“Tanto è acida”. La superata mentalità di una parte dell’Ovalia italiana

Gli All Blacks sono da sempre, nel bene e nel male, un passo davanti a tutti. Noi stiamo a guardare, come la volpe di Esopo

COMMENTI DEI LETTORI
  1. malpensante 8 Agosto 2014, 08:35

    A me pare che il rebbi si sia già “sporcato” anche troppo, ma non era cioccolata.

  2. Joest 8 Agosto 2014, 09:10

    Condivido al 100% l’articolo…. ma ce ne vorebbe un altro che abbatta la falsa convinzione di superiorità morale del rugby italiano che tra fallimenti pilottai, sponsor-presidenti-fornitori, amici del quartierino, azionisti occulti, presidenti “furbetti dello statuto” eccetera…. fa anche peggio del calcio.

  3. Alberto da Giussano 8 Agosto 2014, 09:13

    I tempi che cambiano non riguardano solo il rugby. Tutto lo sport è vissuto e organizzato secondo principi e criteri che per poco più di un secolo sono rimasti invariati e che negli ultimi 20 anno hanno subito una radicale e sostanziale mutazione. Mi riferisco, ovviamente, agli sport olimpici e agli anglosassoni per eccellenza , Rugby e Cricket.
    In realtà eccezioni ci sono: il calcio e lo sport USA.
    In USA i tre sport principali ( Basket, Football e Baseball), da sempre, sono professionistici a tutti i livelli ( alti ingaggi, pubblicità, esposizione mediatica).
    Tornando al rugby, se vuole sopravvivere, ( e per sopravvivere non può fermarsi, ma crescere) e logico e palese che deve stare in questo circuito.
    Il problema vero è che questa spinta, di cui la NZ viene individuata come nazione “faro”, può aver luogo e produrre effetti solo laddove le strutture di base sportive sono presenti e magari anche socialmente rilevanti. Va da sé, che un paese come l’Italia dove questa forte presenza sociale dello sport non c’è il destino è la sofferenza dello sport di vertice, proprio perché lo sport di base non esiste, o meglio, è molto debole.

  4. Stefo 8 Agosto 2014, 09:46

    L’articolo dice cose giuste, il problema di fondo e’ che pero’ per fare quel salto nel professionismo vero servono delle situazioni di partenza che oggi nel rugby italiano non ci sono.
    Per fare quel salto di cui Avesani parla, bisognerebbe prima mettere a posto tutto cio’ che viene prima del professionismo, avere di fatto un movimento che e’ maturo per fare quel salto e “sporcarsi le mani”.

    • Rabbidaniel 8 Agosto 2014, 13:05

      A me pare che in passato ci sono stati vari tentativi di lordarsi gli arti, ma con scarsi risultati e, soprattutto, non duraturi, in quanto, come sottolinei, manca strutturazione. Il rugby italiano non nasce ieri, nemmeno come “professionismo” (ricordiamoci quando da noi venivano Kirwan, Green e soci). Il problema è il tempo perso in tante strade sbagliate che si sono rivelate vicoli ciechi.

  5. pepe carvalho 8 Agosto 2014, 09:51

    Normalmente appretto gli articoli di Avesani ma questo mi sembra sbagli completamente obbiettivo.
    Non credo che il problema sia l’atteggiamento stile Capitolina o il pensiero di molti che vedono nel rugby la “purezza” che non c’è in altri sport.
    Penso che se si vuole parlare di professionismo si debba dire in primo luogo che in italia ci sono due gruppi di prof distinti: celtiche e gli altri.
    Celtiche: professionismo pagato dalla federazione che non programma e non costruisce intorno a se nulla, una cima della piramide senza base, non sono franchigie, sono strani pure come club.
    Eccellenza/serieA: professionismo povero o semipro, con fallimenti a catena, squadre che in tre/quattro anni arrivano dalla B all’eccellenza e quando finiscono i soldi scoppiano, altri che pensano di fare professionismo pagando poco e forse in nero.
    Tutto questo non funziona. Quello che viene fatto in NZ o all’esatto opposto in Argentina è che si costruisce dalle basi e non si parte dall’alto, per altro questa cosa è quella che fa dire a molti che è meglio il dilettantismo.
    Caro Avesani prenditela con i veri professionisti del rugby italico: FIR, Presidenti dei cosiddetti grandi club, Allenatori ex giocatori catapultati ai max livelli in due stagioni. ecc.

    • hyperion 8 Agosto 2014, 11:02

      Parole sacrosante quoto!!!
      Stiamo dicendo tutti la stessa cosa,ne più nè meno,in ogni argomento ed in ogni post la reale situazione è talmente palese che viene sistematicamente ignorata dalla fir,unici depositari della verità assoluta.
      Tutti sordi e ciechi fuorchè per i loro interessi e le loro proposte,alle prossime elezioni rivoluzione copernicana!!!

