Simone Favaro: “Mi piace la sfrontatezza dell’Italia. Nel 2015 gli scozzesi mi provocavano…”

Ho giocato, seguo il rugby da una vita, ho più di 60 anni. Non cambierei il rugby con nessun altro sport al mondo, sono rimasto amico di un sacco di gente eccezionale e ho vissuto alcuni momenti significativi della mia vita in questo ambiente, non sopporto il calcio e tutte le manfrine che girano attorno, però questa storia dello spirito e dei valori del rugby ce la cantiamo e ce la suoniamo solo noi perché ne ho viste cose che voi umani…risse megagalattiche con mandibole e zigomi fratturati dove il giocatore infortunato aspettava la gara di ritorno pe rifarsi con gli interessi, dove nelle ruck succedeva di tutto di più, dove giocatori della squadra in trasferta che avevano picchiato come fabbri senza essere beccati dall’arbitro, a fine partita, fischiati dal pubblico, si abbassavano pantaloncini e mutande mostrando il culo al pubblico in tribuna, dove genitori di bambini si sono picchiati in tribuna (sì, proprio come nel calcio), dove i derby erano caccia all’uomo di cui ci si vanta ancora a distanza di trenta quarant’anni, dove gli allenatori sfanculano l’arbitro (anche recentemente in Top 10), dove ci piace raccontare quella volta che hai tirato un cartone in faccia all’avversario, dove gli arbitri, senza TMO, fanno e disfano come vogliono, dove il bullismo negli spogliatoi è cosa frequente e viene mascherato da goliardia (c’è un caso di pochi anni fa che ha avuto parecchia risonanza e via dicendo. E’ rugby pure questo, ci piaccia o no. Se poi fa parte dello spirito e dei valori, allora mi taccio