McKinley: per sempre grato al rugby italiano, per la seconda possibilità

L’ex leone ha parlato ad ‘Ulster Show’, affrontando diversi temi

ian mckinley

Ian McKinley ph. Sebastiano Pessina

Nell’anteprima della trasmissione televisiva (‘Ulster show’, che andrà in onda stasera su BBC NI) sull’Isola di Smeraldo, Ian McKinley, ex apertura internazionale azzurra dalla storia unica (anche un documentario sul suo percorso) e oggi allenatore – come aveva previsto Conor O’Shea, suo ex CT con l’Italia – del Bellaghy in Irlanda del Nord, ha affrontato diverse tematiche interessanti, in compagnia di due leggende in quel del Kingspan Stadium, come Rory Best e Tommy Bowe.

L’ex Viadana, Zebre e Benetton, tornato in campo nel 2014 al Leonorso Udine (dove allenava ed era rientrato in campo in C con e contro “ragazzi che prima della partita si fumavano un sigaretta, oppure mangiavano birra e salsiccia” per capire se sarebbe riuscito a giocare con un solo occhio) dopo due anni dal primo stop dettato dalla perdita della vista da un occhio, ha ribadito la sua gratitudine eterna al rugby italiano, per la seconda chance – ai massimi livelli – che questo ha saputo garantirgli.

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“Non avrei potuto essere più orgoglioso”, ha esclamato McKinley, parlando del giorno del debutto in maglia azzurra (il primo di 9 caps) nel novembre 2017 a Catania, subentrando nella ripresa a Carlo Canna, contro le Fiji.

Esperienza, quella della prima volta sul proscenio internazionale, chiusa con una vittoria, al Massimino ed un curioso siparietto nel post partita: “Un ex internazionale italiano venne da me, nello spogliatoio, nel post partita e mi disse di essere in un club ristretto di azzurri. Quello di coloro i quali possono vantare una vittoria al primo cap”. Vittoria che fu peraltro l’unica con la maglia della selezione nazionale italiana, ma McKinley nella sua carriera ha dovuto affrontare situazioni ben più problematiche di una serie di sconfitte.

Come il fatto di giocare con gli occhiali protettivi – i ‘goggles’, che ha contribuito in prima persona a sviluppare -, senza vederci da un occhio. “Non è facile, a volte sotto la pioggia ti si appannano costantemente gli occhiali. Ed in campo, poi, devi cambiare alcuni movimenti del corpo, alcuni posizionamenti a cui eri abituati”; ha spiegato sorridente ai compagni di trasmissione, chiudendo con un messaggio forte, e trasversale.

“Non è facile, ma un modo lo si trova”, la chiosa speciale di McKinley.

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