Giocatori “cappati”, giocatori “catturati”: facciamo un po’ di chiarezza

Chi conquista un cap è anche catturato ma non è sempre vero il contrario. Proviamo a specificare cosa sta succedendo anche in chiave azzurra

cap rugby ph. s pessina

cap rugby ph. s pessina

Come spesso accade quando si parla di regole e tecnicismi del mondo ovale si rischia di fare un po’ di confusione, un po’ perché le cose sono complicate e mutevoli, un po’ perché è difficile identificare delle corrette traduzioni che esprimano il significato dei vocaboli usati nel regolamento in inglese.

Partiamo dal significato del termine “cap” (in campo internazionale): ogni volta che un giocatore disputa una partita ufficiale per la Nazionale Maggiore contro un’altra squadra Nazionale gli viene tecnicamente assegnato un cap, ossia un cappello.

I termini importanti della frase precedente sono ufficiale – ovvero un test all’interno delle finestre internazionali o comunque riconosciuto da World Rugby – e Nazionale Maggiore, ovvero la prima rappresentativa di ogni Federazione.

Per intenderci per conquistare un cap con l’Italia è necessario giocare (essere nei 23 non basta) in una partita del Sei Nazioni, dei Test Match estivi o autunnali o della Rugby World Cup.

La ragione per cui la presenza in nazionale viene chiamata cap deriva da una vecchia tradizione delle scuole pubbliche inglesi di assegnare berretti in velluto con nappe color oro agli studenti scelti per giocare a rugby in rappresentanza dell’istituto. L’usanza si è poi estesa fino alla squadra nazionale anche se, nel rugby moderno, l’abitudine di assegnare un cap reale è stata limitata alla prima presenza o a occasioni particolari come la Coppa del Mondo, la cinquantesima/centesima apparizione.

L’altra parola, tanto usata ultimamente, è catturato, traduzione della parola “captured”, che ricorre più volte nella spiegazione della regola 8 di World Rugby che norma l’eleggibilità dei giocatori per una nazionale. Se a proposito di equiparazioni abbiamo già più volte trattato il tema del cambio della regola, è importante chiarire che un giocatore si intende catturato (ossia bloccato da una determinata Federazione) nel momento in cui viene schierato in una partita ufficiale disputata da une delle prime due rappresentative nazionali. Dove per prima si intende la Maggiore per seconda quella che ogni Union comunica a World Rugby.

Fino ad alcuni anni fa si poteva indicare come seconda squadra la Under20 (come fece il Sudafrica per qualche anno) ma con l’inizio del processo di riforma delle equiparazioni dal 1 gennaio 2018 World Rugby ha abolito questa possibilità.

Nel caso dell’Italia attualmente la seconda formazione, come specificato anche dal Presidente Innocenti, è la Nazionale Emergenti, ma nel prossimo futuro (probabilmente già a partire dal 2022) dovrebbe diventare la Nazionale A.

Ecco quindi che, come è praticamente certo, qualora Toa Halafihi rientrasse tra i 23 che scenderanno in campo nel test tra la Emergenti e la Romania del prossimo 18 dicembre il giocatore verrebbe catturato dall’Italia. Ma, per quanto sopra detto, il suo primo cap in Azzurro arriverà solo se in futuro dovesse scendere in campo per una partita della Maggiore. A differenza di quanto avvenuto per Hame Faiva e Ratuva Tavuyara catturati e cappati in un colpo solo avendo debuttato direttamente con la Nazionale maggiore.

Sempre a proposito di giocatori ancora da catturare in chiave Italia, dopo la questione Swanepoel, che sembra essersi risolta senza alcuna sanzione per FIR sancendo però la definitiva ineleggibilità del giocatore in forza alla Rugby Rovigo, resta aperta la questione di Capuozzo per cui, non potendo essere considerata bloccante la partita dello scorso novembre dell’Italia A con l’Uruguay, bisognerà aspettare che si riprenda dall’infortunio alla mano che gli ha precluso la convocazione nel gruppo della Emergenti che affronta la Romania.

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