Dove nasce il gap: il rugby giovanile tra Italia e mondo anglosassone

Una scuola che non funziona come si vorrebbe ma anche regole da cambiare pure tra i più piccoli…

COMMENTI DEI LETTORI
  1. Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 08:27

    Andrea Cainer, allenatore, ieri ha postato un commento molto interessante sul gap giovanili italiane/giovanili anglossassoni(francesi).
    E’ indubbio che la battaglia di risalita del rugby italico nelle preferenze delle famiglie andrebbe combattuta , come suggeriscono le parole di Cainer in quei paraggi.
    L’approccio del minirugby oggi è didatticamene insufficiente alla promozione su larga scala nella fascia 6/11 anni della palla ovale.
    La palla ovale deve entrare nei programmi di educazione psico motoria delle scuole elementari in maniera non carbonara e clandestina ma massiccia. Deve essere trovato lo strumento per farsì che la palla ovale sia nella cesta dei palloni a fianco della palla a spicchi e di quella di volley.
    Fino a 11 anni i ragazzi non devono giocare nè 15 contro 15, nè 10 contro 10 secondo le regole del rugby, ma devono fare giochi di palestra che prevedano l’uso della palla ovale : passaggi, calci, corsa con la palla.
    Voler portare in inverno, su di un campo esterno con acqua vento neve dei ragazzini di 7 anni è troppo limitante.

    • M. 23 Giugno 2015, 09:25

      Cioè fino a 11 anni uno non deve mai vedere un campo da rugby vero ma solo una palestra al chiuso e fare solo “giochi”? Mi pare passare all’estremo opposto. La parte bella di tutto è anche affrontare un avversario e poi farci un terzo tempo e stare in un campo a correre e divertirsi.
      Si potrebbe fare un mix di rugby al tocco unito a avvicinamenti al campo e partite con coetanei che servono anche a fare amicizia e divertirsi in un’altra maniera.

    • boh 23 Giugno 2015, 09:32

      AdG, gli strumenti per fare ciò che dici, ci sono da almeno 20 anni, (quando il coni fece un accordo con il ministero dell’educazione). Il problema, sta ai club che vogliono presentare il loro progetto ai collegi docenti.
      1) quale progetto elabora
      2) che risorse soprattutto umane mette a disposizione
      3) come lo tiene aggiornato nel tempo.
      Tutto questo purtroppo non è compito della FIR.
      Al limite, la federazione, dovrebbe fornire delle linee guida per i club che vogliono presentare il progetto.

      • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 09:42

        @M, I bambini fino a 10 anni dovrebbero crescere nella totale interdisciplinarietà
        @Boh , corretto quel che dici, ma il problema sono le società. Ogni società per il territorio di sua competenza dovrebbe stringere legami con gli Istituti Comprensivi e i suoi dirigenti. La FIR potrebbe dare un supporto di progammi e didattica, ma sono le società che dovrebbero agire. Calvisano, ad esempio, con quanti Istituti comprensivi ha relazioni fattive? Zero.

        • M. 23 Giugno 2015, 09:55

          Interdisciplinarietà mi sta benissimo. Che vedano solo palestra e facciano solo giochi al chiuso no. In inverno se nevica o diluvia si stia pure in palestra, se ci sono belle giornate fuori a divertirsi e familiarizzare con gli spazi del campo. Ma poi: io la prima volta che ho visto un campo con i pali mi son pure commosso, ed ero adulto, dopo mesi passati a far finta che i pali di una porta di calcio sopra avessero il prolungamento. Il campo, la partita, la socializzazione con i tuoi avversari sono tutti momenti indispensabili. Vogliamo sostituire il torneo Topolino con i giochi in palestra?

          Una via di mezzo intelligente si può fare.

          • malpensante 23 Giugno 2015, 11:15

            Questa cosa della palestra non sta né in cielo né in terra, e l’interdisciplinarietà non è affatto antitetica a praticare una disciplina. Ricordavo tempo fa che da ragazzi andava di moda il centathlon, se eri un minimo portato, anche solo di testa, qualsiasi gioco e qualsiasi sport capitasse sotto mano, anche il più strampalato o fosse solo salire sulle piante, andava bene. Intanto però ti facevi le tue 4 ore di allenamento a calcio, dove imparavi che non potevi far gol, parare, battere punizioni, calci d’angolo, rigori e rimesse laterali tutto da solo. Soprattutto che è un gioco diverso dalla corsa dei manzi. I ragazzi dei paesi ovali evoluti corrono nei prati e pure quando piove, e a anche questo è uno skill, soprattutto oggi.

          • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 11:20

            Quindi aspettiamo che tutte le scuole abbiano un campo in sintetico o in erba e poi cominceremo.
            Nel frattempo possiamo tirarci un po su parlando di Dondi e Gavazzi.

          • malpensante 23 Giugno 2015, 11:45

            A calcio mica giocavi a scuola, sei davvero un fenomeno. Giocavi nel club della parrocchia, e non ci giocavano solo quelli buonissimi, ma anche i ciccioni e le formiche. Non è la scuola che deve curare le discipline nelle due ore, quello è tra l’altro un errore colossale. Ai miei tempi si chiamava ginnastica, e fossi stato anche un sacco, la pertica, la corda, la spalliera, il salto in alto e in lungo te li ciucciavi. Per le discipline c’erano le ore di gruppo sportivo al pomeriggio, e di palestre (chiamarle palestre è simpatico) ce n’erano proprio pochine.

          • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 13:18

            Io credo tu non abbia la più pallida idea di come funziona e di cosa succede a scuola. Fai inoltre una particolare confusione tra la scuola elementare e la media. Io che sono più vecchio di te la pertica e la spalliera alle elementari non l’ho mai fatto. Nè tantomeno nei programmi di oggi esistono, alle elementari, specificità sportive di tal guisa. Gli obiettivi didattici, per quei pochi insegnanti che li praticano, sono altri.

          • malpensante 23 Giugno 2015, 14:07

            Hai letto elementari da qualche parte? Al solito.

          • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 14:22

            Ma io sto parlando di elementari, perchè 6/11 anni di quel ciclo scolastico parliamo. Non sto parlando d’altro. E credimi chi sta facendo il fenomeno non sono di certo io. So abbastanza bene di cosa sto parlando.

      • malpensante 23 Giugno 2015, 11:07

        Basterebbe che il “progetto scuola” fosse un progetto e non un cartellino sulla porta di un ufficio. Una struttura minima centrale (competente) che aiuti i club a predisporre i progetti, dia una mano dalla parte del ministero, e ci metta dei soldi. Come succede se una pubblica amministrazione fa un progetto per prendere i fondi UE. Si chiama sviluppo dello sport di base e federazione che faccia il suo mestiere. Non è la federazione di dieci squadre e due forni inceneritori, ma del rugby italiano.

    • mezeena10 23 Giugno 2015, 10:35

      concordo AdG, ma per far questo occorre una riforma sportiva ministeriale!
      quando si renderanno conto che le 2 ore settimanali di “educazione fisica” sono insufficienti sarà un primo passo avanti! siamo indietro culturalmente, al medioevo, qui gli sportivi son visti ancora come “ignoranti” scansafatiche..
      sarebbero tantissimi i benefici di una riforma scolastica, in termini di salute (contrasto all’ obesità giovanile, italia ai primi posti), tempo impiegato (babysitter gratis tutti i giorni in pratica), magari utilizzando la mattina per le materie tradizionali e il pomeriggio per quelle sportive (provare tutti gli sport e solo dopo in base alle caratteristiche individuali scegliere lo sport adatto, un po come si fa in Francia!) e artistiche (musica, arte, tecniche etc.), niente scuola il sabato ovviamente!
      inoltre visto dal lato sportivo si avrebbe finalmente un reclutamento completo, mirato, diffuso..
      tornando al pezzo il cosiddetto “grappolo”..

      • zappinbo 23 Giugno 2015, 14:13

        scusa non avevo letto prima, sennó mi risparmiavo il pippone. analisi impeccabile

    • Machete 23 Giugno 2015, 10:50

      Adg concordo su tutto
      l’educazione sportiva deve far parte dell’educazione scolastica…non ridurla ad un semplice passatempo di 2 ore a settimana

    • ginomonza 23 Giugno 2015, 13:50

      AdG concordò su tutto tranne le ultime 4 righe, una cagata pazzesca,scusami ( e lo dico da tuo avvocato di famiglia 🙂 🙂 ) e senza offese.

      • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 14:03

        Non mi offendo, so che pretendere da te più di due righe farti violenza, ma posso sapere perchè?

        • ginomonza 23 Giugno 2015, 16:33

          AdG
          1) quando ho scritto un romanzo mal mi ha ripreso e poi e’ successo un casino 🙂 😉
          2) quando facevo le scuole elementari non avevamo la palestra e il nostro maestro ci portava sempre fuori nelle ore di ginnastica : nel cortile se facevamo partita di pallone o per le strade di campagna attorno alla scuola.
          Correvamo,ci divertivamo, eravamo ruspanti non polletti di allevamento insapori come oggi che non sanno neanche correre.
          Ho forse esagerato un pochino,certo senza palestra non siamo diventati Mr.Muscolo come Reeves ma sicuramente hai capito. 😉

          • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 16:43

            Oggi i ragazzi hanno tre insegnanti.Per portarli fuori dalla scuola servono timbri e autorizzazioni. Purtroppo sono polli in gabbia. Ma oggi le palestre ci sono e che il rugby decida di non usarle, credo sia sbagliato.

          • pepe carvalho 23 Giugno 2015, 17:14

            tre insegnanti? dopo la moratti se va bene ne hanno due, molto spesso 1 e mezzo

          • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 17:52

            Dipende dalle discipline, due sicuri, il terzo a seconda della disciplina (lingua, musica, teatro, ecc)

    • DarioF 23 Giugno 2015, 15:51

      Quando sono entrato in questo mondo attraverso mio figlio , l’ho guardato con il mio background sportivo, di ex-giocatore di un altro sport.

      Devo dire che ero sbigottito nel vedere estrema poca professionalità, ma in particolarità totale ignoranza anche da personale ritenuto competente.

      Infatti concetti come automatismi, mantenere viva il più possibile la palla, propedeutica sul placcaggio, la spazialità, meno contatto fisico più velocità di esecuzione, sono stati dei tabù e motivi di scontro dialettico con altrettante persone dell’ambiente. Sono sette anni che continuo a dire sempre le stesse cose …

      E poi ci sono le parrocchie … Un ambiente che ha delle potenzialità … A far peggio.

      Purtroppo mio figlio ama questo sport , e anch’io mi sono affezionato, ma almeno negli anni sono riuscito a fargli fare almeno un altro sport . E quindi ha più esperienza sportive diverse e questo si nota nelle sue skill.

      Non ci vuole molto … Ma quando sia a che fare con una Mentalità o una parrocchia non ci sono ne santi ne madonne che possono venire in aiuto .

      I profeti lasciamo li continuare a fare il loro lavoro …

      • DarioF 23 Giugno 2015, 16:12

        IL Tag come il touch sono complementari ma non sostitutivi. Che sia il caso di fare più tag e touch è una necessità che non viene compresa ma come non è compreso che dovrebbero essere preparati nell’avvio dell’attività rugbistica a un percorso di psicomotricità,di spazialità e di preparazione atletica adattata all’età del bambino.

        L’unica cosa certa è che l’approccio attuale a parte alcune piccole realtà non è corretto. Come non è corretto pensare di passare a solo Touch o Tag.

        L’approccio solo tag o touch

        • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 16:32

          Quindi se devo far propaganda a scuola (6/11 anni) tag e/o touch, nel momento in cui convinco il ragazzo a fare il salto e allenarsi presso il club, forse, anche altro. Interpreto correttamente il tuo pensiero?

  2. Mr Ian 23 Giugno 2015, 08:37

    Dopo la trasparenza, oggi il secondo articolo su un altra mia fissa, l educazione rugbistica. Lo dico sempre meno grappoli e più tag!!!!
    Quando feci il corso per il primo momento, chiesi al formatore il perché di questi continui grappoli e perché non si pratica il tag rugby; lui mi rispose che il grappolo serve per far superare al bambino la paura del contatto…la risposta non mi convinse e gli dissi che continuando così mai nessun bambino imparerà a giocare a rugby…
    La paura del contatto a mio avviso è una questione prettamente fisiologica e caratteriale, ci penseranno gli ormoni a provocare gli scontri tra ragazzetti, intanto insegniamo loro a giocare con la palla, far viaggiare la palla fino all area di meta e non nasconderla sotto la pancia…
    Quando sono stato a Llanelli, nel prepartita e durante l intervallo si facevano tornei di tag a non finire…mi consolo, non sono io a non capire un razzo, ma quei 68 che guadagano 60.000 euro l’anno (in media) di stipendio

    • andrea 23 Giugno 2015, 12:27

      Grande Mr. Ian concordo in tutto e lo sai!
      Più tag, meno grappoli.
      Più intelligenza, più agilità, meno bufali.

