Cosa ci lascia il Sei Nazioni 2019 dell’Italia

Un’analisi dell’ennesimo torneo senza vittorie della nazionale: la redazione risponde ad alcune domande fondamentali

rugby italia sei nazioni 2019

ph. Sebastiano Pessina

È arrivato quel momento dell’anno in cui bisogna guardarsi indietro per analizzare le sconfitte dell’Italia nel Sei Nazioni. I numeri sono impietosi e li conosciamo tutti, non solo quelli legati ai ko consecutivi nel torneo ma anche quelli legati al pubblico dell’Olimpico, sempre in calo e ben lontano dall’obiettivo dei 150mila fissato dalla FIR alla vigilia. Cercando di concentrarci sul percorso che sta compiendo questa squadra, con un occhio al futuro, la redazione di On Rugby ha risposto ad alcune domande fondamentali sul torneo e sugli strascichi che può lasciare.

Siamo sempre al solito discorso: l’Italia è “schiacciata” tra l’esigenza di dover essere competitivi nel presente e la necessità di dover costruire per il futuro. Dopo questo Sei Nazioni, secondo voi, a che punto siamo nel progetto di Conor O’Shea? Rispetto allo scorso Sei Nazioni qual è lo stato dell’arte?

Daniele Pansardi
Commentare le gesta della nazionale maschile di rugby diventa sempre più complicato. Da dove si parte? A quali conclusioni bisogna arrivare? Considerando il materiale a disposizione, i tanti infortuni e gli avversari da affrontare, mi sento di affermare che c’è stato qualche lieve miglioramento rispetto allo scorso anno, principalmente nel modo in cui l’Italia è rimasta quasi sempre in partita, eccezion fatta per la sfida di Londra. Le occasioni sprecate (per vincere, ma anche per portare a casa punti) però sono state troppe e i tanti errori commessi fanno pensare che questa nazionale sia un caso perso, e che oltre certi limiti non possa andare. Una cosa, però, va messa in chiaro: bisogna credere fino in fondo a Conor O’Shea, una delle poche certezze nel rugby italiano al momento.

Lorenzo Calamai
Quest’anno quattro partite su cinque si sono chiuse con uno scarto inferiore ai 13 punti. L’Italia si è giocata fino in fondo ogni partita disputata allo Stadio Olimpico, cosa che non succedeva da anni. Adesso manca il gradino più importante da salire: l’ottenimento dei risultati, la piena realizzazione del potenziale e della crescita dimostrati. Senza quest’ultimo passo, il lavoro di O’Shea rimarrà incompleto.

Michele Cassano
Sposo in toto l’affermazione di Lorenzo, rispetto al 2018 – dove concretamente avemmo solo la chance di disputare “partita pari” contro la Scozia – l’Italia ha compiuto un enorme passo in avanti. Personalmente non sono un estimatore dell O’Shea head coach, ma con una visione forse più calzante per la sua persona come quella di Director of Rugby (nel senso più profondo del termine) ritengo che stia svolgendo un ottimo lavoro. Compiere i passi finali e decisivi in un cammino lungo e non senza difficoltà è sempre la cosa più difficile, ma in prospettiva post RWC 2019 vedo un gruppo che può avere dei potenziali leader in grado di trascinare il resto del gruppo.

Matteo Viscardi

La valutazione deve essere fatta rispetto a quelle che erano le aspettative della vigilia. Le prime quattro sfide erano oggettivamente complesse, e paradossalmente si sono viste le cose migliori. Persino nel cupo pomeriggio di Twickenham ci sono state note positive (a fianco ovviamente dei limiti emersi). La gara con la Francia era un’incognita a febbraio, ma per come si è evoluto il torneo rappresentava l’occasione ghiottissima di tornare alla vittoria. Non è stato così, anche per un pizzico di sfortuna, per carità. Però, va detto, la sensazione è che negli ultimi anni, almeno sulla rosa dei 30 la qualità media distribuita sia salita, e questo fa sì che difficilmente si perda male, ma in un modo o nell’altro sia sempre mancata quella spinta, magari anche oltre ad un discorso tecnico-tattico, per archiviare un paio di “exploit”, che metterebbero sotto un’altra luce il buon lavoro di COS e dei ragazzi.


La sconfitta contro la Francia è stata semplicemente assurda: come si commenta una partita del genere? 

Daniele Pansardi
Si commenta con poche parole, prese a prestito dall’inglese (una lingua con cui si va più dritti al sodo). Lack of composure. Oltre a essere sfortunata, l’Italia ha avuto poca lucidità e poco coraggio in attacco sia a livello individuale sia a livello collettivo: passaggi lontani dalla linea del vantaggio, movimenti poco armonici e scarsa capacità di cambiare lo spartito. La Francia ha apparecchiato tutto, avendo cura solo di difendere ordinatamente. È bastato.

