Sei Nazioni 2018: tre ragioni per credere alla vittoria dell’Italia sulla Francia (e viceversa)

Guida e controguida alla sfida azzurra a dei Bleus in difficoltà in vista del match di venerdì a Marsiglia

ph. Sebastiano Pressina

Venerdì sera l’Italia sarà di scena allo Stade Velodrome di Marsiglia per la terza giornata del Sei Nazioni 2018. Una sfida, quella valevole per il Trofeo Garibaldi, ben più complessa di quello che sembra.

Si tratta delle due squadre evidentemente più in difficoltà del torneo: l’Italia affronta limiti strutturali che abbiamo imparato a conoscere, mentre la Francia attraversa una crisi generazionale dovuta a diverse ragioni, fra ricambio dei giocatori, un’identità incerta e uno spogliatoio poco sereno.

L’Italia si trova nella classica situazione vissuta tante altre volte: siamo alla vigilia di quella che forse è la sfida più abbordabile del Sei Nazioni e, sotto la coltre di pessimismo che dopo la sconfitta con l’Irlanda ha investito il pubblico ovale azzurro, c’è la malcelata speranza che possa essere la volta giusta per togliersi uno sfizio troppo raro. Una situazione, questa, che spesso ha tradito le aspettative, regalandoci cocenti sconfitte e prestazioni deludenti.

Sicuramente è un appuntamento particolare per tutti: si gioca per la prima volta il Sei Nazioni a Marsiglia, ci sarà l’atmosfera delle grandi occasioni e la possibilità di brillare su un palcoscenico ancor più in vista del solito. Un’aria rarefatta, quella di questi incontri, che ci fa pensare che ci siano tanti motivi per essere ottimisti, ma pure altrettanti per non esserlo. Ne abbiamo scelti sei, tre per credere alla vittoria degli Azzurri e tre per essere i soliti, impenitenti pessimisti.

Tre motivi per crederci

1) Un attacco migliore del solito

Rispetto allo scorso anno, l’Italia ha sviluppato un sistema offensivo più variegato, che non si ferma soltanto alle maul o alle devastanti incursioni di Campagnaro (sigh!). I princìpi del gioco azzurro ruotano attorno alla conservazione del possesso e ad un suo utilizzo proattivo, con l’obiettivo di stringere il più possibile la difesa per poi attaccarla sulla porzione aperta di campo.

Come abbiamo già scritto su queste pagine, si tratta di un impianto strategico che ricalca quello del Benetton Treviso visto nei mesi scorsi, in cui avanti e trequarti hanno ruoli piuttosto definiti e la mediana è dedita soprattutto alla distribuzione, viste le caratteristiche dei singoli e il piano di gioco.

Ciò non vuol dire che Allan, pur non attaccando in prima persona la linea, si stia dimostrando prevedibile e monotono nelle scelte, perché l’italo-scozzese alterna bene aperture più profonde e passaggi più piatti a tagliare fuori 3-4 difensori avversari.

In più, il tasso tecnico all’interno della rosa sembra essere aumentato rispetto al recente passato, non solo per le qualità individuali nel trattare il pallone (che consentono gli avanti di non andare per forza a fare gli autoscontri) ma anche per la maggiore cura in dettagli quali fissare l’avversario prima di scaricare e offrire linee di corsa più intelligenti. E poi c’è Minozzi, unico in grado di accelerare e dare un cambio di passo per creare occasioni dal nulla.

Non tutti i problemi sono scomparsi, naturalmente, perché l’Italia talvolta fa fatica a dare continuità alla manovra: lentezza nei sostegni, posizionamenti errati, gestione dei punti d’incontro e impatto fisico non sempre adeguato al livello sono i freni inibitori principali per gli Azzurri, a cui dovranno cercare di sopperire con idee e allargamenti rapidi su una trequarti che, perlomeno in attacco, non ha funzionato male finora

2) La Francia è una polveriera

Pur considerando i progressi compiuti da Parisse&co. in fase offensiva, i problemi interni al gruppo francese potrebbero essere la reale marcia in più per l’Italia a Marsiglia. Jacques Brunel ha preferito non passare sopra all’uscita serale non autorizzata di nove giocatori a Edimburgo, escludendo dalla Nazionale diversi giocatori e cambiando un po’ inevitabilmente gerarchie ed equilibri della propria nazionale.