  3. wilrugby 23 Giugno 2015, 08:47

    Se io, bambino, dovevo stare anche d’inverno non all’aria aperta cambiavo sport immediatamente! Esclusi dopo poco nuoto, pallavolo, basket, il calcio perché troppo scarso rispetto gli altri amici!
    Sono, purtroppo, d’accordo con anglosassoni nella loro teoria! Hai bambini vá insegnato non il contatto ma la tecnica! Al contatto ci penseranno poi il testosterone e la sbruffonaggine dei 12-16 anni di ogni ragazzo a fargli imparare il contatto!

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 08:58

      Non solo. Le skill di base ( maxime l’handling) le impari giocando con la palla ovale che non vuol dire necessariamente schierare in un campo 15 vs.15. Dopo una certa età insegnare la manualità è quasi impossibile. Mentre alle scuole elemenetari, bastano 2/3 ore alla settimana di gioco con la palla ( che può essere fatto anche in palesrta) per far acquisire quella familiarità con l’ovale che ti resterà poi per sempre.

      • mezeena10 23 Giugno 2015, 11:36

        skills e micro skills! ma necessario sapere insegnare!
        l’ altro giorno ad esempio un allenatore piuttosto quotato ha detto che lui i ragazzi non li fa calciare fino alla fine dell’ under 14! cioè col passaggio alla 16..
        ecco per me è una gran coglionata! devono iniziare subito a prendere confidenza col piede, possibilmente under 10..

        • frank 23 Giugno 2015, 12:32

          Io mi ricordo in U16 e U18….parliamo di anni tra il 2000 e il 2003……calciare……cosa voleva dire?!

          Palla in mano e pedalare!!

          E chi calciava urlacci e improperi per “avere buttato via il pallone”.

          Altri tempi? Spero.

          • mezeena10 23 Giugno 2015, 16:32

            verissimo..no molti anche ora ti urlano dietro..
            ma solo finche non arriva uno che sa calciare bene, piazzare magari benissimo e persino insegnare i trucchi del mestiere a qualche ragazzino..
            come detto al fenomenale calciatore d’ esterno i pali e il campo quelli sono, in serie C come in eccellenza o in celtic etc..

    • xnebiax 23 Giugno 2015, 15:30

      Non sono un esperto, ma mi sembra ovvio che la prima cosa da fare sarebbe prendere tecnici giovanili neozelandesi e farli allenare i migliori tecnici giovanili italiani insieme ai quali poi dovrebbero compilare dei manuali con esercizi, giochi, regole, obbiettivi e criteri per i bambini delle varie età. A questo andrebbe aggiunto (e non è niente di difficile) fare dei video, da accostare ai manuali, mostrare gli esercizi con i bambini, e far vedere quello che i bambini devono imparare a fare e come insegnarglielo. Lo “sciame” come descritto all’inizio dell’articolo va evitato e bisogna incentivare il passaggio della palla. E poi vanno fatti altri giochi specifici per specifiche skill da insegnare.
      Una mezza dozzina di tecnici stranieri e mezza dozzina di tecnici italiani che si confrontano, stanno in Italia per qualche mese e poi compilano e filmano questi manuali, U6, U8, U10, U12 eccetera.
      Infine la federazione dovrebbe mettere il tutto on-line e dare il materiale ad ogni club.
      Cose che andavano fatte 20 anni fa, col VHS. Ma meglio tardi che mai. I costi sono limitati. La distribuzione però deve essere massiccia e deve arrivare agli insegnanti di educazione fisica delle elementari, insieme a palle omaggio della FIR.
      Per me questo sarebbe un vero serio investimento per il futuro.

  4. Mr Ian 23 Giugno 2015, 09:00

    Se pensate che in Italia l unico che riesce a fare un certo tipo di rugby giovanile è Rugbytots, che cmq è un franchising privato e non la federazione, la cosa dovrebbe già far riflettere abbastanza…

  5. davy 23 Giugno 2015, 09:08

    Splendido articolo. Non sapevo che in Inghilterra facessero cosi’ … Non si finisce mai di imparare, l’importante e’ non fossilizzarsi sulle proprie idee …

  6. Pippo 23 Giugno 2015, 09:18

    Ne parlavamo tra genitori di minirugby proprio qualche giorno fa, quando qualcuno si lagnava della troppa “fisicità” che avevamo trovato in alcune squadre durante l’ultimo torneo… il grande e grosso di turno che usa il proprio fisico (e non la tecnica) contro avversari mediamente più piccoli. In un’ età (tra i 6 e 12 anni) in cui talvolta trovi differenze anche di 10 kg tra bambini della stessa età, il contatto fisico è sicuramente un problema, che porta talvolta i genitori a far fare altri sport al proprio figlio. Dall’altra parte però mi domando se non insegnamo ai bambini il movimento del placcaggio fin da piccoli, saranno poi in grado di impararlo da più grandicelli? o rischiamo che imparando a giocare al touch o con le stripes, poi da più grandicelli il placcaggio si limiti ad attaccarsi alla maglietta? probabilmente serve questo e quello… altrimenti rischiamo di continuare a far prevalere il fisico alle skills, perdendo molti possibili giocatori che in età infantile hanno magari un fisico più esile, ma che poi crescendo potrebbero diventare dei buoni trequarti… che sia questo uno dei motivi per cui continuiamo a sfornare buone prime linee ma ancora pochi trequarti?

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 09:46

      Il placcaggio è tra le skill più facili da imparare. Se uno ha l’ “animus pugnandi”. Un bambino “grassoccio” e molto meglio che giochi il touch e/o giochi con la palla e corra, corra libero nello spazio. A placcare s’impara, a passare dopo una certa età non s’impara più.

      • valter 23 Giugno 2015, 10:26
      • malpensante 23 Giugno 2015, 11:19

        Anche qui non sono d’accordo, il placcaggio è una roba molto difficile da insegnare e da imparare, e si vede. Basta guardare una partita di Celtic. Quando insegnarlo e praticarlo, è un altro discorso e sono d’accordo con quello che descrive Rivaro.

        • mezeena10 23 Giugno 2015, 11:39

          concordo con te! a partire dal “problema affettivo” alla tecnica vera e propria!
          anche qui come sopra è necessario avere insegnanti qualificati per far apprendere correttamente la tecnica del plccaggio! che è solo tecnica!!!

        • Rabbidaniel 23 Giugno 2015, 11:55

          Esatto, la tecnica di placcaggio è una cosa che si affina col tempo e che va curata nel dettaglio. Come se placcare frontalmente e placcare da dietro, per esempio, fossero la stessa cosa. Animus pugnandi alla fijiana tipo lazos e compagnia danzante?

      • DarioF 23 Giugno 2015, 16:03

        Il placcaggio è uno dei problemi più grossi che hanno le nostre giovanili, e si vede nelle partite come il livello di placcaggio (frontale ecc) sia basso.

        E’ uno scoglio, per molti insormontabile, in quanto è la summa di molti fattori quali il contatto, la paura, il dolore .

        Personalmente il contatto e il placcaggio deve essere sviluppato con una propedeutica per tutto il periodo del minirugby ( ma qui molti non sono d’accordo), in modo tale che quando arrivino alle giovanili il placcaggio sia una capacità acquisita.

        • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 16:18

          Il placcaggio come tu evidenzi è diretta conseguenza della forza agonistica del ragazzo e della sua “voglia di combattere” che si sviluppa in toto tra i 13/15 anni. C’è si una tecnica, ma il timing del placcaggio è diretta conseguenza della volontà agonistica di farlo il placcaggio ed è facilmente insegnabile a chi ha queste doti.
          Io sostengo che nel periodo 6/11 anni è l’ultima skill cui fare attenzione.

    • Paolo 23 Giugno 2015, 10:13

      In alcuni paesi fino agli U12 le categorie non sono infatti suddivise per età ma per peso

      • malpensante 23 Giugno 2015, 11:20

        Che è un cosa molto intelligente.

        • Pippo 23 Giugno 2015, 12:22

          si è una cosa intelligente, ma anche li ci vuole un metro e un metodo, perchè sicuramente un bambino di 6 anni (magari un po’ grassottello e magari più lento) che pesa come un mingherlino di 9 (e ti assicuro che ce ne sono) non toccherebbe palla in una partita tra pari peso, e la partita finirebbe con degli slalom da parte a parte dei più grandicelli (e quindi più svegli) ma agili…
          io sono convinto che ci voglia questo e quello, il rugby daltronde è bello anche perchè ognuno (grassottello o mingherlino che sia) trova il suo spazio e la sua “utilità” in campo.
          La cosa importante è che se lo vogliamo chiamare “rugby educativo” e se gli allenatori vengono chiamati “educatori”, dovrebbe essere tale, e non dovrebbe essere invece una rincorsa alla vittoria del torneo a tutti i costi, come invece ultimamente si vede spesso fare da alcune società nei tornei (meno nei concentramenti).

    • Obelix-it 24 Giugno 2015, 14:08

      Mmmh, eh, ma non e’ che col grappolo si impari molto a placcare… alla fine, quelli che san placcare son quelli che lo fanno ‘di natura’, ma spesso di insegnare a placcare si evita accuratamente…

  7. armin 23 Giugno 2015, 09:31

    in NZ però non credo che usino il metodo del touch sotto i 10 anni. probabilmente per ogni movimento va trovato un suo adattamento. prima ancora di parlare di touch (che non escludo possa essere utile) io proverei ad alzare la qualità degli allenatori del minirugby. sono ancora troppi quegli allenatori, seppur con molta buona volontà, senza neanche il I livello (che quando io lo feci, praticamente lo regalavano) allenano.

    • boh 23 Giugno 2015, 09:41

      armin, per alzare il livello degli educatori, devi prima decidere se è più conveniente per i bambini il rugby mucchio e fisico o il rugby di agilità e intelligenza. Fatta questa scelta, hai gia deciso, che livello di allenatore ti ritrovi.

      • armin 23 Giugno 2015, 15:51

        diciamo che per i ragazzini dovrebbe essere sviluppato un gioco di agilità e intelligenza a prescindere e la tattica “autoscontri” gliela insegni solo se vuoi una squadra fatta per vincere.
        io credo che anche mantenendo il contatto si possa sviluppare un gioco rapido con contatti non eccessivi (just my two cents, almeno è quello che m’è sembrato di riscontrare da quando alleno).
        secondo me (sempre my two cents), privandoli del contatto (poi sta nella bravura dell’allenatore metterli in condizione di giocare col contatto ma evitare impatti eccessivi) quando arrivano a 10-11 anni non sono abituati.
        Non so quanto potrebbero metterci per “abituarsi” a placcare, ma in Inghilterra dove il rugby lo vivono avrebbero un processo sicuramente più veloce del bambino italiano che fa 2 allenamenti a settimana e per il resto nada.

  8. breda120 23 Giugno 2015, 09:35

    Caro Marco Rivaro, mi piacerebbe davvero conoscerti perché ogni volta che leggo un tuo articolo ritrovo sempre nelle tue parole i concetti che disperatamente ho cercato di portare avanti sentendomi catalogare come ” vecchio e superato”.
    Ho combattuto disperatamente nei corsi federali contro la teoria del combattimento per vincere la paura del contatto e ho sempre cercato di insegnare ai bambini che ho allenato il gusto del muovere la palla preferendolo allo scontro fisico. Sono anch’io convinto che la differenza abissale che si riscontra vedendo la ns. U20 e quella inglese stia proprio nella capacità di correre negli spazi e nell’abitudine al sostegno continuo tipico di chi ha avuto una impostazione diversa dalla semplice lotta fisica.
    Purtroppo a pensarla così non è la federazione che insegna ai nuovi tecnici/educatori concetti diametralmente opposti e quindi non mi meraviglio del risultato finale.
    Mi piacerebbe leggere un commento al tuo articolo da parte dei responsabili tecnici federali.

  9. socceria 23 Giugno 2015, 09:41

    Ebbravo Marco……Io lo predico dal secondo giorno che sono sceso in cmpo con ragazzini di 6/8 anni, ovviamente tutti ammuchiati per mettere mano sul pallone.
    Trovo che il placcaggio vada introdotto tra gli otto e i dieci anni, per acquisire confidenza pian piano, senza smettere di praticare il touch che sviluppa le visione del campo.
    Credo che ogni tanto, in giovanissima età, farebbe bene giocare anche solo col campo, anche perchè tornando alle capacità motorie di base, i bimbi di oggi spesso non hanno idea di che differenza ci sia tra una riga e una fila, e a volte fanno fatica anche a formare un cerchio. Colpa degli insegnanti scolastici ovviamente….

