Equilibrio, realismo e rischi da calcolare: interviste a O’Shea e Parisse

CT e capitano pongono l’accento sul lavoro delle franchigie. L’irlandese ‘annuncia’ Wayne Smith per i Test Match di giugno

ph. Reuters

LONDRA – È stato lanciato ieri mattina il ‘nuovo’ Sei Nazioni griffato NatWest, nella splendida cornice del Syon Park di Londra.

L’Italia, rappresentata oggi da capitan Sergio Parisse e dall’head coach Conor O’Shea, arriva all’appuntamento con la nuova stagione sulla scorta di un autunno dolceamaro e con un’edizione del Torneo, quella del 2017, per molti aspetti da dimenticare.

Gli Azzurri sembrano aver imboccato la strada giusta, ma tempo e pazienza sono ingredienti fondamentali per continuare a migliorare. Dei progressi sono già arrivati in questa stagione e, come vi abbiamo anticipato ieri, sono stati importanti per assicurare alla Federazione un accordo di lungo termine per la partecipazione al Pro14, seppur ancora da ratificare. Un messaggio importante, poiché spiega come all’estero stiano apprezzando il lavoro di Benetton Treviso e Zebre e del professionismo italiano, su cui O’Shea si è soffermato anche con il suo predecessore Jacques Brunel

Realismo e mentalità dalle franchigie

“È un uomo di rugby esemplare, lo dice la sua carriera. Durante il lancio istituzionale stavamo discutendo di come il rugby professionale italiano non sia ancora stato coinvolto come avrebbe dovuto nel panorama rugbistico internazionale, ma adesso stiamo facendo le cose giuste per crescere. Poi mi sono scusato per aver dimenticato il mio francese… adesso so solo parlare un cattivo italiano!” – dice ridendo O’Shea.

Nonostante gli Azzurri non abbiano la pressione sulle spalle di dover vincere il Sei Nazioni, non per questo arrivano al Torneo senza obiettivi e senza ambizioni. “Cosa significa per noi avere successo nel Sei Nazioni? Dobbiamo guardare alle prestazioni. Noi vogliamo vincere tutte le gare ma dobbiamo anche essere realisti e focalizzarci sulle cose che possiamo controllare. In questo momento dobbiamo concentrarci su quello che possiamo fare e giocare al nostro meglio, mettere tutto in campo e vedere cosa succederà.”

“Odio stare di fronte al gruppo dei miei giocatori e dire loro «se l’Inghilterra performa al meglio ci batterà» e «se anche noi giocheremo al nostro meglio, e loro faranno altrettanto, molto probabilmente vinceranno». Noi dobbiamo mettere in campo la nostra miglior prestazione, intanto, poi vedremo perchè non sai mai cosa può succedere. Contro l’Inghilterra l’anno scorso, contro l’Argentina in novembre, per esempio, ci sono stati dettagli in un preciso momento che hanno cambiato la gara e poi deciso il risultato. Se continueremo a migliorare e diventeremo sempre più competitivi, allora quelle occasioni e quei dettagli cambieranno la gara a nostro vantaggio”.

O’Shea continua riprendendo il discorso legato alle franchigie. “La mentalità comunque è migliorata, anche perchè adesso abbiamo due franchigie che stanno diventando più forti, mentre qualche mese fa non potevamo contare su questo. Io vi chiedo di giudicarmi giustamente sui risultati, ma se continueremo a migliorare e crescere e se riusciremo a fare ciò, tutto verrà di conseguenza.”

Non poteva mancare, visto che il primo avversario dell’Italia al Sei Nazioni sarà l’Inghilterra, una domanda sulla gara dello scorso anno. O’Shea coglie l’occasione per ribadire che “mi dà fastidio sempre menzionare il regolamento ogni volta che si pensa a quella gara di Twickenham, dimenticando la forza mentale che era richiesta dopo la sconfitta contro l’Irlanda (10-63, ndr) per tornare a giocare due settimane dopo e mettere in campo quella prestazione. Abbamo giocato la partita decisi a non perderla e a giocarcela fino in fondo.”

“C’è grande competizione in squadra e spero che i ragazzi con più esperienza riescano a trasferire la loro voglia e la loro determinazione anche ai ragazzi più giovani. Abbiamo anche tanti infortuni, come Campagnaro, Esposito e Leo Sarto solo per fare alcuni nomi, ma sono convinto che sapremo rendere tutti orgogliosi.”

