“La Nations Cup? Un tradimento, uno schiaffo in faccia” Parola di Lima Sopoaga

Il mediano d’apertura samoano accusa apertamente di aver frenato la crescita dei movimenti più piccoli con la nascita della nuova competizione

COMMENTI DEI LETTORI
  1. Fabfab 26 Ottobre 2023, 10:04

    E mi trova più che d’accordo. L’ho detto anche in questi giorni. Naturalmente c’è da dire una cosa: anche prima dell’invenzione di questa Nations Cup non è che ci fossero tutti questi test match tra Tier 1 e 2, per cui può anche andar bene una Nations Cup, si possono anche fare due Conference, ma che il sistema di retrocessioni e promozioni non debba avvenire prima del 2030 ed oltretutto con uno spareggio tra le ultime due della 1 e le prime due della 2 è una solenne stronzata. Inoltre tra un anno e l’altro World Rugby dovrebbe proprio obbligare le Federazioni a giocare test match tra Tier 1 e Tier 2, magari in casa di quest’ultime in modo da avere il supporto del pubblico e un ritorno economico. Altrimenti, come è già stato detto da più parti, è solo un giochino per fare aumentare gli introiti di chi è già in cima rispetto a chi sta sotto

    • giovaf 26 Ottobre 2023, 11:47

      Quella del 2030 non l’ho capita neanche io

    • Davide 26 Ottobre 2023, 17:42

      Sottoscrivo in toto.
      Gli unici risultati di questa “riforma” saranno aumentare le entrate delle federazioni principali e aumentare il divario tra Tier 1 e Tier 2

  2. yes nine 26 Ottobre 2023, 11:01

    Ciao Fabfab, e io sono d’accordo con voi. Ci sarà sempre di più 2 rugby di diverso spessore

  3. Mich 26 Ottobre 2023, 12:13

    Si, tutto molto condivisibile, tranne il saltare di palo in frasca per le assurde regole su equiparati e “pentimenti” dopo un tot di anni senza convocazioni in nazionale ecc ecc.
    Ora si parla perchè Samoa è di seconda fascia; sarebbe interessante se le medesime osservazioni sarebbero pervenute da AB. Non lo sapremo mai.

    • Mich 26 Ottobre 2023, 12:22

      E aggiungo che personalmente sono più indignato dallo scippo che le piccole subiscono dalle big, riguardanti i loro talenti che, per ovvi motivi e in base al regolamento, possono scegliere di orientarsi verso orizzonti migliori.
      Preoccuopiamoci dell’abbandono di queste nazioni da parte dei loro giocatori piuttosto che esigere di forzare la mano.

      • tinapica 26 Ottobre 2023, 13:09

        D’accordissimo!
        Ma questo discorso non vale anche per le “piccole” italiane che vedono i loro migliori talenti giovanili espropriati, quindi ex legis e neanche per “legge di mercato”, da due formazioni primae inter pares (pares un par di ciuffoli…) con cui non possono confrontarsi, che mai potranno raggiungere e quindi, men che meno, superare?
        Voglio significare: mi pare nei commenti che leggo, non necessariamente nel Suo, di ravvisare i sintomi di un forte strabismo, per cui se questo meccanismo degli ascensori bloccati lo si applica alle varie Nazionali ovali allora è, come pare anche a me, inaccettabile, mentre se lo si applica all’interno del piccolo orticello ovale italiano allora tutto va bene…
        Almeno questo massacro di un campionato (di più campionati, perché si svilisce a cascata tutto il sistema dei campionati italiani) fosse servito a migliorare la Nazionale ed a renderla realmente competitiva con le altre dei piani alti con cui, troppo spesso immeritatamente, si confronta….invece no: neanche quello; anzi, va peggio ora di vent’anni fa, e mi pare evidente.

        • Mich 26 Ottobre 2023, 13:20

          Mi perdoni, ma Lei sta replicando a me, pertanto Le chiedo di chiarire se nel passaggio “mi pare nei commenti che leggo, non necessariamente nel Suo” Lei fa riferimento ANCHE al mio.