  10. ermy 23 Giugno 2015, 09:41

    Treviso in questi giorni c’è Pierre Villepreux che insegna, assieme a Sergio Zorzi, amico e compagno… e lo fanno da vent’anni almeno… qualcuno passi a dare un’occhiata… 😉

  11. federico66 23 Giugno 2015, 09:44

    touch o placcaggi; a mio parere la cosa fondamentale è migliorare le abilità di coordinazione, che poi portano a migliorare tutte le skill.
    nel mio piccolo sto portando avanti un progetto con le under 6 della società in cui gioca il mio bimbo, ormai sedicenne, per la tesi di una giovane laureanda in scienze motorie; e in collaborazione con un tecnico federale a settembre probabilmente un’altra società comincerà a inserire questo metodo per “sgrezzare” i giovani virgulti.
    migliorare la coordinazione visuo motoria (dagli occhi arrivano oltre l’80% degli stimoli cerebrali, che sviluppano poi i movimenti …da qui l’attenzione a questa tematica) è possibile, soprattutto ai nostri tempi dove sempre più si vedono lacune nei bimbi.

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 09:50

      Il problema è come massificare questi interventi. Come raggiungere una massa critica. Come farlo diventare un patrimonio comune e un back ground per tutti.

      • xnebiax 23 Giugno 2015, 15:40

        Per me questo deve partire dalla federazione che dovrebbe cercare di fornire la formazione degli educatori. Fornire informazioni e corsi e manuali e video. Uno vuole diventare allenatore dei bambini ma non sa come fare? Tieni uno start-kit con cui imparare come insegnare nel modo più effettivo. E chi decide come insegnare nel modo più effettivo? Beh per decidere questo bisognerebbe prendere vari stranieri esperti di questo fare la somma dei loro metodi insieme ad allenatori italiani che possano adattare i metodi alle particolarità organizzative e culturali italiane.
        Ma se non hai una cosa del genere, un volontario che vuole aiutare il rugby cosa fa? Fa quello che pensa sia giusto, magari si educa per sentito dire o si ricorda delle sue esperienze passate. Troppo poco.
        Tu @federico66 come sei diventato educatore? Raccontaci la tua esperienza.

      • federico66 23 Giugno 2015, 17:42

        …infatti mi sto muovendo per insegnare il metodo agli insegnanti, perché per me sarebbe un ottimo metodo per l’educazione fisica a scuola. obbiettivi semplici e misurabili e non solo in palestra

  12. M. 23 Giugno 2015, 09:52

    In Italia anche se ti metti con le migliori intenzioni troverai sempre:
    – opposizione dal mondo del calcio (noi ci ritrovammo a fare anche allenamento in metà campo, riservato per altro teoricamente per la sua interezza a noi rugbysti, per far fare allenamento ai pulcini dall’altra parte). Ci chiesero cifre abominevoli per allenarci in un campo da un decennio fermo e completamente attrezzato (tribune, spogliatoio) ma abbandonato dal calcio.
    – un sistema scolastico spessissimo pigro, con docenti di ed. fisica del cenozoico che ti dicono che nella pallacanestro il terzo tempo si chiama così perché fai tre passi e tiri (successo a tre generazioni, me, le mie due nipoti, a distanza di 20 anni, alle scuole medie),
    – genitori che usano lo sport (ma è lo stesso per la scuola o l’oratorio o quello che vi pare) come forma di baby sitting e non come forma di educazione e formazione.

  13. Silverfern 23 Giugno 2015, 09:54

    Questo è il riassunto migliore dello stato attuale del nostro “futuro”.
    16 anni di 6N, 6 di CL , a mio parere non sono seriviti per farci fare il salto di qualità auspicato.
    Se non si investe per la base (non solo investimento economico, ma anche di formazione culturale, quella costa meno della nuova sede federale…)non si cresce, ed il divario aumenta, creando un circolo vizioso, nel quale ci stiamo avvitando sempre più, ed i risultati sono sotto i nostri occhi.
    Sabato a Cremona ho visto Italia-Samoa, dopo quella partita ho visto giocare a rugby.

  14. zappinbo 23 Giugno 2015, 09:54

    bell’articolo, grazie. stavo pensando che soprattutto la scuola in sè non funziona n italia (leggendo anche i commenti qui:-), che sono pur sempre una spanna sopra ad altri forum sportivi). Ma poi penso agli inglesi e la loro scuola dove mia sorella ha insegnato (Londra semiperiferia) beh tranne molti istituti al Sud dove dal livello di rumore non senti neanche l’insegnante, quelli italiani possono considerarsi ancora sufficienti. ma allora cos’è?

    • malpensante 23 Giugno 2015, 11:29

      Cultura sportiva in generale, dai genitori alla federazione. 50 anni fa non c’erano neanche le aule, altro che palestre. Ma non andavi a giocare a calcio per sposare la velina e comprarti la Ferrari, e nemmeno a rugby per entrare in accademia. Giocavi per divertirti e per vincere, e per essere il più forte possibile.

      • zappinbo 23 Giugno 2015, 11:46

        hai detto bene. “non vogliono più vincere” nel senso di imporsi. ed imporsi come collettivo. proprio vero, lo si nota perfino nelle partitelle di calcetto con ragazzi molto più giovani. ma non capisco da cosa possa venire, ho solo dei sospetti…

  15. Diesel83 23 Giugno 2015, 09:56

    Gli italiani non sono granché famosi per la cultura sportiva… che fondalmentalmente è lasciata all’iniziativa del singolo, e che finisce col ricadere sulle disponibilità economico-temporali della famiglia.
    L’ora di educazione fisica nelle scuole troppo spesso la si trascorre nei corridoi o se esistono in palestre fatiscenti e malamente equipaggiate.
    Purtroppo lo sport gode di poca considerazione come strumento educativo nonostante le ricadute positive che questo potrebbe a livello civico e sociale in primis e come possibile fonte di guadagno in secundis.

  16. zappinbo 23 Giugno 2015, 09:57

    pensare di delegare l’insegnamento di comportamento e disciplina al club di rugby è come delegare alla scuola quello che la famiglia non riesce a fare. io la penso come Brunel

  17. oliver63 23 Giugno 2015, 10:02

    vorrei fare una domanda molto “tecnica”: praticando il touch, o il tag, tra i bambini (ma anche gli adulti) per imparare a giocare negli spazi, ho rilevato subito un problema … i bambini non potendo “sfondare”, tendono ad arretrare per mantenere il possesso del pallone … in questo modo, violando uno dei principi cardine del ns sport, che è l’avanzamento … come è possibile sfruttare le cose positive che indubbiamente il touch insegna, evitando che i bambini si “dimentichino” che nel rugby l’importante è “avanzare” … ??? grazie a chi saprà darmi un suggerimento “metodologico” in merito …

    • gsp 23 Giugno 2015, 10:38

      gioco a tag un pochino. quello che direi ai bambini e’ che quando si e’ taggati anche se si fa poca strada non importa, sempre meglio che indietreggiare. e soprattutto rigiocare la palla in modo veloce mette l’altra squadra in fuorigioco o la fa indietreggiare.

      l’altra cose importante, e che e’ uguale anche nel tag a livello di coppa del mondo, e’ che sui primi 2/3 tocchi, devvi sempre e solo andare dritto, e ricevere la palla in corsa.

      poi, il fatto che magari non perdi la palla, pero’ hai solo sei fasi, ti costringe a creare per forza qualcosa, quindi subito impari l’incrocio, salto di uomo, o finta. magari non proprio da bambini, ma quasi.

    • ermy 23 Giugno 2015, 20:45

      Allenando la difesa! Se la difesa sale piatta e organizzata il bambino indietreggiando solamente non gioca più… e quindi si deve organizzare sugli intervalli! 😉

  18. lupin 3 23 Giugno 2015, 10:03

    da ex giocatore e padre di un minirugbysta sono pienamente d accordo con te . ricordo ancora quando parlai di tag rugby 5 anni fa e tutti mi guardavano come se mi fossi impazzito .Avevo comprato pure un libro di giochi per il mini rugby 5-8 anni fatto tradurre da una mamma di madrelingua inglese: è rimasto lettera morta purtroppo .
    oggi parlo dell u10 c è un grande assembramento al centro poi la squadra più furba apre sulle ali dove c è un autostrada ,oppure si da la palla all “orco ” della squadra che sfonda e via ,non il massimo ma efficace
    Per non parlare del tifo dei genitori che si sta “calcistichizzando” ahimè .

  19. M. 23 Giugno 2015, 10:05

    Comunque bell’articolo, grazie MArco.

  20. WinstonSmith 23 Giugno 2015, 10:09

    sperare che la palla ovale entri nei programmi di educazione psico motoria delle scuole elementari in maniera massiccia è del tutto utopico: prima sarebbe necessario che nelle scuole elementari (e medie) entrasse un qualunque programma di educazione psico motoria cosa questa che adesso non è e, credo, non sarà mai. Sono dunque le società, e solo le società, che devono occuparsi dell’educazione psico motoria dei minirugbisti ed un approccio analogo a quello in uso in Gran Bretagna mi sembrerebbe ottimo. Peraltro in Italia la maggior parte dei ragazzi si avvicina al rugby attorno ai 10 anni (pochissimi sono quelli che iniziano prima e quindi seguono tutta la filiera) ossia quando gli anglosassoni iniziano i contatti dopo aver appreso come muoversi in un campo da rugby e come – ed a chi – passare la palla ed allora risulta evidente che partiamo indietro. Dobbiamo quindi accettare che al bambino dell’U12 che inizia a giocare bisognerà insegnare prima di tutto a muoversi (quanti dei nostri figli sono in grado di fare una capriola o arrampicarsi su un albero e, soprattutto nelle città, quanti possono correre in un campo o sanno andare in bicicletta?) mentre il più delle volte già al primo allenamento si vedono tecnici tanto volenterosi quanto amatoriali che spiegano al neofita i punti di incontro. E’ una mia idea fissa ma sono convinto che prima ancora di pensare ad allargare la base si deve puntare a migliorarne la qualità prendendo atto di ciò che abbiamo e sono altrettanto convinto che la Federazione (o qualunque ente sia demandato ad organizzare e sovrintendere la palla ovale nel nostro paese) dovrebbe investire molte più risorse sul minirugby e sulla formazione dei formatori piuttosto che sull’alto livello

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 10:30

      Tutte le azione umane sono frutto di buona volantà e cura delle relazioni. La scuola non fa nulla nè lo farà per i prossimi anni.
      Ma le società ( magari aiutate dalla FIR) possono qualificare istruttori per le scuole elementari che diano il loro supporto per l’introduzione, non del rugby, ma della palla ovale come strumento della crescita psico motoria dei ragazzi. I dirigenti scolastici ( ex direttoti scolastici) sono apertissimi al problema, anche loro vedono che l’educazione psicomotoria è un problema, di fronte ad un piano d’intervento ben congeniato e con un minimo di supporto didattico l’ingresso sarebbe possibile. Ma chi se non le società dovrebbero tenere queste relazioni?

      • boh 23 Giugno 2015, 10:40

        Sono d’accordo AdG. Posso testimoniare che a tutt’oggi (dopo 15/20 anni), mi contattano insegnanti, chiedendomi di presentare un progetto al collegio docenti, perché si ricordano che a suo tempo fu una bella esperienza e sarebbero interessati a riproporlo. Purtroppo devo dire che la nuova dirigenza del club mette il progetto scuola in secondo piano, quando noi invece nell’elaborare gli obiettivi del club lo mettemmo al primo posto. Raggiungendo risultati eccellenti…..Poi i tempi cambiano…i bimbi crescono…le mamme invecchiano….

