RWC: Italia-Irlanda è alle porte, quale formazione per gli azzurri?

Egr.Monsieur Brunel,
ancora poche ore e la squadra giocherà la partita più attesa, da Lei e da noi, degli ultimi quattro anni. Si ricorda di quattro anni fa, Monsieur? C’era un signore, diverso da colui che c’è adesso, che le raccontava di quanto il rugby avesse fatto passi avanti rispetto a quattro anni prima, quando l’aveva avvicinata per la prima volta e lei aveva risposto “Merci, ma devo prima compiere una missione nella mia Perpignan e poi ne riparliamo…”. Lo so Monsieur, era venuto da noi pieno di buone intenzioni, aveva girato la Penisola per conoscerci da vicino ed aveva ben presto compreso che, perfino nel famigerato “piccolo Galles”, i campi non eran poi così fertili come li decantavano, figuriamoci altrove, dove la scambiavano per un ex-caratterista di vecchi film italiani di serie B. Ma lei Monsieur, nonostante tutto era ottimista: “la creatura è gracilina d’accordo, ma piena di buona volontà, vedrete si farà ed in meno di quanto si pensi”. E’ così era partito come un giardiniere operoso che semina, pota, irriga, calcola l’angolatura dei raggi del sole, corregge, esorta, attende paziente. E noi con lei, felici nell’intravedere i primi boccioli farsi largo. Perchè sa, Monsieur, noi italiani siam fatti così: la razionalità la mettiamo nelle faccende private, il lavoro, la famiglia, gli investimenti, perfino l’amante. Ma quando compare quella magliettina azzurra con il tricolore cucito sul petto, è la fine: lasciamo che sia la pancia ad impossessarsi di noi. Già perchè un essere razionale non potrebbe entusiasmarsi ancora per una squadra che, ad essere generosi, avrà giocato non più di 7-8 partite memorabili negli ultimi 4-5 lustri. Solo una persona che ha soffocato la voce della mente può aver seppellito nei ricordi prestazioni opache, per tacere di quelle sconce, costellate di errori e punteggi mortificanti. Eppure siamo sempre lì a cercare altrove risposte che già conosciamo a domande che ci ripetiamo masochisticamente da anni: c’è sempre un “ma”, un “però, un “forse”, un “eppure”, un “magari” che sgorga dalla nostra pancia a coprire il suono che la mente cerca disperatamente di farci ascoltare, ma noi niente: siam fatti così, Monsieur. E con i condottieri stranieri come lei, il nostro comportamento si ripete puntuale: vi accogliamo festanti quando calate nella nostra penisola, vi seguiamo acritici anche quando ci sarebbe da dubitare e poi scagliamo contro di voi le pietre, non appena i risultati non combaciano coi nostri sogni, cioè sempre. E’ la storia che si ripete da secoli e secoli. Li ode Monsieur, i cantori nostalgici dei tempi del suo predecessore? Non creda alle loro voci, sono le stesse che quattro anni fa lo criticavano: club, giornalisti, tifosi, ex-giocatori, perfino quel signore, a cui Lei aveva dato appuntamento, ne prese le distanze. Oh certo, Lui non aveva fatto molto per rendersi simpatico, aveva pure coniato una frase rimastaci appiccicata addosso come un marchio: a sentirla fa l’effetto del pacchiano che siede al tavolo con i parenti raffinati e, nelle foto, lo riconosci perchè è l’unico con la giacca a scacchi multicolori, i capelli arruffati ed il sorriso che svela un dente sbilenco verdognolo. Eppure anche allora avrebbe potuto sentirli i cori nostalgici di chi rimpiangeva Kirwan e, prima di lui, Coste e, prima ancora chi sa chi altri. Mi creda Monsieur, lasci trascorrere qualche anno e ci saranno anche per lei i peana che lodano il suo nome: non se ne stupirà, ma forse le tornerà a mente che da qualche parte le era stato predetto. Si, lo so, le cose son cambiate parecchio rispetto alla luna di miele di 3 o 4 anni fa. E’ come in certi matrimoni: all’inizio c’è l’entusiasmo, poi vengon fuori le incomprensioni, poi le magagne, quindi le ripicche ed infine ci si rassegna e si segue il tran tran quotidiano. Da giardinieri si diventa fruttivendoli. Ma in fondo, cosa poi cambierà se un calcio va in touche 5 metri prima di dove avremmo auspicato o se il nostro pilone cede per primo e perdiamo il possesso? Sogniamo la perfezione noi che dobbiamo fare i conti ogni giorno con le nostre di imperfezioni, ed un po’ ci dispiaciamo, un po’ ci innervosiamo, un po’ arriviamo alla fine della giornata ripetendo a noi stessi “mica lo posso cambiare io il mondo…”. Si accomodi in tribuna sereno Monsieur, non vale la pena perdere altri 5 anni di vita in 80 minuti; in fondo, lo avrà capito, non eravamo seri quando le gridavamo “genio!”, non lo siamo ora che le ringhiamo contro “brocco!” e, il giorno che verrà a trovarci su un qualche campo di periferia, vedrà le sorrideremo e ci darem di gomito tra noi, sussurrando “ti ricordi quando c’era Brunel?” “Ehhh bei tempi quelli, quante soddisfazioni, e che giocatori…!”. Perchè siam fatti così Monsieur: ci piace ricordare solo i pochi momenti belli che le tante delusioni e stiamo già pensando al nuovo idolo da sacrificare o…nuovo agnello da santificare, ma sempre e solo post mortem. Ma nel frattempo domenica saremo lì una volta ancora davanti agli schermi, soli con la nostra pancia, dato che ormai la mente s’è stufata di provare a svegliarci.
Buona partita, Monsieur.