Sei Nazioni 2021, Italia: un passo in avanti nonostante la sconfitta

La squadra di Smith raggiunge un record negativo in chiave difensiva, ma da Twickenham c’è qualcosa da portare a casa

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Sei Nazioni 2021, Inghilterra-Italia: Monty Ioane – ph. Sebastiano Pessina

È difficile essere positivi quando una squadra perde una partita 41-18. Con la sconfitta di Twickenham, l’Italia di Franco Smith è diventata la peggior nazionale per media di punti subiti dai tempi di Brad Johnstone.

Eppure sarà per le basse aspettative, sarà perché in effetti qualcosa di buono questa Italia l’ha fatto vedere, ma la sensazione dei più al fischio finale dell’incontro è stata quella di una prestazione da leggere positivamente per gli Azzurri.

Non sarà propriamente elegante citare sé stessi, ma su queste stesse pagine, nella classica preview della partita ci siamo sbagliati di grosso: “Nonostante i proclami della vigilia, sembra difficile che Eddie Jones stravolga completamente il gameplan affidando ai suoi tre playmaker (Ford, Farrell, Slade) il compito di giocare tutto, di provare a far montare la marea bianca fino a travolgere gli Azzurri: un approccio che presenta forse più rischi che opportunità” si scriveva.

E invece così è stato: l’obiettivo dell’Inghilterra fin dal calcio d’inizio è stato quello di giocare costantemente ad un ritmo forsennato, alternando attacchi vicini e lontani dal punto d’incontro per stressare la difesa azzurra e tenerla costantemente sotto pressione, consci dei non pochi problemi evidenziati in retroguardia dagli uomini di Smith.

I numeri preliminari delle statistiche ufficiali del Sei Nazioni (verranno verificati e aggiustati con i report nella giornata di domenica, ma siamo lì) parlano di 153 placcaggi fatti e 25 sbagliati dall’Italia. Raggiungere l’84% è un netto miglioramento dopo la settimana scorsa (87/115, 76%), ma anche un incremento vertiginoso degli interventi richiesti ad ogni giocatore, al di sopra degli standard finora tenuti dall’Italia.

È così che l’Inghilterra, nonostante non abbia certo scaldato i cuori dei tifosi dimostrando tutti i propri problemi attitudinali, di forma degli interpreti e di gestione della gara, ha comunque chiuso con sei mete equamente distribuite fra primo e secondo tempo.

La partita non è mai stata in discussione nonostante la marcatura azzurra nei primi minuti del match, che ha detto subito tutto quello che di positivo c’è da dire sull’Italia: l’attacco sta incominciando a girare, e questa partita ha rappresentato un ulteriore passo avanti rispetto a quanto già suggerito a Roma contro la Francia.

Rispetto a una settimana fa l’Italia non ha solo segnato il doppio, ma lo ha fatto dimostrando belle idee ed una certa efficacia. In tutta la partita è entrata nei 22 metri per 7 volte, uscendone con 18 punti e muovendo il tabellone più della metà delle volte: non è oro, ma è un deciso sviluppo.

La contesa si è chiusa definitivamente proprio in uno di quei sette assalti alla zona rossa inglese. Sul 20-11, nel momento migliore dell’Italia nella ripresa, Paolo Garbisi ha subito un intercetto decisivo ad opera di Anthony Watson, l’evidente man of the match nonostante il premio sia andato altrove.

Brutto errore per il giovane numero 10, con un passaggio lungo e piatto facilmente interpretabile per l’ala, che evidenzia i lati tecnici e di gestione dell’attacco che l’apertura deve ancora smussare. Tuttavia la sua partita è stata assai più complessa: nella colonna dei positivi vanno un paio di colpi che legittimano il suo essere la prima scelta per la nazionale (il calcio-passaggio per Ioane e un salto reminiscente di Cipriani) e la voglia di contribuire mettendoci faccia, spalle e corpo in fase difensiva; in quella dei negativi una gestione del gioco al piede che ha rispettato sì le giuste consegne dello staff azzurro di tenere il pallone in campo, ma che poteva essere eseguito con più lucidità e precisione, andando a cercare gli angoli del campo e dando così più tempo al muro difensivo di salire il più alto possibile.

La prestazione di alti e bassi di Garbisi rispetta quella della maggior parte dei compagni, dove nessuno si è distinto in maniera assoluta né in positivo né in negativo. Altra partita di sostanza per Negri e Meyer, che stanno accrescendo la loro influenza provando a riempire i vuoti lasciati da Steyn e Polledri. Bell’impatto di Mori in attacco nei minuti a disposizione, con Tommaso Allan che testimonia di poter ancora giocare un ruolo. Due prestazioni da sottolineare sono però quelle di due veterani di questa squadra: Luca Bigi e Carlo Canna.

Il capitano è un giocatore poco appariscente, che per sua natura nasconde i suoi lati migliori fra le pieghe della partita, ma che a Londra è stato un esempio per quantità di lavoro svolto. Alla fine della partita è stato il miglior placcatore azzurro, cercando sempre e costantemente di rallentare anche il pallone dopo aver messo a terra l’avversario, rialzandosi velocemente e provando a contendere.

Il numero 12 ha dimostrato tutta la sua importanza per questa squadra. Rispetto alla prima bozza dell’Italia di Smith vista un anno fa, Canna ha perso un po’ di centralità in attacco. Sempre meno scelte passano attraverso di lui, che da regista si è trasformato in artigiano in mezzo al campo, distribuendo un’onesta quantità di legnate e prendendone altrettante, ma sempre con grande intensità e dedizione, rovistando nello sporco della partita, intuendo dove ruzzolerà quell’ovale o strappandolo dalle mani di un avversario.

Se l’obiettivo della partita era fare un passo in avanti, l’Italia di Twickenham lo ha fatto. Per quello che questa squadra è oggi, difficile pensare che contro l’Inghilterra si potesse fare molto meglio di così.

I prossimi obiettivi per lo staff capeggiato da Franco Smith risiedono nel costruire un drive efficace (ancora una volta due maul da rimessa laterale in zona d’attacco hanno portato solo a due palloni persi) e nel migliorare le decisioni di gestione della partita (perché giocare un pallone al largo con poco sostegno al minuto 39 del primo tempo con il punteggio entro il break?), oltre ovviamente a continuare a migliorare la fase difensiva.

Adesso però inizia il vero e proprio torneo della nazionale italiana. C’è una settimana per leccarsi le ferite e ripresentarsi pronti per le tre partite che determineranno davvero i margini di competitività della squadra, sperando in futuro di avere più fortuna con le prestazione della terna arbitrale.

La prima direzione scozzese di un incontro del Sei Nazioni negli ultimi 19 anni non è stata particolarmente felice, con le decisioni dubbie che hanno finito per andare soprattutto a favore dei nostri avversari. Jonny May sembrava aver commesso un in-avanti piuttosto evidente prima della meta numero uno, così come sembra dubbio il pallone giudicato perso all’indietro da Itoje sulla seconda.

Discutibile la decisione di non punire affatto il placcaggio in ritardo di Farrell su Varney, che non avrebbe meritato sanzioni eccessive, ma il calcio di punizione forse sì, così come l’interpretazione a corrente alternata della necessità di rimanere in piedi sui propri appoggi per il sostegno offensivo nel punto d’incontro.

Alla fine, i fischi arbitrali non incidono sulla qualità della prestazione degli Azzurri e su quello che la squadra di Smith può portare a casa di buono da questo incontro. Incide però sul risultato, quello che tutti finiranno per ricordare di questa partita.

Lorenzo Calamai

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