Diciotto mesi senza giocare sarebbero un colpo gigantesco alla palla ovale, non solo in Italia. Le idee per ricominciare arrivano dall’Inghilterra
Adattarsi per non morire: il rugby di base si piega al presente
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il rugby di base in Itali avrebbe solamente bisogno di considerazione e coinvolgimento. Si è passato il primo lockdown a non fare assolutamente niente in termini di formazione, visibilità o semplici discussioni tra appassionati ed addetti ai lavori. Tutto il resto del mondo è stato in continuo fermento, dal Canada passando all Argentina, dove la UAR proponeva agli allenatori un webinar al giorno sugli argomenti più vari possibili inerenti al mondo del rugby. Hanno persino lanciato un programma, UAR 2030, per discutere su quello che sarà il loro futuro. Noi invece siamo rimasti fermi immobili, qualcuno ha fatto qualcosa ma troppo poco per una federazione che ambisce ad essere una tier 1
Purtroppo in futuro si noterà un buco sostanzioso relativo a questo periodo, sopratutto nelle categorie giovanili, impossibilitate a misurarsi nelle peculiarità di questo sport, agonismo e contatto, è come per la scuola, sopratutto per i più piccoli, parlo delle elementari e della prima/seconda media, la pseudo didattica a distanza ha fatto dei danni pazzeschi, ci credo che non vogliono rinchiudere le scuole e sono bastati 3 mesi… Figuriamoci in 18! Tutta sta storia la scontiamo nei prossimi 15 anni, a tutti i livelli della società e dell’economia… Speriamo solo che la visione di una luce in fondo al tunnel, dia uno scossone epocale, perché qui ci stiamo perdendo una generazione di ragazzi e io me la vivo in.prima persona
che senso ha snaturare un gioco per adattarsi alle circostanze? esiste già la versione con meno contatto, il touch.