L’ultima barzelletta del rugby italiano

L’opinionista del Times Stuart Barnes chiede l’esclusione dell’Italrugby dal Sei Nazioni e tra gli appassonati c’è chi esulta

Nazionale Italiana Rugby ©sS. Pessina

Nazionale Italiana Rugby ©sS. Pessina

Ci sono un opinionista inglese, un giornalista italiano e un manipolo di appassionati di rugby…detto così sembra proprio l’inizio di una barzelletta, purtroppo invece è una vicenda accaduta ieri che proviamo a riassumervi.

L’opinionista in questione è Stuart Barnes – ex giocatore inglese degli anni ‘80 e ’90 che vanta anche 10 presenze con il XV della rosa – attualmente commentatore per Sky Sports UK e autore anche di una rubrica sul prestigioso quotidiano The Times. Forse per la noia dovuta al (tardivo) lockdown che vige nel Regno Unito, forse per la mancanza di argomenti interessanti a causa di questo periodo di inattività sui campi, Barnes nella puntata quotidiana della sua rubrica decide di trattare (e non è la sua prima volta) un tema nuovo e di stretta attualità iniziando il suo pezzo con un “è ora di escludere l’Italia dal Sei Nazioni”. Da lì in poi solita serie di stucchevoli considerazioni sui risultati degli Azzurri in questi 20 anni per giustificare il fatto che l’Italia faccia parte del torneo solo per ragioni economiche e perché gioca nella soleggiata Roma.

Che se, ripetiamo se, fosse anche vero fa comunque sorgere spontanea la domanda su quale sia il pianeta in cui viva Stuart Barnes. In primis perché in un momento in cui il mondo del rugby (e quello inglese non fa eccezione) sta rischiando di collassare è evidente che la cosa più sbagliata che si possa fare è pensare di cambiare il format del Torneo che sostiene tutte le Federazioni, che ha più seguito in assoluto e che promuove il rugby come nessun altro.

Con chi vorrebbe sostituire l’Italia – visto che attualmente ma anche potenzialmente non c’è nazionale che possa garantire sul campo e fuori risultati migliori – non è dato saperlo (cita perfino la Germania oltre alla solita Georgia e alla Romania con cui dovremmo giocarci il posto), ma non è questo tema obsoleto che ci interessa trattare.

Anche perché le bizzarie non finiscono qui: secondo Barnes infatti, l’estromissione dal Sei Nazioni potrebbe essere anche il bene dell’Italia. Questo sulla base del paragone con l’esclusione del 1931 della Francia che, quando fu poi riammessa, si dimostrò ben più competitiva. Episodio che avvenne, parole sue, “un secolo fa”. Insomma circa sessant’anni prima che lo il rugby conoscesse il professionismo. Come potrebbe l’Italia avvantaggiarsi e colmare il gap con le altre grandi avendo forse meno un terzo delle risorse attuali? Non occorre essere un manager per capire che il sistema imploderebbe economicamente e organizzativamente dal vertice alla base.

Accade poi che Repubblica, dopo oltre un mese che non dedicava un pezzo al rugby – argomento che nel periodo extra-Six Nations e RWC cade spesso nell’oblio come su molti media – pubblichi sul proprio sito un articolo, dall’attraente titolo “Rugby, dall’Inghilterra: è ora di escludere l’Italia dal Sei Nazioni”, composto dalla trasposizione in italiano della personalissima opinione espressa da Stuart Barnes con l’aggiunta però di questa chiosa: “Che gli organizzatori del prestigioso torneo stiano pensando di passare dalle parole ai fatti?”

Cosa che nessuno del Board del Sei Nazioni si è mai sognato di dire e anzi stando alle dichiarazioni dello scorso giugno di Bill Sweeney, CEO della federazione inglese, non è assolutamente praticabile.

Succede infine, e questa è la cosa più incredibile della vicenda, che qualche illuminato appassionato condivida sui social, esultante, l’articolo di Repubblica come se la risoluzione dei problemi di competitività del rugby italiano passasse dall’implosione del nostro movimento. Facendo sembrare un dilettante anche uno dei personaggi più celebri partoriti dalla fantasia di Aldo, Giovanni e Giacomo.

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