  21. Jekorambaldi 23 Giugno 2015, 10:14

    Salve, dopo anni che vi seguo ho deciso di scrivervi in merito a questo tema che mi sta a cuore, sia perché vorrei avvicinare mio figlio a questo sport sia perché sono educatore di minirugby (under 6/8/10/12) dal 1998. Ebbene in tutti questi anni ho potuto constatare che la “linea tecnica” FIR non è cambiata nonostante i risultati siano sotto gli occhi di tutti.
    Io per primo richiedo che ci sia maggiore attenzione nella formazione di educatori e tecnici, ma anche che si guardi alle nazioni più evolute (rugbisticamente), non per copiare ma per capire cosa può tornarci utile. Non siamo né inglesi né Irlandesi né tantomeno Neozelandesi.
    Infatti è certamente vero che i ns bambini per retaggio cultural-sportivo sono meno abituati di altri al contatto fisico, ma è anche vero che rispetto a NZ e IRL o SA evidentemente hanno anche meno occasioni di confrontarsi con questa problematica “affettiva”. Pertanto alla linea tecnica attuale bisognerebbe solo apportare delle correzioni, magari integrandola maggiormente con progetti di inclusione delle scuole, che però devono essere pensate da persone che sappiano di cosa trattano, e non solamente da vecchie glorie o amatori come me e gli altri volontari. Qualcosa si sta facendo, purtroppo a mio avviso non nel verso giusto, come la limitazione del numero di giocatori nel minirugby, la riduzione della dimensione dei campi, che però servono solo ad accontentare comitati in crisi per i numeri di iscritti, ma non vanno al nocciolo del problema. Quali correzioni? Beh ce ne sarebbero da dire di cose, ma finché mancherà la sensibilità di ascoltare la base e di cercare di capirne le esigenze e investire su di essa resteremo a parlarne qui nei blog…

  22. giodeb 23 Giugno 2015, 10:39

    “il contatto fisico è proibito infatti fino al decimo anno di età”. Io sono del 1991 e sono cresciuto alcuni anni in Inghilterra dove giocavo a minirugby e posso assicurare che da noi il contatto c’era. Giocavamo ad altri giochi prima (non solo touch ma anche uno con i calci) ma a fine allenamento se l’allenatore non ci faceva giocare una partitella con contatto partiva la risposta. E anche li si formavano diversi grappoloni.

    • Emy 23 Giugno 2015, 12:58

      Però prima, nell’allenamento vero e proprio, facevate gli altri giochi.

  23. delipe 23 Giugno 2015, 10:45

    Buongiorno,
    L articolo è ben scritto ed interessante.
    Forse accanto al problema di quale metodo seguire (perche credo che nessuno possa dire che entrambi hanno pregi e difetti….poi si potra discutere sul loro grado di efficacia, siamo d accordo) …una domanda da porsi nel nostro paese povero di sport da sempre a livello scolastico…
    Perche quel bambino poi ragazzino (e le famiglie) deve scegliere il rugby ? E perche il rugby sceglie lui ?
    Cordialità

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 11:04

      Perchè se lo trova proposto.

      • mezeena10 23 Giugno 2015, 15:34

        infatti! se manco lo proponi è utopistico reclutare..
        ma come detto su deve esserci una riforma scolastica, i soli progetti dei club non bastano..
        oltretutto il livello delle abilità motorie (schemi motori di base) è nettamente inferiore rispetto a 10 20 anni fa e oltre..
        quindi occorre un vero e proprio “avviamento allo sport” serio, fatto da istruttori-educatori seri e preparati..

  24. gsp 23 Giugno 2015, 10:52

    tanti spunti interessanti.

    per me tag tutta la vita, fino ai 10 ed anche dopo come attivita’ fisica. col vantaggio che puoi giocarlo ovunque su qualsiasi campo e superficie.

    la grandissima maggioranza dei volontari che lavorano con i bambini a quell’eta’, anche in UK, e’ appunto volontaria.

    su francia-Nz io ho notato che la NZ era preparata ad un livello superiore, soprattutto tattico. e’ una cosa inaccettabile, soprattutto perche’ facilmente colmabile, fare i pro come in italia e francia ed essere anni luce da altri che fanno il pro e’ davvero inaccettabile, soprattutto perche’ oggi la conoscenza circola in modo molto facilitato.

    il vantaggio che NZ, rispetto ad altri e’ che l’union e’ la prima disciplina incotrastata, seguita a ruota dal cricket, e quindi attira tutti gli atleti migliori in eta’ formativa, ed anche quella piu’ pagata. altrove non e’ cosi’ purtroppo. allora o fai la multidisciplinarieta’ cone in UK, oppure accetti gli scarti.

    che puo’ fare la federazione italiana? tag, e fare dei prototipi di progetti che poi i singoli club vanno a presentare nelle scuole, e magari condizioni assicuratuive standard. il resto sta ai club pero’. apriamolo sti club, teniamoli sempre aperti e che diano il benvenuto a tutti, di tutti i livelli.

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 11:15

      La Federbasket ha aperto negli anni 80 la sezione “minibasket” , grazie all’opera del prof. Maurizio Mondoni, il quale non ha mai allenato una squadra di basket in vita sua, proprio perchè didatticamente sono due cose diverse.
      Oggi Maurizio Cremonini responsabile nazionale del Minibasket gira l’Italia per spiegare agli istruttori del minibasket ( volontari che le società individuano) i principi didattici con cui i bambini giocano con il pallone a spicchi.
      Costo dell’operazione: poco più di zero. ( un centinaio di milioni immagino)

      • zappinbo 23 Giugno 2015, 11:51
      • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 11:53

        Aggiungo che lo scopo del minibasket non è quello di formare giocatori di basket, ma di far divertire i bambini attraverso l’uso del pallone di basket. E’ naturalmente evidente che giocando e divertendosi acquisicono le skill di base: palleggio, passaggio e tiro. Ma divertendosi!!!

        • xnebiax 23 Giugno 2015, 15:50

          Giusto, anche perché il basket vero per un bambino piccolo è troppo difficile per essere divertente.

          • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 16:35

            Certo, ma il rugby è uguale. L’approccio dovrebbe essere lo stesso.

  25. Cannonball 23 Giugno 2015, 11:12

    Ok nei paesi anglosassoni si predica una versione molto soft fino a 10 anni. C’è un perchè. Mentre quei bambini sviluppano le skills ed un approccio didattico al rugby grazie ad un percorso scolastico parallelo, i nostri fino a 10 anni e anche oltre non fanno una mazza per sviluppare gli schemi motori di base nell’ambito scolastico.
    Se i piccoli miniruggers italiani partono subito col contatto è questo il motivo. Dobbiamo superare e recuperare terreno su paesi che incentivano lo sport, il contatto col terreno e che mediamente hanno bambini più avvezzi al gioco spontaneo. E quindi i tag lasciamoli nel cassetto, dal momento che il 70% dei bambini che praticano minirugby sono in sovrappeso e non hanno mai fatto un tuffo dal bordo di una piscina perchè la mamma glielo vieta.
    Quando nelle scuole elementari, medie, superiori, università italiane lo sport tornerà ad avere l’importanza formativa che deve avere, allora potremo pensare a soluzioni diverse per il minirugby.
    Finchè invece ci dobbiamo sorbire la maestra annoiata che fa giocare a palla rilanciata mentre leggi i messaggi su whatsapp e ai professori diplomati ISEF nel 1970 che fanno fare il test di Cooper una volta ogni due anni, allora prepariamoci ad avere a lungo futuri atleti con livelli di performance inferori rspetto alla media europea.

    • zappinbo 23 Giugno 2015, 11:59

      vorrei aggiungere come sia importante una buona qualità dell’educazione fisica a scuola. ho visto ragazzi albanesi, palestinesi ecc. all’Univ. dove l’edu. fisica non è obbligatoria che avevano irregolarità motorie anche solo a camminare ad occhio nudo!!! ragazzi una cosa bruttissima! ora lo si nota più che in passato anche nei ragazzi delle città del sud, dove prob. molti non partecipano all’insegnamento. stiamo andando a ritroso!!

  26. Ares 23 Giugno 2015, 11:13

    Per quanto riguarda contatto o non contatto sto cercando informazioni, ma a quante pare ci sono esempi come NZ in cui si gioca pari pari che da noi…

    https://www.youtube.com/watch?v=Cf9LGk0xdZ4

    Vedo solo in più un “inizio” di touche che da noi non esiste.

  27. ale.rugby 23 Giugno 2015, 11:33

    ma dove vogliamo pensare di andare con questo sistema scolastico, dove fare sport viene visto dagli insegnanti come un impedimento allo studio? un portar via tempo che potrebbe essere dedicato a imparare.
    io ero uno studento discreto (media del 7,5) e avevo eccellenti risultati anche rugbistici e i professori invece di esseri fieri di avere uno studente che fosse in grado di fare due cose bene, si sono sempre lamentati che avrei potuto fare di più e che invece di stare a casa di scuola per partecipare a qualche raduno era preferibile che non perdessi lezioni a scuola.
    Nella scuola c’è una cultura che deve cambiare.

  28. Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 11:40

    Vorrei approfondire il tema palestra-campo in erba.
    Prima di ogni altra cosa va chiarito un tema di fondo: si vuole utilizzare la scuola per veicolare la palla ovale questa sconosciuta? Se si, è imprescindibile inventarsi qualcosa che consenta l’uso della palestra.
    1) scuola con adiacenti campi in erba non credo ne esista una in Italia
    2) scuole con un campo da rugby nei paraggi, alcune ma ben al di sotto del 1% del totale
    Cosa facciamo? aspettiamo che tutte le scuole abbiano il green?
    La piattaforma della palestra è un 35/40 metri per 10/15. Hai voglia di inventarne di giochi con la palla ovale per bambini di 6/10 anni durante il periodo ottobre-marzo!
    In aprile, maggio, giugno poi se c’è nelle vicinanze un prato, qualche volta si possono bissare gli esercizi all’aperto, ma qui cominciano i problemi: pulmino, chi fa cosa, sorveglianza, ecc. ecc.

    • Cuco23 23 Giugno 2015, 11:55

      Saluti Alberto, concordo con ciò che scrivi. Tuttavia un problema non poco trascurabile consiste nel fatto che tante scuole purtroppo non hanno una palestra degna di tale nome. Un buon veicolo di diffusione per il rugby potrebbero ad esempio essere le animazioni estive. Per dirtene una, nel mio paese da anni si è deciso di puntare su sport quali baseball e rugby (viene giù un tecnico che fa due/tre ore a settimana per tutto il mese di luglio), e stando alle voci che sentivo i ragazzi si sono molto divertiti. Questo potrebbe essere un buon modo di far pubblicità perchè innanzitutto è gratuito (paghi il costo dell’animazione), è distribuito in un discreto arco temporale e se poi ti piace e ti diverti a settembre ti puoi andare ad iscrivere in una qualche società presente in zona.

      • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 13:22

        E’ un modo perfetto. In ogni “grest” (tra giugno e luglio ce n’è uno in ogni paese d’Italia) se le società mettessero a disposizione un istruttore , ci potrebbero essere due mesi assicurati di touch rugby.

    • malpensante 23 Giugno 2015, 11:57

      Ripeto, sei un fenomeno. C’è qualcuno fino ad ora che abbia minimamente accennato alla possibilità che a scuola nelle due ore si insegni il rugby? I campi ce li hanno le società, e da che mondo e mondo il rugby lo insegnano loro. A Prma, anni fa, il Bocchialini ha iscritto una squadra scolastica alla C. Un paio d’anni hanno fatto tornei scolastici e poi la C. Mica avevano il campo, si appoggiavano all’Amatori. Fenomeno.

      • malpensante 23 Giugno 2015, 11:59

        La C perchè sono vecchio e rincoglionito, il regionale under. Mi ci è finito in mezzo l’esempio di un cral, che dalla uisp è passato alla C.

        • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 12:38

          Non capisco il tuo concetto di fenomenologia. Le società possono insegnare il rugby dai 12/13 anni in su come sarebbe didatticamente logico e serio. E prima?
          A 12/13 anni le società dovrebbero già poter scegliere, scartare, indirizzare invece prendono tutti e cominciano da zero.

    • 6nazioni 23 Giugno 2015, 11:58

      A.d.G. in italia non ci sono neanche i gessetti nelle scuole….. pura utopia.
      Non scherzo, le ns scuole nella maggioranza dei casi non sono degne di un
      paese civile, sicuramente nel nord ci sono delle eccellenze ma x le attività
      fisiche credo che siamo quasi allo zero assoluto.
      L’Aquila prima del terremoto era un’eccellenza nella pratica del rugby
      giovanile ogni scuola media ,elementare aveva una squadra di rugby,
      sicuramente nel centro sud era unica ma era una mosca bianca.
      In italia la pratica dello sport e’ zero, non ci sono investimenti, adesso anche
      per il calcio i genitori devono spendere molti euro x le scuole
      calcio private,figurati x la pratica del rugby.

      • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 13:05

        Non devi dire a me come funziona la scuola. Ma proprio perchè lo se bene ti dico che non to facendo il “fenomeno” come, molto gentilmente sostiene @mal.
        Io ti parlo di cose che ho personalmente fatto e che altri, come hai letto, hanno fatto e stanno facendo.
        Se noi aspettassimo la “RIFORMA DELLA SCUOLA” staremmo freschi. A Calvisano ho assistito una giornata del mondiale U20 a fianco di un mio vecchio amico, ora responsabile dei programmi sportivi delle scuole bresciane. Mi ha candidamente confessato che a breve nulla cambierà, ma abbiamo convenuto insieme che di spazio per interventi collaterali da parte delle società sportive ce ne sarebbe a iosa.