Degli epurati, ben cinque infatti erano tra i 23 scesi in campo contro la Scozia: Thomas, Lamerat e Iturria dal primo minuto, Picamoles e Belleau dalla panchina. Thomas e Iturria, in particolare, erano stati tra i migliori a Murrayfield in una partita scandita soprattutto da pregi e difetti dei Dark Blues, e che lentamente è scivolata via dalle mani degli uomini di Brunel.

Per l’ex CT dell’Italia la settimana di riposo è arrivata forse nel momento migliore visti gli strascichi della trasferta scozzese, ma l’apertura di un’inchiesta interna da parte della Federazione non sembra rappresentare il preludio più armonioso per approcciare una sfida da non sbagliare. Brunel avrà il delicato compito di compattare il gruppo e renderlo impermeabile alle pressioni esterne (la stampa francese non è esattamente tenera) e agli stessi mugugni interni, per poter lavorare sul campo e concentrarsi su come battere gli Azzurri. Una vittoria servirebbe come il pane ai Bleus, che escono a testa bassa da un terreno di gioco dallo scorso 18 marzo, quando batterono il Galles in un cotnroverso finale di partita.

3) La Francia non gioca bene

Anzi, gioca abbastanza male. La manovra offensiva dell’Italia si è spesso dimostrata più dinamica e coinvolgente rispetto a quella francese, che complice anche il poco tempo avuto a disposizione da Brunel non ha potuto imbastire schemi di straordinaria complessità. E con i rimescolamenti avvenuti nella scorsa settimana, è difficile che possano arrivare per la partita di venerdì.

Per di più, i transalpini si sono affidati prevalentemente a iniziative individuali per scardinare le difese avversarie, tant’è che le tre mete segnate finora nel torneo sono tutte frutto di giocate personali di Teddy Thomas. Senza l’ala del Racing, Brunel perde la sua arma offensiva più pericolosa, che avrebbe potuto diventare facilmente l’incubo di Bellini e Boni in un canale già parecchio esplorato da Inghilterra e Irlanda.

La Francia si affiderà soprattutto ai suoi avanti, in media più grossi e muscolosi di quello azzurro, ma sventaglierà solo se strettamente necessario e senza eccessivi ghirigori, almeno stando alle indicazioni arrivate contro Irlanda e Scozia. Le occasioni per vedere all’opera l’attacco transalpino, inoltre, sono state ben poche, visto che tra le due sfide affrontate sin qui i Bleus hanno una media del 37,5% di possesso palla, a testimonianza delle difficoltà nello sviluppo del gioco. Non aiutano i tanti cambiamenti in cabina di regia, che hanno riportato addirittura Beauxis a indossare nuovamente la maglia numero 10 francese a distanza di sei anni dall’ultima volta.

I transalpini, insomma, hanno passato la maggior parte del loro tempo a difendere, placcando 96 volte in più rispetto agli Azzurri (sbagliando molto meno, c’è da dire) e di conseguenza segnando appena cinque punti più degli Azzurri. E al Vélodrome mancheranno ben 15 dei 39 punti marcati.

Tre motivi per non crederci

1) L’Italia soffre le squadre fisiche

La nuova Francia di Jacques Brunel è una squadra semplice. L’ex tecnico degli Azzurri ha dato priorità a costruire una difesa coriacea che ha già fatto sudare non poco attacchi di livello come quelli di Irlanda e Scozia. La Francia e l’Inghilterra sono le uniche squadre ad aver subito appena due mete in due giornate e i galletti sono sempre arrivati alla fine della partita attaccati nel punteggio.

In attacco la squadra ha fatto pace con l’estinzione del french flair e lo smarrimento del proprio DNA storico, almeno per il momento sono caratteristiche su cui Brunel lavorerà in futuro. In fase di possesso i giocatori si rifugiano in quello che sanno fare meglio, e che fanno ogni settimana con le proprie squadre di Top 14: caricare a testa bassa la linea in una massacrante sfida fisica individuale, sopravanzando gli avversari per consunzione.

