Benetton: i 3 migliori stranieri in epoca celtica – i trequarti

Quali sono stati gli acquisti stranieri rivelatisi più determinanti dell’era celtica?

benetton rugby duvenage

ph. Ettore Griffoni

C’era una volta un rugby italiano che, nel selvaggio momento intermedio di passaggio fra dilettantismo e professionismo, poteva mettere sul piatto preziosi denari e attirare dagli antipodi alcuni fra i migliori giocatori del mondo ovale.

Una potenza economica, quella degli anni Novanta, che si è andata disgregando tanto per motivi endogeni quanto per il radicale cambiamento di contesto del mondo sportivo e non. Nel corso degli anni Duemila, le squadra italiane non hanno comunque smesso di attingere dall’estero per irrobustire le proprie fila. Alle volte cercando nomi importanti in grado di fare da chioccia e lasciare qualcosa del loro passaggio, altre sperando di pescare il diamante grezzo da portare alla luce. I risultati sono stati altalenanti, sia nel mondo pre-rivoluzione celtica che dopo il passaggio di Benetton e Aironi (Zebre poi) alla competizione con le franchigie irlandesi, gallesi, scozzesi e adesso sudafricane.

Abbiamo provato a fare un breve elenco dei migliori giocatori arrivati dall’estero per militare nelle due franchigie italiane. Fra i candidati abbiamo considerato anche coloro che poi sono stati equiparati e hanno rappresentato la nazionale italiana a livello internazionale, a condizione che abbiano partecipato all’avventura celtica. Abbiamo estratto tre nomi per reparto per ognuna delle due squadre: iniziamo dai trequarti del Benetton Rugby.

Dewaldt Duvenage
Non è successo spesso, negli ultimi vent’anni, che in Italia approdasse un giocatore il cui nome era già conosciuto e, fatto salvo forse Brendon Leonard in quel di Parma, non necessariamente le cose sono sempre andate per il meglio.

Forse ancora meglio del previsto è andata a Dewaldt Otto Duvenage da Città del Capo, Sudafrica. Una carriera passata fra Western Province e Stormers, fra Currie Cup e Super Rugby, prima di una parentesi europea che lo ha visto militare per tre anni a Perpignan, peraltro negli anni sfortunati del club catalano, quelli della retrocessione in ProD2, gli stessi in cui ha incontrato per la prima volta Tommaso Allan e Tommaso Benvenuti, anche loro in maglia sang et or. 

“Voglio aiutare la squadra, ho disputato più di 90 gare in Super Rugby, circa 80 in Currie Cup ed altrettante in Europa. Ho vissuto tantissime situazioni di gioco e sento di poter trasmettere tanto ai miei compagni” disse appena arrivato a Treviso. Ed è quello che sembra essere accaduto: oltre alla stima per quanto combina sul campo, Duvenage si è conquistato l’apprezzamento dei compagni anche fuori dal rettangolo di gioco. In appena due stagioni è diventato il faro della squadra da un punto di vista tecnico e tattico, tanto che la sua assenza ha un visibile impatto sulle prestazioni dei Leoni, ma anche in termini di leadership.

E’ proprio questo il punto: oltre al QI ovale, alla pulizia del passaggio e alla precisione del gioco al piede, a tutti gli altri attributi che gli si riconoscono, la grande dote di Duvenage è quella di migliorare i giocatori intorno a lui, esaltando le prestazioni di chi gioca al suo fianco, siano gli avanti che dirige in giro per il terreno di gioco che il compagno di mediana e gli altri giocatori della linea arretrata. Ce lo godremo almeno fino al 2022.

Monty Ioane
Uno così ti cambia la vita: e a Treviso dove di giocatori sono abituati a vederne tanti l’hanno capito praticamente subito. L’arrivo di Mony Ioane nel novembre 2017 non è passato inosservato. Essere il nipote del fortissimo Digby Ioane poteva rappresentare un motivo di pressione? Non per l’australiano. Un’ala perfetta per il sistema del Benetton Rugby di Kieran Crowley: del triangolo allargato, composto spesso con “l’opposto” (mutuando un termine pallavolistico) Ratuva Tavuyara e un estremo, è diventato l’arma letale per le avanzate dei veneti.
Uno score di otto mete nel primo “mezzo anno” di Pro14, poi sei realizzazioni nella seconda stagione – che ai Leoni è valsa la partecipazione ai playoff – e due marcature pesanti in questo scorcio di annata: per un totale di 16 segnature e 80 punti in 38 partite del torneo celtico, a cui si aggiungono quattordici presenze nelle coppe europee (Challenge e Champions Cup).
E’ il prototipo del trequarti moderno ed evoluto che ha imparato a modificare il suo stile di gioco nel passaggio fra Emisfero Sud ed Emisfero Nord e questo ne fa sempre di più una pedina fondamentale: non si tira indietro quando c’è da difendere (grazie alla comprensione tattica sviluppata in questa area del gioco), va a cercarsi il lavoro anche in mezzo al campo, e sulla linea laterale (come si può vedere nella metà realizzata ai Kings partendo dal minuto 4:32 nel video qui sotto) sa sprigionare velocità e potenza addizionandole, quando serve, a doti funamboliche di slalom.