  29. Rollo 23 Giugno 2015, 11:42

    Da Educatore/Allenatore io penso che si debba investire sulla nostra formazione. In Francia giustamente i percorsi degli allenatori si differenziano tra il minirugby, il settore giovanile e i senior. Due sabati per prendere l’abilitazione per educare al rugby fino alla U12 sono troppo pochi.
    Secondo me non è tanto un problema di tag, no contatto, grappoli, visione di gioco, differenze fisiche/atletiche, giocatori “precoci” o “tardivi”, ma è la priorità che dobbiamo dare al divertimento, alla passione, alla crescita di ogni nostro bambino/ragazzo e non al solo obiettivo della vittoria ad ogni costo.

    • Emy 23 Giugno 2015, 12:52

      Puoi farli giocare, divertire ed educarli anche insegnandogli a giocare come si deve. Anzi, è questo che va fatto: certo che sono bambini e si devono divertire, ma questo non vuol dire insegnargli uno sport alla come viene viene. Non viene chiesto di vincere, ma di imparare le basi dei fondamentali nel modo corretto.

  30. papavero 23 Giugno 2015, 11:52

    Invece il “progetto scuole” e solo una mansione che serve a mantenere un signore che abita in veneto è porta una marea di voti per le elezioni federali.

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 19:09

      Scusa, ma come li controlla i voti se è un pelandrone? Controllare i voti costa fatica.

  31. electrocase 23 Giugno 2015, 11:55

    mi sono già espresso diverse volte
    non ho alcuna competenza su quando, come e perché e diffido fortemente di coloro che sanno tutto di tutto.
    Come sempre in Italia la strategia della complicazione della soluzione produce mostri.
    La soluzione è evidente che debba passare per una riforma del sistema scuole/sport ed altrettanto evidente che questa dovrebbe tutelare la multidisciplinarità (immagino fino ad una certa età)
    Altrettanto ovvio è pretendere la formazione ed aggiornamento dei docenti e altrettanto banale auspicarsi un rapporto più serrato tra federazioni sportive e scuole.
    Se vogliamo vedere qualcosa di concreto tra 10 anni sarebbe necessario riformare ora il sistema ma questo non avverrà perché il nostro è un paese indolente e farabutto basato esattamente sulla confusione dentro la quale tutto diventa possibile o impossibile.
    Da noi molte realtà sportive si muovono autonomamente e pur isolate fanno cose splendide fidando sempre e soltanto sulla testardaggine e determinazione di persone “semplici”.
    esistere e resistere non basta certo ma va così.

  32. Rabbidaniel 23 Giugno 2015, 12:03

    Se si togliesse anche un po’ di aurea übermachista al rugby non sarebbe male. Quando giocavo tra anni 80 e 90 il touch o educativo era sopportato a malincuore, soprattutto dagli avanti, perché non c’era contatto fisico (e perché si basa su tecnica/corsa/agilità). Se nell’immagine esterna togliessimo un po’ di fango e di nasi sanguinanti penso che sarebbe salutare per tutti. Tanto fango e nasi sanguinanti resterebbero comunque.

    • Emy 23 Giugno 2015, 12:56

      E’ vero per i grandi, nel senso che se uno è abituato a giocare nel modo “vero”, il touch gli sembrerà sempre un qualcosa di “menomato”. Ma non credo che i bambini del minirugby avrebbero di questi preconcetti, soprattutto se passasse anche da noi (Dio volesse) questa corrente anglosassone: io bambino so che fino a 10 anni imparo a giocare con la palla e che poi, dopo che ho imparato, dagli 11 anni in avanti, mi insegneranno anche a placcare. Un pezzetto alla volta si costruisce il rugby intero.

      • Rabbidaniel 23 Giugno 2015, 13:11

        Senz’altro, ma bisognerebbe far comprendere che il touch ti insegna anche da grandicello, e magari in allenamento non massacrarsi 2-3 volte a settimana come in partita sarebbe auspicabile. Ma, tornando a bomba, manca una cultura complessiva e non in pochi vedono nel rugby una celebrazione del machismo, ben nascosta dietro valori da ventennio.

        • mezeena10 23 Giugno 2015, 16:02

          verissimo rabbi..ad esempio nella mia squadra facciamo una ventina di minuti di touch come riscaldamento a tutti gli allenamenti..
          ricercare e usare lo spazio, scaricare a contatto, ricicli veloci, visione periferica etc..
          è molto didattico!

          • mezeena10 23 Giugno 2015, 16:03

            e serve soprattutto agli avanti, usare bene le mani..
            non solo per “molestare” 🙂

          • Rabbidaniel 23 Giugno 2015, 18:58

            Infatti, ripetendolo poi ti dà maggiori opzioni durante la partita, invece di andare semplicemente dritto. Poi l’ho sempre trovato divertente, bisogna anche variare l’esercizio.

          • mezeena10 23 Giugno 2015, 23:42

            gia..e fintare palla in mano, uscita dal frontale..
            molto divertente..

    • gsp 23 Giugno 2015, 13:06

      hai ragione rabbi. bisogna aprirsi e essere piu’ accoglienti sopratutto con i nuovi, di ogni eta’.

  33. zappinbo 23 Giugno 2015, 12:12

    il club non può farsi carico dell’educazione motoria dei bambini se non arrivano da educazione adeguata in famiglua e scuola. c’era una discussione di portare le ore da due a 4, ma figurati che sennò non imparano bene a contare i mocciosi.
    Aggiungo: so ch in AltoAdige le scuole speciali per sport a Malles e Vipiteno sono direttamente della provincia con maturità equiparata (in lingua tedesca?) Da li vengono tutti gli atleti che da soli vincono 10x più medaglie alle Olimpiadi di tutto il Nord Italia messo assieme. Basterebbe chiedere il 10% dei ritorni d’immagine di Paris e Zöggeler per autofinanziarsi!!

    • zappinbo 23 Giugno 2015, 12:14

      però le accademie dovrebbero servire proprio per questo. perchè allora non funzionano (ancora?)

      • Emy 23 Giugno 2015, 13:01

        Le accademie partono dai 16 anni: i ragazzi a quel punto dovrebbero già avere tutti i fondamentali adeguatamente appresi e applicati in automatico. E non dimentichiamo che le accademie sono una selezione, mentre l’educazione motoria e i fondamentali sono a monte e devono riguardare tutti i giocatori, anche chi in accademia non metterà mai piede.

  34. frank 23 Giugno 2015, 12:36

    Italia = cultura (sportiva e non) ossimoro.

    A proposito di pallone tondo, forza Catania.

    • mezeena10 23 Giugno 2015, 16:05

      per chi imbroglia nessuna pietà!
      mi dispiace invece per i tifosi del parma, non meritavano quella situazione..

      • ginomonza 23 Giugno 2015, 19:37

        Pallone tondo alla gogna 🙂
        Ci vorrebbe Savonarola.
        Mancini : in nazionale non devono giocare gli oriundi ma lui non compra un italiano nemmeno per sbaglio
        Berlusconi : voglio un Milan giovane e italiano e tratta Ibra e Co!
        Per dirne due a caso qui nel milanese 🙁

  35. Jekorambaldi 23 Giugno 2015, 12:42

    Le accademie “funzionano” solo per chi ci va (leggi chi ha la possibilità di frequentarle, possibilità economica e di sostegno familiare), e talvolta nemmeno per loro, mentre qui a mio avviso si tratta di far conoscere lo sport ad una base più ampia, poi la selezione dei campioni viene da se.

  36. Katmandu 23 Giugno 2015, 12:52

    Secondo me il mini rugby e il rugby non son memmeno parenti, detto questo lo sciame di api che si sviluppa attorno al pallone da una parte gli fa prendere confidenza con le “botte” dall’altro però non imparano benissimo a vedere lo spazio, di fatti appena fanno un passaggio a quello che si é addormentato fuori dal mischione di solito va diritto in meta senza disturbi
    Ps ma quanto é divertente da bambini stare nel mischione come le api?

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 13:07

      A Polcenigo il campo è attaccato alla scuola se non sbaglio, ma già a Sacile qualche problema c’è.

      • Katmandu 23 Giugno 2015, 18:03

        Adg a Polcenigo pescano a piene mani da tutti gli istituti della pedemontana, Sacile non ha una squadra di rugby ma difficilmente ne avrà una, poche strutture e pochi insefnati han “piacere” di farci entrare, motivi assicurativi in primis, almeno così mi é stato detto, inoltre bisogna subire la concorrrenza di, nell’ordine
        Nr 2 squadre di calcio
        Nr 2 di pallavolo
        Nr 1 di hockey pista
        Atletica
        Ciclismo
        Etc etc etc

  37. ambi 23 Giugno 2015, 13:06

    Ho notato che sul blog poche persone hanno usato la parola DIVERTIMENTO.Credo che sia fondamentale fare in modo che i ragazzini possano esprimere il loro stato d’animo al momento della loro partecipazione al gioco.nel paese della mia gioventù fino all’età di Under 12 nessuno di noi aveva un ruolo ben definito, ogni partita si cambiava ruolo, una volta pilone un’altra centro , facevi il trequarti o la volta dopo l’avanti, in questa maniera il divertimento era assicurato e la conoscenza del gioco totale era assicurata.nel nostro paese si punta troppo ad avere per forza il fenomeno anche quando non è necessario .la psicosi della vittoria annebbia la mente,purtroppo da noi è la vittoria immediata che prevale, anche a livello dei ragazzini .

  38. ross 23 Giugno 2015, 13:13

    Le regole, gli allenatori e tutto il sistema del mini quando accende la miccia della passione di un bambino ha fatto il 95% di quello che doveva fare.
    Poi il bimbo procede sopratutto con il propellente della propria passione e anche se ha la sfortuna di essere allenato da un educatore non preparatissimo impara guardando la TV, guardando i compagni più grandi ecc.
    La federazione dovrebbe formulare regole che favoriscano la formazione di competenze tecnico motorie (attualmente in u10 e u12 vale solo l’ammucchiata ) e le società devono alimentare la passione dei bimbi favorendo incontri calibrati con le capacità del gruppo (sono controproducenti vittorie o sconfitte dii 10 mete a 0). I tornei dovrebbero essere calibrati come in Francia ( girone coppa d’oro, girone coppa d’argento, girone coppa di bronzo) dove tutti possono vincere.

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 13:29

      Pur macchinoso in molte sue parti, ma è un documento che ha spunti interessanti.Ma il tema è: chi le fa “ste cose”? Te lo vedi un dirigente scolastico che ci perde sopra un’ora su quegli adempimenti?

      • Mr Ian 23 Giugno 2015, 13:43

        Invece di pagare 4milioni di euro in stipendi per dirigenti, iniziamo ad indire borse di studio per laureati in scienze motorie da affiancare ai dirigenti dei clubs, questi prendono i contatti con le scuole ed i primi gli diamo un opportunità di lavoro

        • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 13:55

          Questa è un idea. Ma perchè non copiare chi la fa da decenni questa politica ( basket) senza nemmeno avvicinarsi a quei livelli di spesa?

          • Mr Ian 23 Giugno 2015, 14:05

            Ma perché parlarne in un blog? Veramente non ci arrivano a queste cose?
            Tutti i dirigenti federali quando ci parli ti dicono, noi ascoltiamo tutte le vostre proposte, basta con la critica e l autolesionismo…A me invece da l impressione che oltre ad essere sordi, siano anche un po’ ottusi…

  39. Montag 23 Giugno 2015, 13:19

    Basterebbe semplicemente separare la fase di gioco da quella di contatto fino all’under 12 esclusa. Io alleno una squadra Under 18 e quest’anno per risolvere tanti problemi di decision making abbiamo lavorato tantissimo giocando al tocco. Se questi problemi venissero risolti già nel minirugby avremmo un rugby più evoluto. Senza contare che così nei primi anni del miniirugby potremmo lavorare meglio sui problemi di affettività dei singoli bambini, che non si risolvono semplicemente “buttandoli nella mischia”.

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 13:24

      Bravissimo, ma sta attento che ti fan passare per fenomeno.

    • electrocase 23 Giugno 2015, 14:04

      Bravo Montag
      competenze specifiche
      problema = soluzione = azioni = responsabilità = competenze = semplice
      (poi al bar e anche qui ci pensiamo noi a far confusione)……….

  40. 6nazioni 23 Giugno 2015, 13:33

    il problema principe e’ chi prepara i preparatori, non credo i corsi che si
    svolgono in F.I.R. con due sabati di 4 ore…..

