Antonio Rizzi e il ritiro: “Ho ricevuto tante offerte, ma non provo più la stessa gioia nel giocare”

L’ex mediano delle Zebre: “Ho deciso di lavorare nel settore immobiliare. Le aspettative su di me? Ho fatto degli errori, ma non mi è mai stato perdonato nulla. E se quel drop col Munster fosse entrato chissà cosa sarebbe successo…”

Antonio Rizzi e il ritiro: "Ho ricevuto tante offerte, ma non provo la gioia di prima nel giocare"

Antonio Rizzi e il ritiro: “Ho ricevuto tante offerte, ma non provo la gioia di prima nel giocare” – ph. Massimiliano Carnabuci

A un anno e mezzo da quel maledetto 30 aprile 2022, quando nel corso della sfida con i Dragons riportò una lesione completa del tendine d’Achille, Antonio Rizzi ha detto “basta” col rugby. L’ex mediano di apertura delle Zebre, 26 anni il prossimo mese di gennaio, ha rescisso consensualmente il contratto con la franchigia di Parma: “Ho sempre detto che se a una certa età non fossi arrivato ad alti livelli avrei fatto un passo indietro, perché purtroppo il rugby non può garantirti di vivere una vita tranquilla. Devi sempre crearti un piano B, perché altrimenti a carriera finita fai moltissima fatica. Poco dopo essermi fatto male mi sono laureato in economia aziendale, ora vorrei lavorare nel mondo immobiliare” ha detto Rizzi a OnRugby.

A cosa è legata quindi la scelta di lasciare?

“La decisione di ritirarmi è stata mia, presa insieme alla società che già in quel periodo aveva comunicato al mio procuratore la volontà di rescindere il contratto, probabilmente perché non si sentivano sicuri di come sarei rientrato. Quando sono tornato dall’infortunio, nel febbraio 2023, non ho avuto più grandi spazi e possibilità di mettermi in mostra. Ho giocato 10 minuti contro Connacht e poi sono tornato in tribuna, anche quando fisicamente stavo bene. Ci tengo però a dire che con le Zebre ho un ottimo rapporto, alla fine sono cose che fanno parte dello sport professionistico e ognuno deve trarre le sue conclusioni”.

Leggi anche: Zebre: rescisso consensualmente il contratto di Antonio Rizzi

Quindi non hai lasciato per via dell’infortunio?

“Non lascio il rugby per via dell’infortunio: chiaramente ci sono delle piccole cose che sono cambiate a livello fisico, non ho più quel km di velocità in più rispetto a prima, o un po’ di esplosività nel salto, ma non ho dolori o altro. Ho lasciato perché non trovavo più la gioia nel giocare. Durante l’infortunio ho iniziato ad elaborare il mio piano B, che lavorativamente può darmi una stabilità, e capendo che comunque non avrei rinnovato al termine di questa stagione ho preferito anticipare i tempi e chiudere in buoni rapporti con le Zebre. Ripeto, ho sempre vissuto il rugby lavorando duro ma con la consapevolezza che prima o poi sarebbe potuto finire”.

Cosa farai adesso?

“Dopo essermi laureato ho iniziato a specializzarmi nel mondo immobiliare, dove ho fatto già degli investimenti e sto concludendo dei corsi per poter prendere il patentino da agente immobiliare. Mi piacerebbe lavorare in questo settore, anche all’estero, e un giorno mi piacerebbe avere un’impresa tutta mia”.

Se dovessi tracciare un bilancio della tua carriera saresti soddisfatto?

“Direi che sono contento di quello che ho fatto, perché ho vinto il campionato col Petrarca, ho avuto belle esperienze nelle giovanili e ho fatto delle stagioni per me positive a Treviso e a Parma. Mi è mancata la maglia azzurra, ho fatto dei raduni con la Nazionale sia al Sei Nazioni che nei test match autunnali senza però esordire. Sicuramente ho avuto le mie colpe e non sono riuscito ad essere ai livelli di altri miei compagni, ma ci sono tante dinamiche che non possiamo controllare e che la gente non conosce, e che hanno influito. Dopo il ritiro però ho ricevuto tanti messaggi dai tifosi, e sono contento di aver lasciato loro qualcosa di positivo”.

Hanno influito sulle tue prestazioni le tante aspettative che c’erano su di te? A un certo punto sembravi l’erede designato alla numero 10 azzurra…

“Sono arrivato a Treviso nel 2018 quando avevo 19 anni e sentivo queste voci, anche Conor O’Shea e il suo staff mi dicevano di stare tranquillo perché un giorno sarei entrato nel giro. Io ho sempre dato tutto, probabilmente ho sbagliato delle cose, ma non mi è mai stato ‘perdonato’ nulla. Credo che, dati alla mano, i miei due anni al Benetton siano stati positivi, anche se non giocavo tantissimo, però loro mi avrebbero tenuto. Sono andato a Parma per mia scelta perché volevo avere più spazio. Poi è chiaro, dipende tutto anche da piccole cose. Al primo anno al Benetton ho giocato tanto: arriviamo ai quarti di finale di Pro 14 contro Munster e a 5 minuti dalla fine mi mettono dentro dicendomi ‘entra e prova il drop’. Io avevo 21 anni e l’ho fatto, purtroppo l’ho sbagliato e quella cosa mi è stata recriminata tanto, e la stagione successiva ho visto poco il campo. Mi è sembrato un po’ esagerato. Magari se avessi messo dentro quel drop sarei andato al Mondiale in Giappone, chissà”.

Hai avuto altre offerte?

“Non ho ancora comunicato ‘ufficialmente’ il ritiro, ma non credo continuerò. Ho avuto delle proposte anche dal ProD2 in Francia ma non sarebbe stata un’esperienza che mi avrebbe cambiato la vita, considerando la mia volontà di lavorare e costruirmi una sicurezza anche al di fuori del rugby. Potevo andare negli Stati Uniti ma ci sono stati vari problemi, anche per via della crisi del loro campionato: dovevo andare in una società che poi è fallita, poi avevo trovato un altro accordo che alla fine è saltato per altri motivi. Andare a vivere lì mi sarebbe piaciuto anche come esperienza di vita. Ho ricevuto offerte anche da tante squadre di Serie A Elite, ma ho detto di no perché comunque non avrei avuto la possibilità di portare avanti la carriera lavorativa che volevo, così come in Francia. A quel punto ho deciso di dire basta, al massimo se dovessi restare a Parma mi piacerebbe dare una mano a qualche società delle serie minori, come divertimento, ma al 99% credo di smettere del tutto”.

Francesco Palma

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