    • william 8 Agosto 2014, 14:51

      Pepe, hai il nick più bello di tutto il blog

  6. andrease 8 Agosto 2014, 09:52

    si è vero, bisogna guardare avanti. Però permettimi (tanto le mie parole non cambiano di una virgola lo status quo…), il fatto che lo sport in generale stia diventando finto e dopato per il marketing non deve per forza trovarmi d’accordo.
    Anche senza dire “tanto è acida” o “tanto quelli del super rugby sono più dopati”…
    Roberto, ti piace così tanto l’esempio del calcio? buon per te..
    Però evita come la peste di scrivere articoli sull’importanza degli insegnamenti dello sport sui bambini… sarebbe molto ipocrita dopo questa sviolinata al professionismo!

    • andrease 8 Agosto 2014, 10:01

      dimenticavo:
      se da una parte citi SBW come splendido puledro moderno da pubblicità, per onestà dovresti citare anche Pantani (visto che ultimamente ci stanno rispaccando i cabasisi..) come splendido puledro mentalmente disintegrato da quello stesso stupendo marketing che tu vedi come inevitabile strada per assurgere all’olimpo moderno.

    • Stefo 8 Agosto 2014, 10:09

      andrease non vedo come il professionismo sia contrario all’importanza di insegnare uno sport ai bambini, le due cose possono andare insieme, si possono mantenere certi valori educativi e di uno sport nella base e nel giovanile anche in presenza di un alto livello pro…sono due mondi diversi ma uno non esclude l’altro.

      • Alberto da Giussano 8 Agosto 2014, 10:34

        Nella patria dello sport professionistico ( gli USA) l’attività sportiva è distillata ai bambini appena sono in grado di camminare. E non esiste una nazione che le strutture sportive più diffuse,pur essendo la patria dello sport professionistico a più alto livello esistente sul ns. globo!!!!!

        • GiorgioXT 8 Agosto 2014, 11:09

          Non credo tu conosca la situazione USA evidentemente.
          Lo sport è praticamente assente o quasi nella scuola primaria, diventa importante solo dopo.
          La differenza fondamentale è che dai 14 anni in poi se hai delle potenzialità sportive (prima di tutto in ottica NFL+NBA+NHL+Baseball) entri in un percorso scolastico che fa di tutto per aiutarti , sia come studi che per il resto.
          Andare bene a Basket, ma anche in qualsiasi sport olimpico puà voler dire per una famiglia risparmiare decine di migliaia di $ , non le briciole.

          • Alberto da Giussano 8 Agosto 2014, 11:52

            Per tua sfortuna ho un figlio che insegna in una scuola primaria degli USA…. per il resto ti lascio le tue idee e le tue convinzioni.

          • Stefo 8 Agosto 2014, 12:11

            In realta’ non si puo’ generalizzare negli USA, gli USA sono un stato federale e non c’e’ una politica uguale per tutti gli stati ma solo delle linee guida, quello che il Wisconsin magari legifera per le scuola non e’ necessariamente uguale a quello che fa il Colorado er capirci.
            Per quel che riguarda l’attivita’ fisica “obbligatoria” nelle scuole i dati non sono per nulla incoraggianti:

            http://www.usatoday.com/story/news/2013/05/23/physical-education-schools/2351763/

          • Stefo 8 Agosto 2014, 12:13
          • Alberto da Giussano 8 Agosto 2014, 12:20

            L’educazione fisica intesa coma materia d’insegnamento in molte scuole USA non esiste nemmeno. Ma tutte le scuole USA hanno quanto meno una palestra. Molto spesso sono insegnanti di altre materia e/o genitori che organizzano squadra e allenamenti per i ragazzini. Alcuni consigli scolastici all’inizio di ogni anno decidono di prendere un coach esterno per fare una squadra scolastica e partecipare ad un torneo con altre scuole.

          • Stefo 8 Agosto 2014, 12:21

            AdG quello che intendo e’ non si puo’ generallizare negli USA, e’ una questione di come il sistema scolastico e’ organizzato, ci sono scuole che fanno molto, scuole che fanno poco.

      • soa 8 Agosto 2014, 10:36

        Giusto stefo, in teoria i grandi introiti che si sviluppano col professionismo dovrebbero essere dirottati in parte dalla federazione verso la base del movimento. Perchè la federazione è questo che fa, cura le sorti del movimento nel complesso. Qualcuno ha detto Scozia? 20 mln alla base?
        “Hahahaha poveri idioti! Checchinato, Ascione! Avete sentito di quei coglioni che danno 20 mln alla base?”

