Ricordare il Capu. Ragazzini, fango e una palla ovale: all’ASR Milano si fa così

Un torneo per 600 bambini di ogni età in memoria di un ragazzo che se n’è andato troppo presto. Palla a Marco Pastonesi

Capu. Non è un soprannome, ma un cognome limato dall’uso, dall’affetto, infine dalla nostalgia. Capu sta per Capuzzoni. Una volta l’anno Capu gioca ancora, gioca sempre. In un torneo intitolato nel suo ricordo. Capu. Di nome Massimiliano. Questo sì, troppo lungo, lo spiegava anche Massimo Troisi in un film. “Massimiliano vene scustumato… Per esempio, stu guaglione sta vicino a mamma… ‘stu guaglione se move pe’ i’ ‘a qualche parte? ‘A mamma prima ca ‘o chiamma, Mas-si-mi-lia-no!, ‘o guaglione già chisa addo’ sta, chi sa che sta facenno! Non ubbidisce, pecche è troppo luongo! Invece Ugo, chillo comme sta vicino a mamma e se sta pe’ mmovere: Ugo! ‘O guaglione nun ave nemmeno ‘o tiempo ‘e fa’ ‘nu passo. Ugo!, e adda’ turna’ pe’ forza, pecche ‘o sente, ‘o nomme. Al massimo, proprio… ecco… volendo ‘o putessemo chiamma’ Ciro. È cchiù luongo, ma proprio pe’ nun ‘o fa’ veni’ troppo represso… Però Ciro tiene ‘o tiempo ‘e piglia’ ‘nu poco d’aria”. Infatti: Capu, di nome, era Max.

 

Capu, terza linea, se fosse stato un animale – e le terze linee devono essere animalesche – sarebbe stato un cane San Bernardo, a metà fra operaio specializzato e missionario nel Terzo Mondo. Dono dell’ubiquità, in mischia anche dono dell’obliquità, dovunque senso dell’equità. Perché un giocatore come Capu è equo e solidale, come certi cioccolati fatti a regola d’arte e venduti senza sfruttamenti, senza sovrapprezzi, ma con rispetto e con gusto.
Capu, Asr Milano, la A potrebbe stare per Amore e infatti è Associazione, la S per Sudore e infatti è sportiva, la R per Rugby è infatti è il gioco più educativo e valoroso del mondo. L’Asr – noi l’abbiamo sempre chiamata così – è una squadra che, della sua innata povertà, ne ha fatto un valore, una virtù, un marchio. La povertà, cioè zero ingaggi, zero stipendi, zero rimborsi, salvo rarissime eccezioni per rispetto del tempo e dello spazio, come un modo, uno stile, un codice, fino a trasformarla in ricchezza. Addirittura pagare per giocare. Di più, pagare per andare in panchina o finire in tribuna.

 

Capu, e ti viene in mente il Giuriati vecchio per le partite, il Giuriati nuovo per gli allenamenti, l’officina di Cabrio per i terzi tempi, i pullman che la domenica mattina si caricano di giocatori e di borse, di nebbia e di freddo, di notti troppo brevi e di caffè troppo forti, e che la domenica sera tornano a casa carichi di giocatori e di borse, di muscoli cotti e di ossa rotte, di pastasciutte scotte e di birra spinata, di canti e di conti, tutti indietro, tutti in fondo, tutti insieme.
Capu che ce l’aveva fatta, fino alla Nazionale, orgoglio di tutti quelli che ne hanno condiviso campi e spogliatoi, cioè le strade ovali. Capu, come tutti, con le sue passioni. Non solo rugby, espressione che suona come se fosse l’insegna di un negozio di abbigliamento arresosi alle maglie del Milan e della Juve. Non solo il rugby ma anche il mare, tutti i brevetti da sub, il massimo per andare sott’acqua e insegnare a chi non ha mai visto quanto sia bello andare giù, andare sotto, andare in fondo. C’è un cielo infinitamente blu, laggiù, là sotto, là in fondo.
Capu con il suo furgone Nissan, bianco e azzurro, anche se avrebbe preferito bianco e rosso come la sua maglia originaria, e con Daniela, la sua ragazza, anche lei istruttrice.

 

La notizia strappò il cuore a tutti quelli che lo avevano conosciuto. Successe il 5 agosto 1995, ma la notizia si diffuse più tardi, a passaparola, complici la distanza, l’estate, le assenze, le lontananze, i telefonini che non esistevano, o forse soltanto una verità che non si vuole conoscere per poter continuare a sopravvivere. Capu era rimasto prigioniero di quel suo cielo sottomarino. A 26 anni.
Sabato e domenica, dunque, torna Capu. Sabato 12, alle 17, al Saini di Milano, con un miniconvegno, si parla di educazione, fra i relatori anche Don Gino Rigoldi, cappellano del Beccaria, istituto di pena minorile, dove l’Asr insegna a giocare a rugby. E domenica 18 con un torneo di minirugby, sempre al Saini, 600 bambini tra i cinque e gli 11 anni, di 12 club fra Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto ed Emilia, una bellezza.

Per essere sempre aggiornato sulle nostre news metti il tuo like alla pagina Facebook di OnRugby e/o iscriviti al nostro canale Telegram.
onrugby.it © riproduzione riservata

Cari Lettori,

OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.

Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.

item-thumbnail

Alcool, pittura fresca, discorsi e panini da ko: quando il rugby fa autogol

Fallimenti, papere, disastri, gaffes, guai, disfatte ovali. Antologia di Marco Pastonesi

item-thumbnail

La Rugby World Cup 2011 raccontata da Marco Pastonesi

Settimo appuntamento con le letture tratte dal libro "Ovalia. Dizionario erotico del rugby"

item-thumbnail

La Rugby World Cup 2007 raccontata da Marco Pastonesi

Continua il nostro viaggio attraverso la storia della Webb Ellis Cup con le letture della nostra prestigiosa firma

item-thumbnail

La Rugby World Cup 2003 raccontata da Marco Pastonesi

Quinto appuntamento le letture tratte dal libro "Ovalia. Dizionario erotico del rugby"

item-thumbnail

La Rugby World Cup 1999 raccontata da Marco Pastonesi

Quando la Coppa del Mondo si trasformò da "teatro per eroi dilettanti, a palcoscenico per attori professionisti".

item-thumbnail

La Rugby World Cup 1995 raccontata da Marco Pastonesi

Terzo appuntamento con le letture tratte dal libro "Ovalia. Dizionario erotico del rugby"