Test match: i diversi destini di Whitelock e Sexton, entrambi usciti per HIA

Il seconda linea salterà All Blacks-Irlanda, mentre il numero 10 sarà regolarmente al suo posto

Sei Nazioni, Sexton avverte i suoi: "Il Galles? Pensiamo a battere chi sarà in campo"

Jonathan Sexton – ph. Sebastiano Pessina

Ha occupato i titoli dei giornali irlandesi e neozelandesi per gran parte della settimana la vicenda di Jonathan Sexton, uscito dal primo test della serie contro gli All Blacks per un colpo alla testa ma che sarà regolarmente in campo sabato per la seconda gara nonostante il nuovo protocollo di World Rugby per la tutela dei giocatori afflitti da concussion preveda 12 giorni di stop.

Un destino divergente da quello di Sam Whitelock, uno dei leader della squadra neozelandese, che dopo la partita ha accusato alcuni sintomi di concussion e per tale motivo non prenderà parte alla gara.

Strade opposte che sorprendono il tecnico degli All Blacks Ian Foster, che in conferenza stampa non ha esitato a mettere la pulce nell’orecchio agli astanti: “Non posso parlare per l’Irlanda perché non conosco le circostanze, ma quello che so è che con Sammy [Whitelock] il protocollo è stato cristallino. Se hai preso un colpo in testa e fallisci un HIA (head injury assessment), devi affrontare 12 giorni di pausa prima di tornare a giocare.”

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Quello che è accaduto a Sexton, però, è leggermente diverso, come sottolineato dallo stesso giocatore: “Sono uscito per un HIA aspettandomi di rientrare, ma non mi è stato permesso. Giusto così, è per questo che esiste: proteggere i giocatori se c’è il sospetto di una concussion, a giudizio di un medico indipendente.”

“Da quel momento ho affrontato i seguenti test HIA2 e HIA3 (i diversi step nel protocollo per giudicare se ci sia stata concussion o meno) e li ho passati tutti senza problemi. Quando un giocatore esce per un HIA e non rientra, tutti pensano sempre che sia per una concussion, ma non è così. Viene impedito di rientrare anche se ci sia solo il sospetto di concussion o se c’è una qualsiasi dubbio sulla salute del giocatore.”

La decisione dello staff irlandese di mettere comunque in campo Johnny Sexton per il secondo test contro gli All Blacks, seppur pienamente rispettosa dei protocolli messi in campo da World Rugby, ha sollevato diverse critiche.

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Secondo il giornalista dell’Irish Independent Ruaidhri O’Connor, l’Irlanda ha perso un’occasione per mandare un messaggio di estrema tutela della salute dei propri giocatori e avrebbe dovuto scegliere di non far giocare in ogni caso Sexton.

Come sottolinea Progressive Rugby, il gruppo di pressione sostenuto da medici ed ex giocatori come Alix Popham (ex internazionale del Galles afflitto da demenza precoce), Kyran Bracken, Rory Lamont e James Haskell, non c’è al momento un esame in grado di diagnosticare con certezza l’avvenuta guarigione da un infortunio cerebrale. In questo senso la lobby ha criticato non tanto l’Irlanda, quanto la fragilità di uno strumento ritenuto imperfetto come il protocollo HIA.

Mentre il buon senso spingerebbe per utilizzare la maggior cautela possibile, dunque, Johnny Sexton si appresta a scendere in campo in una partita estremamente dura, mentre veleggia verso i 37 anni. Un giocatore imprescindibile per la nazionale irlandese, talmente importante da mettere a rischio, forse, anche la sua salute.

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