          • tinapica 28 Ottobre 2023, 10:02

            Beh, non lo so, ma non lo escludo, perché sinceramente non ricordo, o forse mai ho saputo, quale sia il Suo pensiero riguardo agli “ascensori bloccati” tra i vari livelli del rugby italiano.
            Dal Suo commento questo pensiero non si evince e quindi preferisco mantenermi sul vago.
            Dal Suo commento ho preso spunto perché a me pare che, seppure su due livelli diversi, si tratti esattamente della stessa cosa e la sua critica avverso questi “ascensori bloccati” nel rugby tra compagini Nazionali è chiarissima: spero non se ne abbia a male.

        • Fabfab 26 Ottobre 2023, 14:55

          A parte che non colgo il nesso, ma faccio presente che il sistema franchigie esiste in tutto il mondo ovale tranne che in Francia (buon per loro che se lo possono permettere) e Inghilterra che però sta indirizzandosi, per quel che si è letto in questi giorni, verso questo sistema. Come si gira si gira la coperta è corta. Un altro discorso semmai, è sulla formazione dei giovani. Nei Paesi anglosassoni (intendendo anche Australia, Nuova Zelanda e Irlanda), Sudafrica, Argentina, Cile e Uruguay (per restare ad alcune partecipanti all’ultimo mondiale) i giovani si formano all’interno di college dove il rugby è praticato per molte ore settimanali. In Francia, come in Italia, si sviluppa all’interno dei club sul territorio con la differenza macroscopica del bacino di ragazzi che giocano a rugby in Francia rispetto all’Italia. E qui sta semmai il problema principale: come si rende appetibile questo sport? Cosa si fa a livello federale e dei singoli club per allargare la base e farla crescere contemporaneamente a livello qualitativo? E’ sufficiente quello che viene fatto? Come si fa ad allargare il seguito nelle regioni dove, tradizionalmente, il rugby non esiste o esiste in misura veramente minima? Come si evita la dispersione dei ragazzi che smettono presto di giocare? Tutti hanno pagato il dazio al covid con le società ferme per un anno o più che le ha danneggiato anche economicamente, ma il punto è che tanti ragazzi, una volta lasciati a casa per un anno, poi non sono tornati a giocare. Perché? Come si vede il problema di due franchigie che scelgono i migliori giovani (che oltretutto è relativo perché ci sono anche molti stranieri e perché molti giovani preferiscono andare a giocare all’estero) non è quello principale, anzi, con una base molto più larga ci sarebbe un numero più alto di atleti che potrebbero affacciarsi all’alto livello con una qualità ancora più alta o, addirittura, con un numero maggiore di franchigie. Un’ultima annotazione: molti che provengono dal campionato domestico e vanno a giocare in URC con una franchigia, nelle interviste rilasciate la prima cosa che dicono è che sono sbalorditi dall’intensità e dalla velocità, dalla fisicità e dall’impegno che occorre per essere all’altezza di quel campionato. E’ quindi ovvio che le squadre del domestico giocano a ritmi decisamente inferiori. Per cui, se si vuole fare crescere il campionato domestico a un livello che ci consenta di attingere a queste squadre anche per quanto riguarda la nazionale, occorre che a livello tecnico, fisico e agonistico queste squadre facciano un enorme salto in avanti e, a cascata, tutti i campionati minori. Il che significa professionismo (inteso come professionalità) anche in serie A Elite da parte di presidenti, manager, staff tecnico e giocatori. C’è stato un miglioramento negli ultimi anni, ma c’è ancora una strada lunga da percorrere e non è un caso che le squadre siano imbottite di stranieri, soprattutto argentini. E’ una scorciatoia per l’immediato, ma serve a poco per il movimento

          • Mich 26 Ottobre 2023, 15:09

            Ecco, tra le mie tante invettive contro il sistema di ingaggio stranieri, equiparati ecc, “E’ una scorciatoia per l’immediato, ma serve a poco per il movimento” questa non l’avevo mai usata. Condivido integralmente il discorso.