Il suo impatto è stato talmente importante che in Ghirada gli hanno rinnovato il contratto sino al 2022, aprendo contestualmente una possibilità da equiparato in maglia azzurra, con cui diventerebbe eleggibile a livello internazionale dal novembre 2020. Il board del Pro14 lo ha già premiato due volte inserendolo sia nella formazione ideale del 2018/2019 sia nel XV statistico della Conference B del 2019/2020.
Una forza della natura che sa far valere il suo “peso specifico” nella partite, anche quando non è presente nel tabellino del marcatori. I rating stagionali lo vedono infatti al quarto posto nella graduatoria che riguarda i difensori battuti (36), mentre è in quinta piazza per quanto riguarda i clean break (14). A questo poi per avere un quadro ulteriormente approfondito della situazione vanno addizionati i 457 metri complessivi guadagnati, che ne certificano la “totalità” del suo gioco offensivo.
Lasciandosi invece trasportare dalle emozioni si può tranquillamente dire che vederlo accelerare è uno spettacolo per gli occhi: a Monigo si fiuta che quando la palla viene recapitata nelle sue mani stia per succedere qualcosa di importante. Una locomotiva lanciata su un binario ideale, come quello della riga laterale, dove al capolinea c’è ad attenderlo una bandierina e la soddisfazione della meta.
Essere un beniamino del pubblico può essere a volte un fardello importante da portare sulle proprie spalle, ma Monty Ioane questo l’ha saputo trasformare in carica, motivazione e – per certi versi – gioia. La maglia biancoverde del Benetton Rugby sembra un vestito cucitogli addosso da un sarto ovale che gli ha fatto trovare ad oggi il suo posto nel mondo.

Brendan Williams
Galeotti furono i Giochi del Commonwealth del 1998: chissà se non avesse vestito la maglia della Nazionale australiana a 7 in quell’occasione, come sarebbe stato vedere Brendan Williams con la divisa azzurra della nostra Nazionale. Perché sicuramente di questo si sta parlando: Dingo, come veniva chiamato, è stato senza dubbio uno dei più forti giocatori ad aver militato in Italia, prima con la maglia del Petrarca e soprattutto poi con quella del Benetton. Trequarti elettrico, capace di aprirsi spazi dove nessun altro sarebbe in grado di vederli, abile in difesa e più che mai decisivo.

Brendan Williams si fa conoscere nelle file del Randwick, uno dei club più prestigiosi dell’area di Syndey, dove nel 1998 a 20 anni viene eletto “Rookie dell’anno”. Quel folletto di origine aborigena intriga Vittorio Munari, ai tempi direttore sportivo del Petrarca Padova, che lo porta in Italia. Il suo impatto con la vecchia Serie A è semplicemente devastante: nella stagione 1999/2000 segna 22 mete, miglior marcatore della stagione, e mostra i segni del predestinato. L’anno seguente però decide di tornare a casa per la chiamata della vita, quella dei Warathas. Lo vogliono nel Super12, e lui non può rifiutare, ma in quel campionato “dingo” si vedrà poco. 8 presenze e una meta, tanti allenamenti saltati, si dice sia colpa di una relazione d’amore finita male ma al contempo si fa notare anche per un carattere fumantino e qualche birretta di troppo. Il Petrarca allora colse la nuova occasione al balzo, e lo riportò subito in Veneto, dove diede spettacolo un’altra volta prima di trasferirsi nel 2002 a Treviso. Se possibile in maglia biancoverde diventò ancora più imprendibile e devastante che mai, segnando a raffica e vincendo (fino al 2010) qualcosa come 6 Scudetti in 8 stagioni. Non basta? Che dire del fatto che, per sette volte consecutive è stato il miglior realizzatore di mete del campionato italiano, sei delle quali in solitaria? Semplicemente “dingo”, un punto cardinale della linea d’attacco trevigiana, nella quale ha ricoperto soprattutto i ruoli di estremo e ala. In mezzo ha vissuto una seconda avventura con la Nazionale seven australiana, partecipando ai Giochi del Commonwealth 2006, tanto (purtroppo) la possibilità di vestire l’azzurro era sfumata da tempo. Con l’ingresso nell’allora Pro12, stagione 2010/11, Treviso cambiò il suo habitat naturale, passando alla più competitiva lega celtica, e sin dalla stagione d’esordio Brendan Williams si fece conoscere terrorizzando le difese avversarie con i suoi imprendibili slalom: c’è la sua firma nello storico primo successo celtico contro gli Scarlets all’esordio, e soprattutto contro Leinster e Munster, le due corazzate che a Monigo conoscono l’acre sapore della sconfitta.

Nella sintesi video qui proposta gli highlights della sfida contro i Dragons del 1 novembre 2011, gara nella quale Brendan Williams ha raggiunto le 200 presenze in maglia biancoverde:

All’inizio della stagione successiva, a 32 anni, raggiunse anche le 200 presenze con la maglia dei Leoni, sciorinando una grande partita dietro l’altra e venendo sempre accolto da Monigo come un idolo. In tutto questo grande percorso ha avuto il suo ruolo anche la moglie Nathalie, ricordata sulla scarpa sinistra di Dingo, mentre sulla destra c’era il tributo alla figlia Chanel, che ha tra l’altro militato nelle giovanili del Benetton. Con il passare delle stagioni arriva anche l’ora del suo addio, un momento che Monigo non avrebbe mai voluto vedere, ma che è logicamente andato in scena: il 2 maggio 2014 la Benetton perde 38-16 in casa contro i Glasgow Warriors, ma soprattutto i tifosi biancoverdi hanno modo di vedere Dingo per l’ultima volta. Nel frattempo le presenze erano diventate 250, le mete sempre di più, e l’amore dei suoi tifosi ormai incondizionato. Quella indimenticabile ultima volta fu celebrata a “dovere”, poi per Brendan Williams si aprì una strada diversa, che lo portò nella natia Australia ad allenare bambini, come lui, aborigeni. Indimenticato e indimenticabile, questo è stato Brendan Williams, eroe dei Leoni tra il 2002 e il 2014.

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