Tra rischi e equilibrio

Cosa deve fare, però, l’Italia per cercare di vincere ogni partita? Visto quello che le Zebre (migliorate esponenzialmente dalla scorsa stagione) e Treviso (che ha saputo continuare a crescere sotto la guida tecnica di Crowley) stanno facendo, possiamo dire che l’Italia deve prendersi più rischi e avere meno paura di sbagliare? “È sempre difficile fare paragoni tra i club e la nazionale, ma posso dire che al momento abbiamo una buona base di giocatori e che ci prenderemo dei rischi, sia a livello di selezione, sia a livello di tattica. Tuttavia, dobbiamo cercare di capire contro chi ci confrontiamo nel Sei Nazioni; dobbiamo avere un equilibrio nel nostro piano (lo dice in italiano, ndr) – spiega O’Shea – Sergio sa di cosa parlo: quando le franchigie crescono e iniziano a competere ad un certo livello, si costruisce una fiducia che filtra poi a livello di Nazionale, perché i giocatori si portano dietro quella mentalità anche quando giocano con l’Italia.

“Non siamo stupidi, sappiamo che non dobbiamo andare a vincere contro tutto e tutti, ma allo stesso momento sappiamo che abbiamo fatto passi in avanti incredibili negli ultimi dodici mesi. Dobbiamo marcare punti, lo sappiamo, ma allo stesso tempo non possiamo dimenticare le difese contro cui giochiamo”.

La visione del capitano

Sergio Parisse risponde subito ad una domanda su Polledri. “L’ho visto giocare con Gloucester e posso dire che è un buon giocatore. Per lui è buono essere coinvolto nel gruppo, al momento abbiamo una grandissima competizione in terza linea. C’è una nuova generazione di terze linee che sta crescendo e migliorando molto in Italia.”

Parisse poi si concentra sull’equilibrio da mantenere tra franchigia e Nazionale, prendendo ad esempio le Zebre. “Sono stato fuori infortunato per sei settimane dopo la gara contro il Sudafrica purtroppo, tornando a disposizione solo settimana scorsa nel match contro Edimburgo in Challenge Cup, ma ho avuto occasione di vedere le partite in tv delle nostre squadre e posso dire che la chiave sta nell’equilibrio di squadra. Il livello del Guinness Pro14 è diverso da quello del rugby intrnazionale e del Sei Nazioni: per esempio, Carlo Canna e Marcello Violi con le Zebre si prendono rischi, giocano un rugby molto offensivo e a volte si trovano anche a fare più di quello che viene loro richiesto in specifiche circostanze e in alcune aree del campo dove è molto pericoloso fare certe giocate. Quando giochi contro Southern Kings o Cheetahs puoi prenderti rischi che non puoi assolutamente pensare di prendere contro l’Inghilterra, perché ogni turnover può essere decisivo”.

“Il messaggio che voglio comunque far passare è di non avere paura – spiega Parisse – A novembre abbiamo fatto bene in alcuni aspetti, soprattutto in fase di possesso, ma non siamo stati capaci di marcare molti punti. Dobbiamo pensare a come fare per essere più efficaci, a come fare per marcare più punti, ma non possiamo nemmeno essere stupidi e non curare anche tutti gli altri aspetti. Quando vedi le Zebre, per esempio, che giocano alla mano nei loro 22m e riescono, in molte occasioni, a fare molti metri palla in mano, non puoi pensare di fare la stessa cosa a livello internazionale.”

Un’ultima parola, coach (anche su Wayne Smith)

“Quando abbiamo vinto la Premiership con gli Harlequins – interviene O’Shea – abbiamo costruito le nostre fortune sul pack avendo un equilibrio costante tra i reparti, con Danny Care e Nick Evans che potevano fare la differenza. Serve trovare equilibrio nei reparti e il nostro staff tecnico ha fatto un lavoro enorme, contando anche che uno dei due club, solo qualche mese fa, stava per sparire. Se miglioriamo anno dopo anno, se i club continuano a migliorare anno dopo anno, arriveremo a raggiungere i traguardi che ci siamo prefissati.”

In un momento precedente della giornata, inoltre, O’Shea ha confermato che Wayne Smith inizierà a lavorare come consulente per la Nazionale a partire dal tour in Giappone previsto per giugno 2018, per poi proseguire anche nei Test Match di novembre.

 

di Matteo Mangiarotti

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