          • tinapica 28 Ottobre 2023, 10:35

            Non cogliere il nesso tra due sistemi, uno nazionale italiano e l’altro tra compagini Nazionali, assolutamente identici in cui a chi sta sotto non si concede la possibilità anche solo teorica di salire al livello superiore secondo me è sintomo di visione col paraocchi.
            Che questo paraocchi sia voluto od intenzionale io non lo posso sapere, ma a me il nesso appare in tutta la sua evidenza.
            Così come mi appare evidente l’impazienza imprvvida (la gatta frettolosa fa, da sempre, gattini ciechi) di un movimento ovale, quello italiano, che 30 anni fa era sulla buona strada per poter, nell’arco di qualche decennio, sperare (certezze non se ne potevano avere ed io non ne ho ancora adesso) di ripercorrere le orme del movimento francese dove c’è un interesse ed una partecipazione autosufficienti a fare del proprio rugby un protagonista mondiale di primo livello.
            Si scelse di abbandonare quel cammino che forse ai giorni nostri avrebbe potuto essere compiuto e di intraprenderne un altro: ecco, di questo posso avere certezze (perché abbiamo visti i risultati degli ultimi 15 anni) e sono fallimentari; perché il nostro movimento, del quale giustamente da varie parti si invoca una maggiore diffusione da nord a sud dello stivale, ha perse proprio quelle realtà territoriali extra Venete e Padane (in primis L’Aquila, e poi Catania, Benevento, la Toscana…Napoli, Roma, Torino, Milano!) da cui veniva parte, buona parte, della linfa vitale (Perugini, Lo Cicero…lo testimoniano) che fece fiorire (unitamente agli Italo-Argentini) il nostro rugby a cavallo tra i due secoli.
            Ed anche nelle realtà veneto-padane dove ancora si mangia pane e palla ovale la prospettiva di dover sempre e comunque sottostare al predominio di due squadre superiori per “diritto divino” mortifica il possibile entusiasmo (soprattutto nell’aprire i portafogli) di ogni altra compagine, col risultato di ridurre la base di praticanti, invece di allargarla.
            A me pare evidente, così come mi pare evidente che sia lo stesso meccanismo che fa sì che in due realtà demograficamente paragonabili come il Galles (o la Scozia, fa lo stesso) e la Georgia vi sia uno squilibrio di praticanti ovali nettissimo, a favore delle Nazioni Britanniche.
            La tradizione ha certamente la sua importanza ma è proprio attraverso il confronto e la possibilità di poter vedere risultati confortanti che si possono coinvolgere nuove leve e provare a sovvertirla. Certo: ci vogliono decenni, ma nulla di buono si improvvisa.
            Invece, finchè le cose resteranno così non si scappa: i mondiali li vinceranno sempre Nuova Zelanda e Sudafrica e l’Italia finirà sempre ultima nel Sei Nazioni. Credete veramente che ciò sia un bene per questo gioco?
            Al professionismo non ci si può arrivare “per decreto” ma solo creando un interesse interno al Paese tale da giustificare certi investimenti.
            Ci vogliono decenni e neanche si può avere certezza del compimento, ma facendo quel che invece si è è scelto di fare (15 anni credo siano un periodo sufficiente per tirare qualche somma) abbiamo solo fatto un gran cammino….a passo di gambero!
            E per me è solo una questione di passione delusa.
            Immagino che tra di voi ci sia chi di palla ovale, più o meno, ci viva: se va bene a voi…

  4. ChrisRosso 26 Ottobre 2023, 14:00

    È un sistema come un altro per garantire ad almeno una parte di giocatori di affrontare con più costanza un livello più alto. Il campionato italiano non è nemmeno al livello della prod2 francese figuriamoci se può preparare oggi giocatori per la nazionale, con una situazione totalmente diversa che vent’anni fa. Che sia una o siano due tante nazioni creano franchigie federali per esempio argentina o Uruguay.
    Quindi i problemi sono altri, a partire dai pochi incentivi a diffondersi nelle varie città o almeno in qualcuna in più e sparse nel territorio. Ma è difficile pronosticare chissà quale cambiamento fintanto che il rugby non rientrerà nella top ten dei più praticati, ha perfino meno praticanti che il Motorsport e ciò influenza indubbiamente anche il livello del campionato.
    Per concludere mi sembra un discorso un po’ fuori tema quando si parla di abuso da parte delle tier 1 sulle tier 2 per mantenere lo status Quo metterei a parlare delle franchigie della fir.

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