        • lupo 9 Agosto 2014, 10:12

          🙂 base? ma scherziamo? sai quanti voli in prima classe andata e ritorno per le pacific island ci compri con quei soldi? 🙁

      • malpensante 8 Agosto 2014, 10:50

        Il problema, Stefo, è che qui di sport educativo e formativo ce n’è sempre stato poco e ormai non ce n’è quasi più. Condivido e sottoscrivo, ma è un po’ come spiegare agli eschimesi la differenza tra un’arancia e un mandarino. Sembra facile.

      • hyperion 8 Agosto 2014, 11:15

        Giuste parole @Stefo purtroppo anche la notizia che circolava,non confermata in via ufficiale,di qualche giorno fà,che il ministero della pubblica (d)istruzione vuole togliere l’ora di educazione fisica”….perchè tanto non serve viene considerata ora di ricreazione….” ma come,anzichè imporre un programma serio con magari multidisciplinarietà cancellano l’ora di educazione fisica,con tutte le implicazioni che ne conseguono.
        Sono ridicoli e l’ora di religione dico io? Non è ora buca?

        • andrease 8 Agosto 2014, 11:26

          quindi secondo quei magoni al ministero il liceo sportivo dovrebbe chiamarsi liceo ricreativo… 🙂

      • andrease 8 Agosto 2014, 11:24

        hai perfettamente ragione, e chiedo scusa per essere stato maleinterpretato.
        spiego: dopo tutta ‘sta sviolinata sulle magie sul professionismo, il buon Roberto, ha tralasciato da dove arrivano i professionisti! quindi la mia era una “battuta” sulla sua dimenticanza dell’organizzazione dalla base in sù. Quello che in pratica avete scritto voi…
        @stefo, i 2 mondi sono certamente diversi ma intimamente collegati. Tutti iniziano dalla base, e se la base è buona tanti hanno la chance di diventare professionisti.
        Il rovescio della medaglia è se il professionismo si infiltra troppo nella base (vedi calcio giovanile) creando situazioni deprimenti che di educativo hanno poco.
        Nella mia città la locale squadra di calcio (novara) ha come ormai tutti la sua “accademia” con ragazzini che arrivano da tutta italia. Come tutte le società si assicura la max serietà e senza bei voti si va in tribuna e non si gioca. Si, però mi piacerebbe sapere come hanno fatto a giocare ogni sabato se poi a giugno ci sono stati 25 bocciati su 30…

        • Stefo 8 Agosto 2014, 11:34

          @ andrease, piu’ chiaro ora quello che intendi, verissimo sono mondi diversi ma collegati ed in alcuni caso il “collegamento” puo’ portare storture, si tratta sempre alla fine di come vengono gestite ed organizzate le cose.

          • andrease 8 Agosto 2014, 11:43

            sempremente! 🙂
            ma sarà che siamo latini e non anglosassoni, e quando c’è da organizzare queste cose loro lo fanno per LO SPORT e i soldi, noi per I SOLDI e lo sport…

        • soa 8 Agosto 2014, 11:39

          Evidentemento i ragazzini erano abbastanza intelligenti: chi va male non gioca? Allora andiamo male tutti!

          • andrease 8 Agosto 2014, 11:44

            ahahah la risata è triste ma la battuta è buona! 😀

  7. maz74 8 Agosto 2014, 14:02

    L’articolo è corretto, in Nuova Zelanda possono permettersi di evolvere ed essere sempra davanti, perchè hanno solide basi. Investono parecchio nella formazione, hanno un sistema ben oliato e quasi perfetto, mettono al centro la formazione dei bambini, cercano sempre nuove soluzioni formative ed i risultati si vedono. A tutto questo hanno professionisti del marketing che sanno valorizzare al meglio il loro prodotto.
    La differenza tra la Nuova Zelanda e l’Europa sta anche nello stile di vita, molto più “puro” e non caretterizzato dal dinamismo sfrenato (soldi, belle macchine, successo, media, ecc…).
    Però i numeri sono ben diversi dal calcio, una stella come Carter o Sonny Bill Williams hanno ingaggi di un giocatore medio della Serie A e non certo gli ingaggi milionari di Cristiano Ronaldo, Messi, ecc…., tenendo presente che il paragone Carter – Cristiano Ronaldo a livello sportivo è corretto.

    • soa 8 Agosto 2014, 15:29

      A livello assoluto, carter > ronaldo. Di forti come ronaldo e anche di più forti se ne sono visti, carter nel suo ruolo è nella top 3 di sempre.

    • Joest 10 Agosto 2014, 00:49

      si certo in nuova zelanda, vive i buon selvaggio di Rosseau,,,, ma per piacere.. la barba ne lafaccio col rasoio elettrico

  8. giobart 8 Agosto 2014, 14:28

    La popolarità si crea solo con il professionismo, l’importante è mettere un tetto ed una base.