  41. Jager 23 Giugno 2015, 14:14

    Ottimo articolo in gran parte condivisibile . L’ unica cosa che non condivido completamente è l’ analisi sul perché della crisi del rugby francese . Io penso che la massiccia presenza di stranieri nel top14 sia una parte importante del problema , più facile prendere qualcosa di già costruito che partire dal nulla investendo sulla base .

    • Rabbidaniel 23 Giugno 2015, 14:26

      Penso anch’io che il problema del rugby francese sia più profondo. Poi, guardando al risultato dell’U20, sono arrivati quarti, non undicesimi, e si sono visti tanti bei giocatori che militano già nel Prod2 in alcuni casi. Stessimo male come i francesi sarebbe già un passo avanti.

      • faduc 23 Giugno 2015, 14:32

        …poi comprano sudafricani a pacchi e i loro talenti non giocano

        • Mr Ian 23 Giugno 2015, 14:34

          Noi invece no, usiamo solo squadre con 15/15esimi italiani…noi siamo più furbi e ci andiamo a prendere i giovani nel pacifico, che poi ancora non è stato ufficializzato nessun nome..

        • Rabbidaniel 23 Giugno 2015, 15:44

          Evidentemente non hai capito il discorso. I talenti magari giocano in ProD2, o in fédérale 1, nelle quali magari possono vivere di rugby, pagati, udite udite, abbastanza regolarmente. Un paradiso? No, ma non mi pare che noi siamo nella posizione per giudicare.

    • Emy 23 Giugno 2015, 14:50

      Anche secondo me invece l’eccesso di stranieri in Top14 è una buona fetta dei problemi francesi. Poi, come dice Rabbi, piacerebbe anche a noi avere come problema una nazionale U20 che arriva 4^ al mondiale.
      E’ certamente vero che la Francia recentemente ha perso smalto e, soprattutto, è sembrata perdere le sue peculiari caratteristiche di gioco e per quanto riguarda le individualità di qualità, e qui secondo me l’invasione di stranieri in Top14 c’entra eccome. Un campionato sempre più ricco ed apprezzato dal pubblico che però inizia a creare problemi alla nazionale: proprio vero che ognuno ha i suoi problemi!

  42. Pablo11 23 Giugno 2015, 14:41

    Purtroppo la società moderna ci impone di diventare degli ipocinetici. Le nuove generazioni nel corso degli anni saranno acinetiche, è la realtà dei fatti. Il problema non è solo nello sportivo, ma nel quotidiano. Avete mai notato come camminano i bambini e i ragazzi? Gli errori posturali statici verranno amplificati nei movimenti complessi.

    • mistral 23 Giugno 2015, 15:54

      in compenso cinquettano come fringuelli… si spera che tra un po’ sappiano anche volare, se no rimarramnno volatili da cortile…

    • zappinbo 24 Giugno 2015, 09:32

      e perchè alle nostre latitudini il problema ” ipocinetico”è più accentuato? o è solo un’impressione?

      • Pablo11 24 Giugno 2015, 12:07

        Probabilmente è anche un fattore culturale, ho 37 anni e sono cresciuto non a Playstation, ma a oratorio dove la multidisciplinarita’ delle attività era normale. A 19 ho fatto l’isef e con tutti i miei limiti fisici ho superato tutti gli esami pratici e così i miei colleghi. Altra generazione!!!!

  43. xnebiax 23 Giugno 2015, 15:17

    Non sono un esperto, ma mi sembra ovvio che la prima cosa da fare sarebbe prendere tecnici giovanili neozelandesi e farli allenare i migliori tecnici giovanili italiani insieme ai quali poi dovrebbero compilare dei manuali con esercizi, giochi, regole, obbiettivi e criteri per i bambini delle varie età. A questo andrebbe aggiunto (e non è niente di difficile) fare dei video, da accostare ai manuali, mostrare gli esercizi con i bambini, e far vedere quello che i bambini devono imparare a fare e come insegnarglielo. Lo “sciame” come descritto all’inizio dell’articolo va evitato e bisogna incentivare il passaggio della palla. E poi vanno fatti altri giochi specifici per specifiche skill da insegnare.
    Una mezza dozzina di tecnici stranieri e mezza dozzina di tecnici italiani che si confrontano, stanno in Italia per qualche mese e poi compilano e filmano questi manuali, U6, U8, U10, U12 eccetera.
    Infine la federazione dovrebbe mettere il tutto on-line e dare il materiale ad ogni club.
    Cose che andavano fatte 20 anni fa, col VHS. Ma meglio tardi che mai. I costi sono limitati. La distribuzione però deve essere massiccia e deve arrivare agli insegnanti di educazione fisica delle elementari, insieme a palle omaggio della FIR.
    Per me questo sarebbe un vero serio investimento per il futuro.

  44. Dagoberto 23 Giugno 2015, 15:31

    Bell’analisi di Marco Rivaro, ma esprime delle convinzioni che non condivido.
    Temo fortemente che la sua esperienza scolastica in Gran Bretagna l’abbia condizionato fortemente in queste convinzioni.

    Non bisogna dimenticare che la maggior parte degli sport che conosciamo tutt’ora iniziarono la loro evoluzione da giochi sociali a pratica sportiva proprio con il loro inserimento nei programmi didattici dei più famosi college britannici tra il 1700 ed il 1800, con il fine principale di allenare i futuri manager alla competizione ed insegnare loro ad essere vincenti. Che la scuola italiana debba migliorare nel suo impegno verso l’educazione fisica sono pienamente d’accordo e credo che sia anche piuttosto lapalissiano, non credo che la scuola italiana, però, debba e possa ricoprire il ruolo di traino dello sport giovanile in generale con sufficiente capacità.
    Per coltivare adeguatamente una passione sportiva non è sufficiente illustrare didatticamente come eseguire il gesto tecnico ed allenarsi ad una corretta esecuzione, è necessario respirare l’atmosfera della competizione, vivere l’esperienza di appartenere ad un club – da intendersi come aggregazione sociale che si contrappone, civilmente, ovviamente, a altre di diverso colore, di maglia 😉 – soffrire per non essere scelto nella formazione della domenica o gioirne per l’esatto contrario dopo le tante fatiche e le energie spese e non so come ciò potrebbe essere organizzato all’interno del circuito scolastico italiano. Bisogna considerare, poi, che un giovane potrebbe desiderare appassionarsi anche ad altre discipline, artistiche piuttosto che sportive (musica, danza, teatro, pittura) e la scuola, dell’obbligo in particolare, non riuscirebbe mai a gestire con pari opportunità e sufficiente efficacia, questa giungla di desiderata. Tantomeno si potrebbe pretendere che la scuola statale privilegiasse alcune discipline su altre, con quale diritti e con quali criteri? Nell’esperienza britannica molti college sono e sono sempre stati privati. Insomma, un conto e fare bene della ginnastica e praticare dignitosamente delle attività sportive anche a scuola, altra cosa è assegnare alla scuola il ruolo di veicolatore trainante, per giunta, di alcune discipline sportive.
    La qualità nella formazione sportiva e non solo, aggiungo, deve crescere nella cultura sportiva di chi decide di dedicarsi alla didattica dello sport, deve crescere nelle policy dei club e negli investitori che decidono di interessarsi alla sport, bisogna superare la convinzione che con il volontariato si possa dare una risposta a determinati livelli di eccellenza e ciò vale in ogni settore, non solo nello sport.
    Il volontariato può essere impiegato per attività di profilo medio basso, per attività pratiche e di manovalanza dove non siano richiesti particolari livelli di competenza, ma per tutto il resto, didattica e formazione giovanile in primis, servono competenze e skill che non si improvvisano con la sola buona volontà e disponibilità di tempo, bisogna fare, prima, corsi, studiare, dedicarsi a studi specifici e ciò non solo perchè obbligato da norme di legge, peraltro oggi assenti, ma per mera convinzione personale sull’importanza di dotarsi di competenze adeguate!
    In Italia vige ancora un po’ troppo la convinzione che con la buona volontà si possa fare tutto :-|.

  45. Gagby 23 Giugno 2015, 15:31

    A me hanno spiegato che nei paesi anglosassoni, quando poi passano al contatto, hanno un tasso di abbandono che con i numeri che abbiamo in Italia non possiamo permetterci e che in Nuova Zelanda giocano da subito al contatto; sono scuole di pensiero diverse. Più che altro i grappoli, fino ai 7-8 anni sono normali perché fino a quell’età non hanno ancora sviluppato il senso dello spazio, ancora non sanno valutare che un loro compagno è messo nel campo meglio di loro. I grappoli, fino ad una certa età li vedete anche nel minibasket o nel calcio.

  46. xnebiax 23 Giugno 2015, 15:45

    Posso aggiungere, a margine, che non si dovrebbe costringere ogni ragazzo o ragazza a partecipare all’ora di educazione fisica? almeno non più alle superiori. Se il bambino/a non vuole o non è in grado per qualche disabilità farlo/a partecipare per forza è una tortura per il bambino/a ed una perdita di tempo.
    Poi gli altri bambini se sei una pippa di prendono per il culo, e può diventare un gran problema di autostima.

    • grasso 23 Giugno 2015, 17:19

      No scusa ma se uno non ha voglia di fare matematica?
      L’educazione fisica è un materia seria e indispensabile.
      Possiamo discutere come venga considerata dai dirigenti scolastici e come sia stata sminuire spesso dagli stessi insegnanti

      • xnebiax 23 Giugno 2015, 19:27

        Tu non hai capito, molti ci soffrono, vengono presi in giro e per alcuni è una fonte di bullismo che può lasciare segni gravi sulla psiche dei ragazzi per tutta la vita.

        • grasso 23 Giugno 2015, 19:40

          Concordo con te che il problema del bullismo è grave ma l’insegnamento e la comprensione di qualsiasi materia di studio compresa l’educazione fisica non ha alcuna attinenza.
          Il problema è ben più complesso e non si risolve esentando i ragazzi….. ma questa è un’altra storia, concludo solo dicendo che lo sport ed il rugby in particolare spesso è luogo di espressione libera e di tutela della persona grazie alla disciplina di gruppo

  47. CIOSA 23 Giugno 2015, 17:39

    Preoccupiamoci anche del gap tra compagini italiane di minirugby.
    Dopo 5 anni passati ad osservare il minirugby dall’under 8 all’under 12, accompagnando mio figlio tutte le volte che mi è stato possibile, in Italia e all’estero, cercando di mantenere sempre il giusto distacco dall’atleta, provo a dare il mio contributo da appassionato di rugby.
    Innanzitutto un divario tecnico enorme tra le migliori compagini di minirugby d’Italia e la media delle altre squadre italiane.
    Certo avere dalla propria parte la possibilità di scegliere tra 50 e più atleti per ogni under agevola rispetto a chi ha numeri molto più esigui, ma a me sembra che alla base ci siano proprio diversi modi di interpretare il minirugby.
    Non so se dipende dalla qualità dei preparatori, se le diverse FIR regionali danno indicazioni diverse tra loro ai formatori o altro, ma il divario è tanto e non dipende solo dai numeri.
    Vedere squadre che giocano un rugby vivace, continuo, alla mano, e vedere bimbi che una volta presa la palla sanno solo andare a sbattere all’avversario perdendo palla, fa venire molti agli spettatori sulla capacità di insegnare il minirugby.
    Si passa da compagini capaci già in under 10 di saper fare i punti d’incontro, di saper placcare, di saper difendere e soprattutto di saper passare la palla e con il giusto timing a compagini dove gli atleti sembra pratichino uno sporto individuale, e se a qualcuno viene la malaugurata idea di passare la palla ad un compagno, chi la riceve il 90% delle volte la fa cadere a terra in avanti, anche perché spesso è sbagliato il passaggio.
    In un concentramento in Francia abbiamo visto squadre avversarie composte da tutti atleti longilinei che spostavano la palla da una parte all’altra del campo con una facilità imbarazzante.
    Come si preparano queste squadre, comprese le italiane al top, e come tutti gli altri?
    Se il divario tra 4 o 5 squadre italiane e tutto il resto del mondo del minirugby è così elevato, che divertimento e che insegnamento ne traggono i più forti? Ma soprattutto come può crescere tutto il settore del minirugby se mediamente il livello è scarso? Da noi si dice che chi va con lo zoppo impara a zoppicare…
    Di atleti predisposti a praticare il rugby come gli atleti delle migliori compagini ce ne sono in tutte le società italiane, forse non ci sono tanti preparatori con le competenze di queste società quanti ne servirebbero per alzare il livello di preparazione e di gioco. Forse c’è bisogno di uno sforzo maggiore ed uguale per tutti le aree geografiche d’Italia da parte della FIR. Forse c’è bisogno di un impegno maggiore da parte delle società e un maggiore coinvolgimento delle scuole.
    Sicuramente c’è tanto da cambiare se si vuole alzare l’asticella del livello del minirugby e quindi del rugby italiano.
    Non sono un tecnico, quindi perdonerete se ho detto inesattezze, spero di non aver leso la maestà di nessuno dicendo ciò che penso e che da parte degli addetti ai lavori che leggono non ci sia un atteggiamento di supponenza, come purtroppo mi è capitato qualche rara volta di riscontrare. Mio figlio a settembre passerà in under 14 in bocca al lupo a lui e a tutti i bimbi che stanno facendo o inizieranno il percorso del minirugby.

