Il grande lavoro dietro le quinte degli arbitri internazionali

Lo ha raccontato Nika Amashukeli in una lunga intervista

Arbitri quarti di finale coppe europee

Arbitri – ph. Sebastiano Pessina

Per gli arbitri, è un momento particolare.

Critiche alle loro prestazioni ci sono sempre state e sempre ci saranno, ma da un paio d’anni a questa parte la categoria sembra essere bersaglio di una vera e propria escalation nella portata degli insulti ricevuti, con una recente impennata testimoniata da quanto accaduto a Wayne Barnes nelle scorse settimane e dalla squalifica ricevuta dall’allenatore di Pau Sebastien Picqueronies, 10 settimane per aver intimidito verbalmente e fisicamente il direttore di gara Sam Grove-White al termine della partita dello scorso fine settimana di Challenge Cup.

“Voglio sottolineare la quantità di lavoro che fanno gli arbitri” ha dichiarato Nika Amashukeli, che in una intervista fluviale a Planet Rugby ha raccontato la preparazione e la revisione delle prestazione di tutti gli arbitri coinvolti nei test match dello scorso novembre, andando fin nei dettagli.

“Attualmente è la mia decima settimana consecutiva lontano da casa, in trasferta, e posso assicurare che tutto il mio tempo è assorbito dalla preparazione professionale, sia essa fisica, mentale o tecnica, per le prossime partite da dirigere. Quando ho iniziato mi hanno detto di ‘imparare a star comodo nella scomodità’. Si tratta di una lavoro duro che mi porta via dalla mia famiglia e ben lontano da quelle che credevo fosse la mia zona di comfort, ma sono grato delle opportunità che ho.”

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“Per essere totalmente onesti, noi così come i giocatori, i media e i tifosi, capiamo che il rugby è diventato un gioco complesso, molto tecnico e con tanta pressione in ogni secondo. Quando le partite sono molto competitive per tutti gli 80 minuti diventa semplicemente impossibile essere perfetti in ogni cosa e dobbiamo accettarlo.”

Durante le Autumn Nations Series, gli arbitri hanno lavorato a gruppi di quattro, con un ruolo fisso per il TMO e la rotazione degli altri tre tra direzione della gara e assistenza. Come una squadra, hanno preparato ogni partita studiando accuratamente i principali trend tecnici, le due squadre che andranno ad arbitrare, i rispettivi approcci nelle fasi statiche. Ogni settimana, poi, c’è uno scambio di comunicazioni con l’allenatore della mischia ordinata, dove originano molti dei calci di punizione che vediamo in gara.

“Abbiamo anche il nostro allenatore della mischia ordinata, Alex Corbisiero, un ex pilone sinistro di fama mondiale, che ci prepara alle diverse situazioni e ci rende chiare a livello tecnico le diverse parti della fase ordinata. C’è bisogno di un prima linea che abbia giocato a quel livello, che abbia visto in faccia ciò di cui si tratta per assiterci nell’interpretare una situazione così complessa.”

“Una parte dei tifosi sembra non capire la profondità del dettaglio con cui le nostre performance vengono analizzate dal settore arbitrale – ha raccontato, poi, l’arbitro georgiano – Dopo la partita la maggior parte delle volte abbiamo subito delle annotazioni sulla partita appena conclusa. L’allenatore personale avrà i suoi commenti su quale sia stata la sensazione generale e magari alcuni commenti sulle decisioni più importanti.”

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“Nelle settimane successive abbiamo una serie di call con l’analisi specifica della performance, compresa delle statistiche caricate sul nostro database delle prestazioni arbitrali, AMS. Quindi ti vengono inviate dal tuo revisore alcuni commenti, molto dettagliati: minuto di gioco, accuratezza della decisione, ogni singolo fischio, ogni singola chiamata e un punteggio finale relativo all’accuratezza generale nella prestazione.”

“Se arriviamo al 90% abbiamo centrato il nostro obiettivo minimo, ma generalmente si punta ad arrivare al 94/95% o più. Importante, comunque, è capire che questo punteggio comprende anche le chiamate che non facciamo, quando lasciamo il gioco andare avanti. Infine il processo si chiude con una call insieme alla propria squadra e con il gruppo di World Rugby, dove si ha la possibilità di parlare di cosa è andato bene, cosa avrebbe potuto essere migliore e quali sono i punti sui quali lavorare.”

La speranza, per uno degli arbitri emergenti del movimento internazionale (16 test arbitrati a 29 anni), è che tutto questo faccia trasparire il duro lavoro a cui si sottopongono i professionisti del fischietto: “Mettiamo tutto nel nostro lavoro e ci prepariamo al meglio per contribuire allo spettacolo. La verità è che amiamo il rugby e ci diverte. Siamo perfetti? Probabilmente no, ma facciamo del nostro meglio per essere la miglior versione possibile di noi stessi, e questo è tutto quello che si può chiedere.”

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