Italrugby verso il Sei Nazioni 2017: il filo rosso che da novembre guarda al futuro

Dalle convocazioni un chiaro segnale di gioco e di nomi. In attesa degli infortunati

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ph. Sebastiano Pessina

Continuità doveva essere e continuità è stata. Le convocazioni di coach O’Shea in vista del Sei Nazioni 2017 indicano che il tecnico irlandese ha già identificato un gruppo di giocatori con i quali lavorare nel quadriennio che ci porta alla Rugby World Cup 2019. E dopo il tour conoscitivo di giugno nelle Americhe e la continuità data nei tre Test Match di novembre, è arrivato il momento del primo vero banco di prova per Parisse e compagni, attesi da un Sei Nazioni terribilmente difficile ma dal quale, risultati a parte, sarà fondamentale uscire con più luci che ombre in vista del proseguo del cammino con il nuovo staff tecnico.

 

La grande novità per quanto riguarda il pack di mischia è l’ingresso di Federico Ruzza. Classe 1994 e inserito nel comunicato stampa tra le seconde linee ma più volte visto in campo con la maglia delle Zebre sia a flanker che a numero otto, Ruzza ha fatto il suo rientro in campo in occasione del derby celtico di andata dopo essere stato fermo per infortunio. La convocazione è più che meritata, sia per la capacità di ricoprire entrambi i reparti del pack che per le prestazioni fin qui offerte: un giocatore che fa lavoro sporco e non tira mai indietro. Uno di quelli insomma che piacciono a coach O’Shea. Il primo cap internazionale potrebbe arrivare o meno (vero che il reparto ha salutato Geldenhuys, ma Fuser è in forma e Van Schalkwyk permette di mettere quantità e mobilità in una pedina sola), ma intanto la chiamata rende merito a quanto di buono fatto vedere con la maglia bianconera. Bene il rientro di Mbandà, che ha fatto il suo ritorno in campo pochi giorni fa contro Leinster dopo l’infortunio riportato contro gli All Blacks e che eventualmente ha un paio di weekend a disposizione per mettere minuti (ma più facilmente lo vedremo a torneo in corso, anche alla luce della buona condizione di Barbini). In prima linea non c’è Simone Ferrari, infortunato, e questo è un grandissimo peccato. Dopo il buonissimo novembre, trovare continuità anche in campo internazionale sarebbe stato importante.

 

In mediana erano sei giocatori a contendersi cinque maglie e come logica suggeriva è rimasto fuori Tito Tebaldi. Per il quale le porte non sono certe chiuse (lo ha detto lo stesso O’Shea), ma intanto l’ex numero nove resterà a Treviso in due mesi che, non dimentichiamolo, sono molto importanti anche per le franchigie. L’intesa con McKinley funziona ed entrambi troveranno minuti importanti durante gli affollati mesi di febbraio e marzo. Senza contare che, in caso di convocazione dell’ex Ospreys e Harlequins, a Monigo non sarebbe rimasto nemmeno un numero nove di ruolo.

 

Nella linea veloce nessuna sorpresa e scelte che risentono anche dell’indisponibilità di Leonardo Sarto e Luca Morisi, i due giocatori più pericolosi per l’abilità di creare spazi nel gioco non rotto ma entrambi out per infortunio. Fortunatamente dovrebbe essere recuperato Michele Campagnaro: dopo novembre, il centro di Exeter ha ancora trovato poco minutaggio (tre scampoli di partita tra Champions Cup e Premiership e ottanta con i Braves in A-League nella vittoria contro Bath United), ma all’esordio mancano comunque 24 giorni. Tra i possibili convocabili ai centri c’era il capitano della Benetton Alberto Sgarbi (che manca in Nazionale dal giugno 2014), ma considerando quanto visto in campo a novembre come piano di gioco e interpreti, la maglia 15 e 12 sembra ben salda sulle spalle rispettivamente di Padovani e McLean. Rispetto al nativo del Queensland, Sgarbi è un centro molto diverso e in più non garantisce l’utilizzo del piede (che sotto pressione a novembre ha fatto comodo). “Fare alla perfezione due, tre cose“, ha chiesto il tecnico irlandese. Se sono difesa e uso tattico del piede, questi sono i migliori giocatori a disposizione.

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