    • pepe carvalho 23 Giugno 2015, 18:39

      su questa questione è vero che c’è un divario forte tra alcune società e la massa e credo stia tutto nella qualità e nella coerenza della società o delle società in questione. Anche se credo che il problema principale stia nell’idea che non si sta insegnando rugby ma si stia tentando di vincere (cosa non si sà) a tutti costi.
      Sugli esteri posso assicurarti che quando sono piccoli spesso gli italiani fanno bella figura, il divario viene fuori dopo ed è grazie soprattutto a quello che si insegna nel minirugby, finchè son piccoli se hai quello grosso/bravo fai i risultati ma poi se non hai insegnato a tutti come si passa, placca, come si contende la palla sui punti di incontro va a finire che, crescendo, quelli che erano inferiori a te ti superano solo con la tecnica e l’organizzazione.

      • CIOSA 24 Giugno 2015, 07:15

        Condivido, anche se l’organizzazione e la tecnica fanno la differenza già dall’under 12.

    • CIOSA 24 Giugno 2015, 07:22

      Dimenticavo, in francia nel minirugby si placca come in Italia, in più già dalla 10 giocano con mischia e touche no contest, quindi non penso sia un problema di contatto la differenza di gioco, e c’è anche l’avanzamento territoriale con il gioco al piede.

  48. LoScozzeseMilanese 23 Giugno 2015, 18:15

    Non è realistico pensare che il rugby possa essere insegnato a scuola. Non ci sono le risorse per mantenere laboratori e pagare in tempo tutti i dipendenti regolarmente. Come possono aggiungere altre spese? Forse il touch o il tag sono fattibili. Ma solo fuori città dove è più probabile avere scuole con campi in erba. Io iniziai a giocare così, a scuola, ma in due ore a settimana per un quadrimestre imparai poco o nulla. Il mio è un caso isolato direi. Della mia scuola sono l’unico che poi inizio a giocare per il club. Non so quale sia la soluzione, ma non credo possa essere chiesto al sistema scolastico questo onere,in questo momento. Sinceramente trovo più scandaloso il livello scarsissimo di preparazione della scuola in tutte le altre materie che la mancanza di attività sportiva. Dovrebbe essere i genitori in primis ad insegnare l’importanza dello sport, invece di lasciare i propri figli davanti a giochi elettronici. Io ne ho avuto la fortuna, molti altri no. Ps: la foto, come ogni volta che si parla di minirugby, è del rugby Cernusco.

    • LoScozzeseMilanese 23 Giugno 2015, 18:16

      Un giorno imparerò a mettere le virgole haha

    • pepe carvalho 23 Giugno 2015, 18:31

      inizio ad avere il sospetto che paolo segretamente sia un tifoso del cernuso e non dell’ union 96 milano 😉

    • Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 19:01

      Peccato che il minibasket lo faccia. E il mini volley pure.

    • Rabbidaniel 23 Giugno 2015, 19:02

      Se parliamo di scuola italiana poi. Quando giocavo io c’erano delle lezioni di educazione fisica dedicate al rugby, ma nessuno che già non giocasse prima è stato “conquistato”. Altro è parlare di progetti delle società propagandati nelle scuole, magari con qualche patrocinio. Ma con le risorse che vengono date alla base stiamo freschi, abbiamo visto la questione dei giochi della gioventù com’è andata a finire.

  49. pepe carvalho 23 Giugno 2015, 18:28

    Più in alto ho postato degli esempi di rugby u8 con contatto, ovvio ci sono i grappoli ecc. Ma credo che sia tutto un falso problema, innanzi tutto in italia non abbiamo strutture societarie adeguate, parlo di campi e educatori. Ad esempio quanti soldi vengono spesi dalla Fir e dalle società per aquisire strutture dedicate al rugby? quanti si affidano solo al comune e quei pochi soldi che hanno finisce che li spendono nel giocatore di “fama” chi gli farà fare il salto di categoria e non nel tecnico che gli insegnerà a far crescere i loro ragazzi?
    secondo nella scuola non si fa nessuna educazione fisica e due ore sono poche, purtroppo si dovrebbe garantire il tempo pieno e a fronte di sei(?) ore di insegnamento al giorno si dovrebbe avere 1 o due ore di attività motoria sempre al giorno. Ma quanto costerebbe questa scuola? quando si fa di tutto per tagliarne i costi?
    terzo abbiamo troppi che al posto di “educare”, al gioco e alla vita, tendono a cercare di vincere a tutti i costi, “palla al ciccione” “parte solo quello bravo” ecc. Quando anche sui campi della U14 si vedono quelli più grossi messi centri e ali “….perchè tanto in mischia non si spinge”, quando si vedono ragazzini della 8 o della 10 a cui si impongono gli schemi con le chiamate dell'”educatore”
    quarto la fir non ha progetti di sviluppo reali per allargare la base. In realtà gran parte dei soldi vengono spesi per l’ “Alto LIvello” e per le accademi e centri federali che per altro non hanno una ricaduta vera sulla formazione ai formatori /educatori del territorio.

  50. Alberto da Giussano 23 Giugno 2015, 19:29

    Il rugby deve crescere, raddoppiare, triplicare gli attuali praticanti. E come? I bambini devono andare presso le società e iscriversi.
    Un idiota, il sottoscritto, che ha il difetto di averlo già fatto con il minibasket dice “e la scuola?”
    La scuola dobbiamo lasciarla perdere, non fa per noi!
    Bene! Le seconde linee continueranno ad andare a basket e pallavolo che la scuola la frequentano eccome e i 3/4 a calcio.

  51. megu65 23 Giugno 2015, 22:01

    Come sempre un grande intervento di uno tra i più stimati concittadini.
    Mi permetto di aggiungere che:
    – per la mia generazione le occasioni di gioco NON coordinato dagli adulti e senza selezione tra età e fisico erano talmente frequenti che ciascuno di noi capiva molto velocemente i suoi punti di forza e soprattutto quelli di debolezza; tra l’altro l’evidenza di questi ultimi ci faceva umili ma coriacei e determinati.
    – ai bambini di oggi dobbiamo far capire che perdere anche contro un Golia li farà crescere come potenziali Davide. Cioè devono essere i bambini stessi a valutare i loro punti di forza e di debolezza.
    Ricordo che un amico a pallanuoto aveva capito che per lui la controfuga più efficiente consisteva nel uscire rapidamente dall’acqua per correre velocemente dal lato opposto e tuffarsi ai 4 metri in posizione… tutti ridevamo ma la sua velocità di emersione era inarrivabile

  52. Legionario 23 Giugno 2015, 23:46

    Grazie per questo articolo che finalmente mette a fuoco un punto cruciale che spesso è oscurato da polemiche inconcludenti. È vero la qualità della preparazione del minirugby è troppo bassa. Sono convinto da un lato che bisogna curare l’aspetto del contatto, il rugby (almeno per me) rimane uno sport di combattimento. Tuttavia nella preparazione e scelta dei ragazzi si è ossessionati dall’ aspetto della forza. Pochissime squadre curano il lato velocità / agilità ricercando solo la potenza. Ho visto giovanili francesi dove ragazzi longilinei mettevano “a sedere” i nostri bistecconi. Il gioco al piede è tristemente negletto, ce ne ricordiamo improvvisamente a 16 anni, in un DVD di Jonny Wilkinson (How to play rugby my way … lo consiglio ai ragazzi che amano il gioco al piede) si vedono ragazzini di U12 allenarsi con il Maestro per imparare a calciare. Del tutto trascurati esercizi di agilità (frisbee, o golf) … eppure dovrebbero ricordare che il basket nacque cone complemento del football americano proprio per l’agilità. Sono pienamente d’accordo alle categorie di peso nelle Under 14 e 16 … oggi i ragazzi più grandi non sono stimolati a sviluppare la tecnica grazie ad una superiore prestanza, mentre i più piccoli rischiano la marginalizzazione. Infine una parola sugli arbitraggi: troppo tolleranti. Un bambino che dalla 12 alla 16 gioca come se il fuorigioco non esistesse avra’ interiorizzato questa tolleranza e troverà molte difficoltà ad acquisire la disciplina. Su questo secondo me vale la pena spendere soldi, piuttosto che pagare le tasse celtiche, cosa che ritengo tra l’altro piuttosto umiliante.

  53. Alberto da Giussano 24 Giugno 2015, 07:32

    L’articolo pone dal punto di vista didattico un interrogativo e un’esperienza di vissuto.
    Per essere paragonato alla realtà italiana il presupposto sarebbe che vi fosse con la realtà inglese qualche punto di contatto. In realtà sono molto pochi sia numerici che qualitativi.
    Discutere se sia meglio privilegiare l’educazione psico motoria “libera”, corsa, passaggio touch e tag fino agli 11 anni oppure iniziare con il contatto-scontro fisico da subito è senz’altro interessante.(Il mio pensiero è il tag/touch tutta la vita fino agli 11 anni, e anche oltre per i 3/4 senza dubbio).
    A mio avviso ogni buon allenatore/insegnante di “minirugby” dovrebbe porsi un solo obiettivo ” di quanto sono in grado di far migliorare le abilità psico motorie dei miei giocatori in erba”? Solo un ragazzo che riesce a sviluppare in toto tutto il suo potenziale di talento psico motorio potrà essere un candidato ad apprendere, successivamente,tutto quello che serve per diventare un giocatore di rugby. In questo dovrebbe essere aiutato dalla scuola, che però , al momento, non è in grado di fare nulla. E qui comincia il primo elemento di disomogeneità con l’Inghilterra. I ragazzi anglosassoni che fanno il minirugby hanno un supporto scolastico nello sviluppo dei talenti psico motori che noi non abbiamo. Fino a qualche decennio fa compensavamo con la frequentazione dell’oratorio, ora più nemmeno quello.
    Secondo elemento di differenza è la quantità dei partecipanti. Gli inglesi possono permettersi di perdere per strada chiunque, noi dobbiamo portare tutti alla meta. Questo significa che anche i principi didattici ne risentono.
    Ultima nota (polemica) rifiutare la scuola come bacino di potenziale utenza è come avere bisogno dei tonni e andare a pescarli nel Lago di Garda.

    • Alberto da Giussano 24 Giugno 2015, 08:39

      Aggiungo. Tutti i tornei scolastici dagli 11 ai 13 anni ( 1a,2a,3a media) dovrebbero essere di rugby a 7 sia maschili che femminili.

  54. Andrea B. 24 Giugno 2015, 08:28

    Allora…ricapitolando quanto letto sopra e quanto (poco) visto con i miei occhi, avendo il pargolo in U12:

    – Inghilterra: fino agli 11 anni fanno tag ( secondo me, da questo punto di vista il tag è meglio del touch, perché lo strappare il nastro di stoffa non sarà un placcaggio, ma predispone già di più, come timing e movimento verso l’avversario, del semplice tocco, magari in extremis con la punta delle dita, come nel touch rugby).
    Guardando poi invece le dimensioni del campo della nostra u8 mi pare che sia, proporzionalmente, come rapporto tra lunghezza e larghezza, il più lungo e stretto di tutti i campi di minirugby, quindi propedeutico a fare a cornate e basta.
    – Francia: all’opposto, c’è il contatto, già dall’u10 divisi per ruoli, si calcia, si fanno le touché e le mischie no contest (che poi, indirettamente, a quanto ho visto, la cosa contribuisce a formare anche la capacità di passaggio e movimento: avendo un campo di dimensioni come il nostro, con cinque /sei giocatori assorbiti a fare la mischia o la touche, i restanti devono saper attaccare e difendere il campo molto meno “densi” rispetto ai nostri, quindi lo schieramento e la capacità di passare la palla ne vengono esaltati)
    -Italia: c’è contatto, non ci sono ruoli, non si calcia ( e quando si può, a quanto vedo e sento, la maggior parte degli allenatori non è contenta), siamo nel guado mi pare, né carne, né pesce.

