimo articolo!

  9. barry 3 Novembre 2013, 17:15

    Siamo sicuri che i tecnici stranieri risolvano i nostri problemi?!? Ne conosco tanti in giro per le società e non è che da queste società escano campioni. Il materiale è quello che conta e noi di materiale di qualità ne abbiamo poco poco. Sono sicuro che un tecnico italiano nel sistema accademia in nuova zelanda sarebbe un tecnico più che dignitoso mentre di guru che fanno miracoli io non ci credo.
    Poi che in italia i soldi si potrebbero investire meglio è la storia di sempre….

  10. Melita Martorana 3 Novembre 2013, 19:35

    Premesso che concordo con il fatto che questo medello kiwi non e’ applicabile alla realta’ italiana, ci sono pero’ tre teoremi che secondo me sono importanti e che sempre secondo me vengono adottati dalle federazioni che riescono a produrre giovani campioni:
    1) una federazione con le idee chiare e con progetti fattibili;
    2) una coordinazione territoriale INTEGRALE (senza conflitti interni per intenderci)
    3) una conoscenza concreta dei concetti di identificazione dei talenti e alto livello sia a livello manageriale che a livello esecutivo, con suddetti manager e tecnici che hanno autonomia di lavoro e programmazione nell’ambito delle proprie realta’, facendo sempre riferimento al quadro generale: la crescita del movimento di base e il successo degli All Blacks.

    Sara’ interessante intervistare Dean di nuovo tra un anno e vedere che tipo di lavoro e’ stato fatto in Georgia dove non esiste il rugby nelle scuole ma solo nei club.

    • Katmandu 3 Novembre 2013, 19:48

      Melita (se posso darti del tu) hai fatto proprio una bella intervista mirata e chiara sulla situazione

      • Melita Martorana 3 Novembre 2013, 20:01

        non esiste il lei in inglese. sempre del TU! e grazie, c’ho lavorato parecchio sul concetto accademie e capire come potevo proporlo a voi. e poi sto facendo anche delle cose mie con un accademia qui ad auckland, tutto il concetto alto livello e’ estremamante interessante.

        • Katmandu 3 Novembre 2013, 20:25

          … lo so che in inglese non si dal del lei (tranne her majesty queen elizabeth II )ma qua in Friuli si direbbe “varda che mi parle tajan” 😀
          quindi potrei dire che sei her majesty queen… de nojaltri?

          • Melita Martorana 3 Novembre 2013, 20:55

            a roma se dice: no te prego.

        • mezeena10 3 Novembre 2013, 22:45

          che non esista iil lei in inglese o dirter voi! esiste eccome..
          oddio so troppo ubbriaco in questgo momento, ma giuro che vo dspiego! 😀 scusante veramenfe!

  11. borghy 4 Novembre 2013, 01:31

    Grazie Melita, interessante intervista con ottimi spunti per me
    Borghy

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