L’Italia ha già dimostrato di essere in estrema difficoltà contro squadre che la sfidano testa a testa dal punto di vista della forza brutale. Già la settimana scorsa l’Irlanda, altra squadra che ama le cariche frontali, ha mostrato tutte le debolezze dell’Italia quando i giocatori sono costretti a prendersi un maggiore carico di responsabilità difensive individuali. La difesa azzurra funziona al meglio quando tutti i componenti riescono ad aiutarsi a vicenda, vicini tra loro, moltiplicando lo sforzo collettivo.

Nel peggiore degli scenari possibili, l’Italia faticherà ad ottenere il possesso del pallone a Marsiglia, magari andando in difficoltà conto la possente mischia chiusa francese, lasciando così ai Bleus la possibilità di martellare la linea difensiva azzurra con continuità, esaltando i punti deboli messi in mostra dalla Nazionale nelle sue due prime uscite: una situazione che prevedibilmente lascerebbe ben poco spazio ai nostri per raggiungere un risultato positivo.

2) La differenza di qualità c’è

E’ inutile nascondersi: nonostante la rinuncia a giocatori di classe come Thomas, Picamoles, Lamerat e Belleau, la Francia ha una qualità diffusa nella propria rosa indubbiamente superiore a quella che c’è tra le fila italiane. Giocatori che militano nelle migliori squadre del Top 14 e sono abituati a palcoscenici importanti e ad un contesto di livello superiore rispetto agli Azzurri. Quest’anno nelle coppe europee, per capire di cosa stiamo parlando, sette squadre sulle sedici che sono accedute ai quarti di finale sono francesi, di cui quattro su otto in Champions Cup. Nelle sei partite che hanno visto di fronte Treviso e Zebre contro squadre francesi l’unico successo è stato quello degli zebrati in casa contro Agen.

Insomma, la Francia potrà anche essere caduta in basso. I recenti risultati la hanno portata al decimo posto del ranking mondiale, la squadra del Sei Nazioni più vicina alla posizione dell’Italia, quattordicesima. Nonostante ciò il divario tra una squadra della top 10 mondiale e una al di fuori è tangibile: nel 2017 il pareggio fra Francia e Giappone e la vittoria dell’Italia con le Figi sono stati gli unici risultati positivi di una squadra fuori dal top 10 mondiale contro qualcuno che invece fa parte del club. D’altronde, un motivo per essere nelle prime dieci squadre al mondo c’è.

3) Con le spalle al muro, la Francia reagisce

Incostanza. Una parola che senza dubbio ha simboleggiato una delle caratteristiche della squadra nazionale francese nel recente passato. Ma i francesi sono una squadra che, per tradizione, ha sempre patito maggiormente le situazioni dove arrivava da strafavorita.

Ricordate la vittoria del 2011? La Francia campione in carica arrivava a Roma con la certezza di una vittoria facile. “Vacanze romane” titolò notoriamente L’Equipe quel giorno, nel quale poi l’Italia vinse 22 a 21 grazie ad una straordinaria prestazione dei propri atleti, ma anche la superficialità e la mancanza di applicazione degli avversari, che passarono la partita ad accumulare errori tecnici.

Al contrario quello stesso anno la Francia fu capace di condurre una cavalcata gloriosa fino alla finale della Rugby World Cup, persa poi per un solo punto contro gli All Blacks. I Bleus riuscirono nell’impresa in una situazione di estrema pressione, con il coach Marc Lievremont già dimissionario prima dell’inizio del torneo e la squadra criticata aspramente dai media.

Nel frattempo sono passati 7 anni e sono pochi i giocatori rimasti tra le fila della nazionale francese. Nell’attuale rosa solo François Thrin-Duc era presente allora, ma si tratta di caratteristiche tradizionali che si trasmettono di generazione in generazione, come questa squadra, nonostante le due sconfitte con Irlanda e Scozia, ha già avuto modo di dimostrare. Dopo mesi di critiche, con la pressione della stampa al massimo e un clima non proprio sereno nello spogliatoio, la voglia di reagire dei giocatori è palpabile, e l’opportunità di farlo a Marsiglia è davvero golosa. Siamo nel mirino.

 

Daniele Pansardi
Lorenzo Calamai

 

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