    Soluzioni : a parte la rivoluzione copernicana del passare in massa a fare tag, almeno per la u6 e u8 e lo sbarco nelle palestre scolastiche (tutto quello che può servire ad allargare e migliorare la base è ben accetto), mi accontenterei di vedere più sessioni di allenamenti a rugby touch (l’armamentario per il tag costa 🙂 )…la squadra del mio figliolo è composta per la stragrande maggioranza di mingherlini, quindi, come stile di gioco passano la palla più che fare a legnate, ciononostante la volta che provarono il touch fu imbarazzante.

  55. giangi2 24 Giugno 2015, 09:38

    Mi riallaccio a quanto già scritto da AdG, visto che conosco il mondo del basket e progetti per la scuola ne ho fatti diversi.
    Oltre al Minibasket (versione semplificata e con attrezzi “ridotti” fatti apposta per i bambini, rispetto al basket), da alcuni anni la Federazione ha introdotto l’EasyBasket, specifico per l’attività a scuola. Le regole sono ancora più annacquate (si può palleggiare due volte, basta colpire il ferro per fare un punto) e studiate apposta per superare le “resistenze” sorte più che altro negli ultimi anni: ogni contatto è fallo e il pallone è ancora più leggero rispetto a quello del minibasket. In pratica è un gioco con la palla dove ogni tanto si palleggia, ci si passa il pallone e lo si butta verso il canestro; il vantaggio è che è semplice da insegnare, non è indispensabile che ci sia un istruttore, ma dopo due volte lo può fare anche la maestra, si riduce al minimo il rischio di incidenti (tipicamente i bambini si fanno male alle dita col pallone da basket che è pesante, con il pallone giallo da Easybasket questo problema è superato).
    A questo si può aggiungere che se una società sportiva propone alla scuola un intervento per fare qualche ora del proprio sport difficilmente si sente rispondere con un no, l’importante è che alla scuola si proponga un’attività senza costi. Questo secondo me porta ad alcune conlcusioni basilari:
    – l’attività nelle scuole può essere solo gestita dalle società e con costi a carico delle società, se le federazioni sono brave danno contributi a fronte di attività prestate e certificate dalle scuole stesse;
    – l’attività nelle scuole NON serve ad insegnare uno sport, ma serve solo a fare reclutamento, per portare poi i ragazzi sui campi o nelle palestre al pomeriggio, quindi quello che si fa a scuola deve essere il più possibile semplice, divertente e privo di rischi, per invogliare ragazzi e famiglie a “saperne di più”;
    – l’educazione motoria nelle scuole è una barzelletta e difficilmente la situazione cambierà a breve, meglio rassegnarsi e rimboccarsi le maniche, cercando di superare le lacune che i ragazzi si portano dietro e magari sperare che un insegnante illuminato faccia attività utili, però il problema dell’educazione motoria ce l’hanno tutti gli allenatori di tutti gli sport che hanno a che fare con i bambini, e parte del loro tempo la devono dedicare a una formazione di base (correre/saltare/coordinarsi) che oggi non è più acquisita in autonomia come qualche anno fa;
    – l’insegnamento di uno sport deve procedere (e questo vale per tutti gli sport) “per gradi”, anche nel basket si vedono squadre di bambini di 10 anni allenati come dei senior, magari vincono i campionati di minibasket e poi scompaiono a livello U15;
    – se il livello degli istruttori/allenatori è basso è imprescindibile lavorare prima di tutto su quello, altrimenti se l’attività a scuola genera reclutamento, questo viene sprecato dalla modestia dell’attività fatta nei club, sia a livello di qualità che di quantità (è evidente che non tutti i bambini reclutati diventeranno giocatori, ma aumentare la “massa critica” permette di lavorare meglio e far emergere chi ha qualità, quindi è indispensabile lavorare in modo che rimangano in palestra o sui campi anche quelli che vengono solo perchè ci sono gli amici, o perchè devono fare un po’ di movimento): più tardi si fa selezione e meglio è (e nel rugby potrebbe essere anche il giusto mix tra il touch/tag e il contatto a fare la differenza, perchè dal mio punto di vista non è che c’è da decidere se insegnare una cosa o l’altra, ma semplicemente quando e come mixare le due cose che DEVONO andare assieme).

    • Alberto da Giussano 24 Giugno 2015, 10:42

      Ottimo riassunto. Direi che è proprio così al 100%. Aggiungo che alcuni dirigenti scolastici ( ex direttori scolastici) particolarmente sensibili al tema utilizzano fondi per favorire questi interventi.

  56. thight-head prop 24 Giugno 2015, 10:28

    Sono d’accordo con alcuni di voi ma mi chiedo se ha senso pensare che lo sviluppo del rugby deve passare attraverso la scuola…soprattutto vista la condizione strutturale ed economica di quest’ultima…politicamente è una questione che non verrà mai risolta perché ci sono troppi interessi in ballo…mi concentrerei invece sulle modalità didattiche presenti nelle squadre del “mini” rugby (dall’under 6 all’under 10 intendo)…concordo con l’idea di preparare i bambini non prepararli a fare solo a “capocciate” ma ha ragionare con il pallone in mano introducendo il placcaggio più avanti a tutto beneficio di una preparazione tecnica di base migliore…ma vi chiedo, quante squadre preparano così i propri vivai?

    • Andrea B. 24 Giugno 2015, 15:34

      Teoricamente nessuna, visto che a quanto mi dicono, le direttive della federazione sono altre, almeno fino alla U10 a favore del contatto e del “mischione/contesa della palla” che ne segue…
      Poi anni fa vidi l’U10 della Benetton giocare praticamente già con i ruoli, aprendo il gioco molto etc etc e parlando con un genitore di loro mi disse che era Franco Smith, allora ancora allenatore della Benetton ad aver richiesto che anche nel minirugby “si giocasse a rugby”.

      Dopo aver visto la squadra del mio figliolo provare il touch una volta in allenamento (si era verso la fine dell’anno e gli allenatori variavano un po’ il “menù”, per far rilassare i bambini), parlando con loro dissi che secondo me i bambini potevano imparare molto se si fosse fatta sempre una sessione di touch ad ogni allenamento…la risposta fu “si, hai ragione, ma non ce lo lasciano fare…”

  57. carlo s 24 Giugno 2015, 11:30

    Vorrei fare i complementi a Marco, per il suo articolo, porta sempre degli argomenti interessanti.
    Giusto per confrontarci con gli altri lettori, segnalo che i miei figli che frequentano la primaria di I e II grado (ex elementari e medie) hanno cominciato ha giocare a touch nel corso di questo anno. Alla fine dell’anno scolastico il profe (che peraltro è un ex giocatore di basket) gli ha organizzato un torneo interno.
    Giocavano nelle stesse squadre sia i ragazzi che le ragazze.

    • Alberto da Giussano 24 Giugno 2015, 12:12

      Ot. Visto che la Reyer è fuori, Sassari o Reggio?

      • carlo s 24 Giugno 2015, 12:48

        ADG posto che io rimango sempre tifoso dell’ex Ignis e del ex Benetton Treviso…. fra le due mi ispira più simpatia Reggio. La squadra è molto fresca e gioca un basket molto veloce con grande ritmo. Mi piace di più Reggio anche perchè gli italiani protagonisti sono di più: l’immenso “Cincia” e sopratutto Della Valle e Polonara (davvero un bei talenti).
        I talenti della Dinamo sono tutti americani : Dyson, Logan, Sanders, Brooks.
        Il basket italiano di oggi, con squadre così infarcite di stranieri a me piace poco.

        • Alberto da Giussano 24 Giugno 2015, 12:59

          Faccio molta fatica anch’io a vederlo, infatti quest’anno ho visto Milano in coppa due volte e stop.
          Ma Reggio è molto simpatica anche me. Ha fatto un programma pluriennale serio, fa spese compatibili e pur avendo dietro una famiglia finanziariamente solidissima ( Ferrarini) non fanno pazzie. Io li apprezzo molto dai tempi di Prandi.
          E poi non posso dimenticare i 7 anni passati lì da Mike Mitchell, forse la miglior ala piccola mai arrivata in Italia.

  58. cainerandrea 25 Giugno 2015, 11:09

    Non ho la presunzione di saper risolvere tutti i problemi, in generale: faccio l’insegnante di E.F. da trent’anni, ho allenato nel triathlon, atletica leggera e da circa 13 anni nel rugby. Nei post precedenti e successivi al mio, ho letto molte cose condivisibili ed altre assolutamente inutili; ovvio che un dibattito scritto non può dare grandi frutti, ma ha, al contempo, alcuni punti forti. Sottolineo e ribadisco, magari integrando, il mio opinabile punto di vista:
    – Dal mini rugby in poi, non si fa qualità; con la convinzione che l’obiettivo sia vincere, mentre per me, dovrebbe essere quello di giocare al più alto livello possibile;
    – Le skill, anche in U.20, piuttosto che in seniores, risentono di una vera mancanza di lavoro, dedizione e piacere
    – Se non per situazioni contingenti, il placcaggio (che peraltro è un elemento di base difensivo)non è mai portato per andare a recuperare la palla; cerchiamo i punti di incontro e non quelli di continuità (in attacco) e il 2v1 è spessissimo un optional
    – I nostri giovanissimi e giovani, ma anche buona parte dei seniores è in mano a volontari (un grazie sincero, comunque) che di didattica, metodologia, scienza dell’educazione e di produzione della performance in generale, non sanno niente (e infatti in Galles puntano molto sugli insegnanti di EF)
    – La FIR non si occupa della Scuola se non indirettamente col “Progetto Scuola” che non permetterà mai all’Ente scolastico una vera programmazione/progettazione (il Club fagocita e basta);
    – È assodato e visibile a tutti che non si fa rugby a Scuola, ma è anche vero che ci sono sempre più realtà che si stanno dando da fare in questo senso: io per esempio uso le ore di Gruppo sportivo pomeridiano e negli ultimi 5 anni ho portato un bel gruppo di ragazze (insegno in un liceo artistico) in Coppa Italia e anche in Serie A (e una in nazionale league) ; con i ragazzi sto ripartendo ora ma faccio più fatica (pur avendo sempre allenato i maschi) ma mi dovrò cercare un Club;
    – Nella Scuola, e anche nel Club, manca sostanzialmente l’entusiasmo per progettare e permettere apprendimenti di competenza e alta qualità, proprio perché molti docenti/allenatori danno per scontati molti passaggi metodologici e neuromotori, piuttosto, che noi docenti, pensare più ai voti che alle reali qualità in gioco (ma qui il discorso diventa complicato e poco attinente al rugby)
    – Che piaccia o meno, la Scuola è, e resterà il più grande bacino d’utenza. La FIR può anche fregarsene (e continuerà a farlo perché a Scuola non può disporre e far valere le sue clientele) e dopo il boom di numeri aspettarsi anche un calo (fisiologico); peccato che non faccia neppure qualità
    – In Galles prima viene il campionato scolastico, anche se 7’s per classi, poi c’è il campionato federale. I coach lavorano in stretta sintonia Club/Scuola e i progetti condivisi: c’è una programmazione ………. e 5 milioni di abitanti fanno quello che sappiamo tutti
    – Sul placcaggio: è un argomento molto delicato e allo stesso modo importantissimo, perché “no tackle, no rugby” però attenzione alle fasce d’età: nei giochi di lotta in classe, io ci metto anche il placcaggio (ma i miei più piccoli hanno 14/15 anni). A 6 o 8 anni, soprattutto in città, direi molto meglio il flag o il touch. A 10/12 anni si può intervenire col placcaggio, ma anche qui è necessaria una progressione didattica che risolva o faciliti il problema affettivo
    – Il progetto rugby nella scuola, non potrà mai essere un progetto sportivo, ma un progetto educativo e didattico (e questo è il grande gap del Rugby Club italiano, che non vuole e non sa capire, tolte rare particolarità localistiche ), al Liceo o scuola superiore anche sportivo.
    – A Scuola non si fa neppure EF……vero, purtroppo; spessissimo è così, ma ci sono realtà dove si lavora molto bene, certamente per quel paio d’ore la settimana, poi c’è anche chi integra col Gruppo Sportivo, ma questo è appannaggio di quei Colleghi, e il sottoscritto, che credono ancora di poter dare qualcosa ai loro Studenti (e indirettamente alle Famiglie)
    – Non c’è il campo a scuola o uno spazio verde (in città spesso, ma non è sempre vero) …….: il touch si può fare anche in palestra e poi col gruppo sportivo spostarsi e cercare qualcosa di appropriato
    Termino, sennò non si lascia spazio ad altri: ma se arrivassero, ogni anno scolastico tutte le scuole medie e tutte le scuole superiori, in grado di giocare a touch e per le superiori che sappiano passare, calciare, recuperare la palla alta (magari da calcio) e magari con la curiosità di provare a giocare davvero ? A chi farebbe schifo?

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