Il sistema Leinster: viaggio fra gli ingranaggi di una macchina (quasi) perfetta – Seconda parte

Seconda parte della nostra inchiesta per conoscere la realtà Leinster e il suo processo di formazione

COMMENTI DEI LETTORI
  1. Fabfab 23 Agosto 2023, 10:03

    Ottima disamina. Ancora una volta si evince, come si dice dalle mie parti, che “chi ha i vaini (soldi) se la ripassa bene”

    • Fabfab 23 Agosto 2023, 10:31

      Battute a parte, più tardi provo ad argomentare perché questo sistema sia un grosso limite allo sviluppo del rugby, ora mi aspetta la spesa al supermercato 😀

    • Damiano Vezzosi 23 Agosto 2023, 13:49

      La cosa ha sorpreso anche me. Nel senso che

    • Damiano Vezzosi 23 Agosto 2023, 13:53

      Mi ha sorpeso molto scoprire che la IRFU non deve neppure finanziare tutte le scuole. Mi ha detto Lawlor che il finanziamento federale non è una percentuale fissa perché dipende dal budget che la scuola stabilisce per il rugby, comunque è sempre meno della metà del budget totale.

  2. carneade 23 Agosto 2023, 10:35

    Molto diverso anche il concetto di scuola privata fra i due paesi: in genere in Italia si paga la scuola privata per recuperare le bocciature subite nella scuola pubblica; in Irlanda, come in altri paesi, si paga una scuola privata per tradizione familiare e per dare maggiori possibilità future ai figli (non solo nel mondo sportivo).
    Ripeto: in linea generale.

  3. Sparklelight 23 Agosto 2023, 10:38

    Un grazie a Damiano per questi due articoli, la chiusa finale è emblematica e ce la dovremmo ricordare quando affrontiamo queste squadre/nazionali.

  4. Bala Sporca 23 Agosto 2023, 11:00

    Articolo molto interessante. Sarebbe bello che in FIR si analizzassero i vari sistemi delle prime 15 federazioni in ranking. Quello giapponese (alcuni anni fa su On rugby ci fu un bell’articolo ricordo) basato sulle scuole e poi sulle multinazionali locali che si sono fatti i loro club; quello Inglese (che è in affanno ma si basa su una base scolastica impressionante, e ringrazio il cielo sempre di averci passato un anno dentro 30 anni fa..); quello scozzese (che è in disarmo); quello Francese, che grazie a una capillarità professionistica e a stadi pieni, riesce a gestire campionati giovanili di club seguitissimi; quello Argentino, che è frutto di una presenza dei club multisportivi con un senso di appartenenza invidiabile, ma che sta avendo molte polemiche per un livello di cameratismo extra campo; quello gallese anch’esso in difficoltà ma con una base popolare solidissima; quello di SA e NZ anch’esso basato su scuole in forte competizione fra loro. Onestamente quello Australiano non lo conosco. A mio giudizio da noi c’è una mancanza cronica di spazi (con l’eccezione del Veneto e della bassa bresciana), una tendenza elitistica a Milano e Roma che non mi ci ritrovo (con alcuni club “in” che al minirugby chiedono cifre indecenti), una assenza nelle scuole disarmante con sparute eccezioni legate ai club “nuovi” che vanno a cercarsi iscritti..