Lorenzo Calamai
Possiamo dibattere in lungo e in largo dei tanti problemi del movimento ovale italiano, della formazione dei giovani, degli infortuni, dei progressi che ci sono o non ci sono. Poi, però, c’è il campo: penso che, nonostante abbiano lasciato tutto in termini di impegno, sia mancato qualcosa dal lato dei giocatori per vincere l’incontro, nei singoli episodi più che nell’impostazione della gara. Fra sfortuna e qualche errore di troppo abbiamo sprecato praticamente tutte le tante opportunità per segnare. E’ ancora doloroso ripensarci. Speriamo che, come ha detto Zanni, sia almeno un’esperienza formativa per il futuro.

Michele Cassano
Il verdetto del campo ha detto che i francesi sono stati in qualche modo migliori di noi. Secondo me è inutile stare a sprecare parole: l’analisi batte sempre la recriminazione. Abbiamo sprecato una chance enorme, questo lo sanno pure i seggiolini dell’Olimpico, ma questo deve servire da lezione per alimentare la voglia di tornare a vincere e riempire contestualmente il bagaglio delle esperienze: sulla carta la nostra squadra, è inutile negarlo, rischia il cucchiaio di legno tutti gli anni. Accettiamo questa incontrovertibile realtà e pensiamo che per battere le altre formazioni dobbiamo cercare ogni volta di rasentare la perfezione delle nostre possibilità provando ad alzare l’asticella della pretesa di noi stessi il più possibile.

Matteo Viscardi
Torniamo sulla parte finale della risposta precedente. La partita, in senso generale, non è stata malvagia. Vero, al cospetto di una Francia oggettivamente ai minimi storici recenti, ma il fardello delle 21 (diventate 22) sconfitte, inutile negarlo, pesa, anche inconsciamente, sulla testa del gruppo, che sembra avere qualche difficoltà, al netto dello strapotere di qualche avversario, a salire quel gradino, sotto il profilo della confidenza.


C’è qualcosa che vi ha convinto di questa squadra? E cosa vi ha deluso in particolare?

Daniele Pansardi
Come detto, gli azzurri hanno avuto il pregio di restare quasi sempre in partita quando ne hanno avuto l’occasione tranne contro l’Inghilterra, l’unica a punire pesantemente nel punteggio l’Italia. Il sistema difensivo è migliorato tutto sommato, mentre l’attacco è stato altalenante e a tratti piuttosto deludente; sui punti d’incontro, perlomeno, la nazionale è più rapida nel far uscire l’ovale dai punti d’incontro.

Lorenzo Calamai
Il lavoro fatto per mettere a posto una rimessa laterale balbettante è stato impressionante, e abbiamo anche potuto certificare che, nonostante le tante assenze per infortunio, il livello della competizione offerta dalla squadra non è calato. Dal lato delle delusioni rimane il fatto di aver visto tanti miglioramenti di volta in volta, che però non riusciamo mai a portare complessivamente in una partita sola.

Michele Cassano
Gli azzurri hanno avuto il merito di rimanere quasi sempre in partita e questo mi è piaciuto. La cosa che mi ha deluso è che spesso in attacco abbiamo apparecchiato benissimo la tavola per raccogliere punti ma poi, come storicamente accade, non siamo riusciti a raccoglierli.

Matteo Viscardi

La touche è stata abbondantemente all’altezza della situazione. Con una fase statica degna (tutto sommato, almeno rispetto alle aspettative, anche la mischia non è affondata), abbiamo avuto basi di partenza tutto sommato di qualità e la possibilità, soprattutto nelle gare casalinghe, di avere percentuali di possesso e territorio quasi inusuali. Ciò che invece delude è l’eccessivo numero di placcaggi mancati pesanti (sia tra i trequarti che tra gli avanti), soprattutto all’interno di un contesto difensivo che ha dimostrato, a livello collettivo, di aver fatto un passo avanti di rilievo.


C’è qualcosa che si può imputare realmente allo staff tecnico? Potevano essere trovate soluzioni diverse (a livello strategico/tattico o nella scelta dei singoli)?

Daniele Pansardi
È saltata un po’ troppo all’occhio l’inefficacia delle rolling maul, che all’inizio dell’era O’Shea sembravano l’unico modo per segnare delle mete. Personalmente, mi sorprende che lo staff italiano non riesca a elaborare qualche schema diverso e più vario da prima fase, che non preveda necessariamente una carica del primo centro sulla linea. Sulle scelte dei singoli, considerando gli infortuni, non si poteva fare molto di più. E Federico Ruzza, a un certo punto, proprio non si poteva ignorare.

Lorenzo Calamai
Se abbiamo palloni in avanzamento e di qualità siamo una squadra pericolosa, ma appena abbassiamo il ritmo, o siamo costretti a farlo, il turnover è praticamente automatico nel giro di poche fasi. Poi, è vero, c’è il discorso su maul e mischia chiusa, una carenza che inizia a diventare da preoccupante a grave.

Michele Cassano
Facendo un focus sulla prima partita del Sei Nazioni, mi sento di dire che il gameplan applicato contro la Scozia mi ha lasciato molti dubbi. Allargando invece il discorso in un’ottica generale, mi soffermerei sulle fasi statiche: ad eccezione della rimessa laterale, mischia chiusa e maul faticano e non poco. Attenzione però perché visti i netti miglioramenti in touche, non è detto che una risalita non possa essere dietro l’angolo anche in queste aree del gioco.