  9. Sergio Martin 8 Agosto 2014, 15:19

    Il modello del rugbysta professionista per me rimane Jonny Wilkinson. Uno dei più pagati, tra ingaggi e sponsor, ma notoriamente lo sportivo più serio, equilibrato e virtuoso che si conosca. Quando si dice : “Omnia munda mundis”… A quello bisogna guardare e tendere…Il rugby ha in sè la capacitá di conservare l’osservanza dei valori, anche in un mondo di professionisti ben pagati. Purchè, però, il sistema garantisca il funzionamento dei suoi anticorpi, anche con l’esempio dall’alto…

  10. Henry VanDeRugby 8 Agosto 2014, 16:42

    Le prime 10 parole del tuo intervento sono Musica. E della migliore qualita. Quoto. Straquoto, in pratica quotissimo. Daje !

    • Sergio Martin 8 Agosto 2014, 18:56

      Guarda, @Henry, non so perché, ma mi aspettavo di trovarti d’accordo. Ahah! Ma stai a Roma, o sei in ferie? Ciao.

  11. Katmandu 8 Agosto 2014, 18:23

    Il problema non é tanto cosa fanno gli altri, intesi come i neozelandesi o irlandesi inglesi o sudafricani in genere ma cosa facciamo noi per crescere. Questa é la realtà, in Italia, ma pure in altri paesi Romania Georgia e per certi versi Argentina, il rugby si basa sulla nazionale, é una squadra che tiene in piedi il movimento, ora si é deciso oramai quasi 20 anni fa la strada pro, e i frutti si son visti, uno sport più corretto in campo, più competenza nei giocatori, un gioco più veloce, ma anche meno rispetto, meno pane e salame insomma atteggiamenti differenti che lo sport pro non ti può concedere
    Bisogna intraprendere pure noi una strada che porti ad un professionismo sostenibile, con un regolamento “finanziario” che al momento manca come voce capire dove si é e muoversi in avanti, prendendosi tutti i rischi del caso

    • Sergio Martin 8 Agosto 2014, 19:01

      Quoto. E per fare questo occorre un apporto di managerialità e competenze specifiche dello sport professionistico. Non necessariamente provenienti dal rugby…

    • San Isidro 9 Agosto 2014, 03:30

      Kat so che con l’Argentina hai problemi a relazionarti, ma il rugby in Argentina NON si basa per niente sulla nazionale, è tutto il contrario! Il rugby argentino poggia sul forte sistema dei club, in Argentina i Pumas sono la vera espressione del movimento, NON il traino per il movimento! E’ esattamente l’opposto di ciò che accade in Italia! E questo lo dimostra il fatto che magari per i Pumas gli stadi non sono mai pieni al 100%, mentre per una gara di cartello di club ci vanno migliaia e migliaia di persone! Ti ricordi le immagini della finale dell’URBA Top 14 che ti ho postato? Hai visto le migliaia e migliaia di persone, bandiere e tifo? Altro che i 4 gatti di Calvisano-Rovigo…

      • Katmandu 9 Agosto 2014, 08:11

        I soldi li fanno girare i pumas, i progetti di sviluppo li han fatti girare i pumas, in quel senso. Che a livello di club son veri e propri club nessuno lo mette in dubbio e che sian meglio di noialtri nemmeno, ma i soldi li fan girare quelli con la maglia a strisce biancoazzurra, la vera differenza é che quanto a staff dirigenziale sembrano messi meglio

        • Stefo 9 Agosto 2014, 10:39

          kat si e no, l’Argentina a parte ai Mondiali che torneo faceva da far girare soldi?Nessuno, a parte 6 TM all’anno la Nazionale non faceva molta altra attivita’ quindi non portava molti soldi, molti progetti erano finanziati tramite fondi per lo sviluppo IRB, veri progetti base, e son riusciti a svilupparsi negli anni con budget modesti.
          Romania e Georgia anche quanti soldi pensi facciano girare le loro Nazionali?Pochi.

      • mezeena10 9 Agosto 2014, 10:21
        • Katmandu 9 Agosto 2014, 10:46

          stefo e mez avete ragione ma nessuno mette in dubbio le capacità organizzative argentine ma rimane il fatto che i pochi o tanti i soldi per lo sviluppo li ha messi anche l’UAR, se volete parliamo di come li investono gli italiani e priamo una valanga, ma da come so io anche la Romania e la Georgia han pescato bene rispetto ai loro budget e pure gli argentini, diciamocosì Inghilterra Francia hanno un impostrazione differente e il senso del mio post iniziale era dire che noi i soldi non li abbiamo saputi sfruttare, e di peggio non ci siamo dotati di strutture sia di controllo che nemmeno di una struttura manageriale vincente del prodotto rugby va meglio dire così?

          • Stefo 9 Agosto 2014, 10:54

            Intasnto il Timisoara ha appena vinto contro il Constanta nel primo match della pool playoffs 28-16…questo per dovere d’informazione.

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