    • Fabfab 23 Agosto 2023, 12:03

      Tornato dalla spesa al supermercato. Ottimo articolo su Leinster (e, in qualche modo, Irlanda). Come ho scritto sopra, il rugby, a livello mondiale, presenta, grosso modo, due diversi modi di approccio che si potrebbero sintetizzare nel modello irlandese e nel modello francese. Il modello irlandese, che poi è anche inglese, gallese (e qui apro dopo una parentesi), sudafricano, argentino, scozzese e, in parte neozelandese (nel senso che loro attraggono più che altro pacifici) è legato alle scuole elitarie mentre il modello francese a cui noi in parte ci rifacciamo, è basato sui club e sulla capillarità. Questo è il limite dello sviluppo del rugby nel mondo, visto, nella maggior parte delle tier 1, come un movimento elitario giocato prevalentemente da ” figli di papà” a differenza del football o di altri sport che sono invece appannaggio delle classi meno abbienti. E qui arrivo al Galles, in grande crisi proprio per questo motivo. Fino agli anni 70 era uno sport giocato dai minatori con un grandissimo senso di appartenenza e rivalsa nei confronti degli odiati inglesi. Da quando anche in Galles hanno intrapreso la strada dei college esclusivi sta iniziando oggi a mancare il ricambio perché non è più lo sport del “popolo”. Inoltre il calcio promette e consente (a chi ci arriva) cifre che nel rugby pochissimi vedranno (e lo abbiamo visto anche noi con lo sciopero rientrato all’ultimo 6 nazioni e la fuga all’estero dei più bravi). Quindi ci sarebbe da ripensare tutto il sistema per rendere appetibile il rugby a vaste platee di praticanti. Se fosse possibile, da parte della Redazione, fare anche un confronto altrettanto bene articolato sul rugby francese avremmo entrambi i sistemi a cui guardare per trovare quell’italian way di cui si parlava ieri

  5. gian 23 Agosto 2023, 13:48

    Considerando i sistemi scolastici opposti che hanno lati positivi e negativi (entrambi), la grande differenza sembra fatta dai 16 anni in sù, prima del seniores, da una parte un professionismo, soprattutto mentale e di approccio, aiutato da una bella dose di soldini, dall’altra tanta buona volontà e soldi pochi, perché, alla fine, la selezione vera che si fa per la Academy di una sorta di microstato (tra l’altro un’entità esistente da praticamente sempre) parte da 18 normalissime squadre di rugby, che siano scolastiche o club poco cambia, tanto quanto qui da noi si pescano i ragazzi dai vari club.
    certo che pensare a livello nazionale, piuttosto che ad una venticinque realtà (mettiamoci pure qualche club) per formare una squadra, diventa difficile, forse per “copiare” bisognerebbe riesumare una sorta di coppa delle regioni (provincie mi pare troppo espansivo, ma potrebbe essere uno step precedente, magari per categorie inferiori), sai mai che se raggruppi i migliori per un paio di settimane in 20 squadre e gli fai fare un campionato (magari stile WC per cui senza doversi sparare 38 partite) anche in una sola location, non hai un po’ più di visione che fare un tot di centri federali dove vedi sempre i soliti, e ti costa meno

  6. Parvus 23 Agosto 2023, 13:56

    Non possiamo copiare gli irlandesi perché abbiamo strutture scolastiche e soprattutto famigliari completamente diverse, io dico solo che dobbiamo trovare una nostra strada, per così dire una via italiana.

  7. Camoto 23 Agosto 2023, 15:03

    Letta questa secondo parte mi vien solo da pensare Daje Munster!

  8. Pivez 23 Agosto 2023, 17:31

    Grazie mille per l’articolo… Davvero illuminante.
    Un modello assolutamente impensabile in Italia, è come se solo nella provincia del Leinster vi fossero 18 accademie… Ma con 3 squadre complete!
    Mio figlio ha finito a giugno l’esperienza fallimentare dell’accademia della Marca….. 8 mesi di allenamento totalmente inutili senza fare manco un’amichevole.
    Adesso si torna alle accademie nazionali.
    A volte mi chiedo come riusciamo ad essere competitivi fino all’under 20 almeno…. Un miracolo.

  9. Terza Linea 23 Agosto 2023, 18:02

    Alla fine il grosso dei costi se lo sobbarcano le famiglie benestanti della zona, anche se ovviamente va sottolineato che le scuole mettono a disposizione strutture e personale che valgono la spesa e che noi non avremo mai. Comunque in generale sono d’accordo con chi, più sopra, esprime preferenze per il sistema Munster. Preferisco il rugby inclusivo, le élite mi fanno venire l’orticaria a prescindere.

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