Matteo Viscardi
La gestione delle scelte sui penalty talvolta mi lascia perplesso. Trovo non sia un aspetto secondario, perché riuscire a cavalcare i momenti delle partite, come dei surfer con le onde, darebbe uno slancio forse vitale. Poi, se devo muovere una critica tornerei sul concetto di “lack of composure”, espresso da Daniele, ed emerso, in modo troppo evidente per una squadra che vuole e deve essere una Tier 1, soprattutto nelle prime due partite.


Quale giocatore ha avuto il rendimento più sorprendente, sia in positivo sia in negativo?

Lorenzo Calamai
Il miglior Sei Nazioni credo lo abbia giocato senza dubbio Braam Steyn. Il terza linea del Benetton chiude come uno dei migliori giocatori del ruolo nel Torneo, forse eclissato solo dall’inglese Curry per la corsa alla maglia numero 7, anche se per esempio RugbyPass ha scelto di premiarlo. Uno dei migliori ball carrier della Nazionale, ottimo placcatore in fase difensiva, un razzo in rampa di lancio in rimessa laterale dove è stato il miglior rubapalloni del Sei Nazioni e una solida destinazione di tanti lanci.

Daniele Pansardi
Dinamico, elusivo, coraggioso, mai banale. Federico Ruzza doveva sciogliere alcuni dubbi sulla sua tenuta a livello internazionale e lo ha fatto brillantemente, guadagnandosi una maglia da titolare che – si spera – nessuno gli toglierà più nel breve termine. Ci si doveva aspettare qualcosa in più da Tommaso Allan, che invece ha peccato nella gestione di alcuni momenti della partita, e da Simone Ferrari, tanto volenteroso quanto spesso inefficace.

Michele Cassano
Intervistando Paul Griffen prima dell’inizio del torneo, lui mi aveva indicato Braam Steyn come uno dei migliori giocatori addirittura dell’intero torneo e devo dire che non si sbagliava. Rimanendo in casa Benetton, inoltre, vorrei spendere due parole anche su Tito Tebaldi, il quale ha dimostrato di interpretare il ruolo di mediano di mischia in una maniera razionalmente estrosa dando sia ritmo che inventiva all’attacco azzurro.
Fra noi qualcuno parla di Federico Ruzza mettendolo fra i migliori e fa bene, di contro però va segnalata l’edizione non esaltante vissuta da Dean Budd.

Matteo Viscardi
Le tre partite finali di Tito Tebaldi sono state degne di nota. Non definirei il tutto come sorprendente, perché l’ex Harlequins, in carriera, aveva già dimostrato di saper stare brillantemente a questo livello. Chi, invece, ha avuto un torneo all’opposto è stato un giocatore per il quale nutro grande stima come Jayden Hayward. Dopo un avvio superbo, alla distanza è calato. Avere quello delle prime 3 uscite sarà fondamentale in ottica mondiale.


Il 2019 dell’Italia proseguirà con Irlanda, Russia (unica partita in casa), Francia e Inghilterra per i Test Match e con Namibia, Canada, Sudafrica e Nuova Zelanda. Qual è la prospettiva più realistica da qui a fine anno?

Lorenzo Calamai
Diciamoci la verità: le possibilità di arrivare ai quarti della RWC stanno a zero. L’importante sarebbe dimostrare ai Mondiali di essere testa e spalle sopra le avversarie che sappiamo essere inferiori, senza patemi. Raggiungere il massimo dei risultati possibili continuando a migliorare come fatto finora, per completare il ciclo di Conor O’Shea con un Sei Nazioni 2020 che possa portare qualche soddisfazione.

Daniele Pansardi
Il cammino italiano sembra già segnato. Potrebbe esserci una seconda chance contro la Francia, o forse no. Per il resto, le tre vittorie contro Russia, Namibia e Canada sono già scontate. Il resto… anche.

Michele Cassano
I Test Match premondiali sono un capitolo a parte, anche perché le squadre spesso giocano a nascondino, mentre in Giappone l’obiettivo reale credo sia quello di cominciare subito al meglio imponendosi contro Namibia e Canada per mettere il terzo posto della pool al sicuro e poi provare a giocarsi delle chance (risicate) contro il Sudafrica, prima di chiudere contro gli All Blacks.

Matteo Viscardi
Battere, al Mondiale, in maniera netta Canada e Namibia, che attualmente sono squadre molto inferiori al nostro standard è la condicio sine qua non per ottenere la sufficienza. La Russia, poi, appare ancor più alla nostra portata. Forse provocatoriamente verrebbe da dire che, essendo rappresentate, per l’Italia, le vere chance per fare l’exploit dalle tre gare di preparazione con Francia, Irlanda ed Inghilterra forse varrebbe la pena presentarsi al top in quel momento della stagione. Ma è solo una boutade.

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