Il Sei Nazioni non si tocca, parola del CEO dell’Irlanda

“Dobbiamo preservare ciò che abbiamo. Niente miglioramenti con la Georgia al posto dell’Italia”, ha spiegato al Podcast ‘Off the Ball’

Sei Nazioni 2020

Sei Nazioni 2020 (ph. Sebastiano Pessina)

Intervenuto al PodcastOff The Ball’, Philippe Browne, il CEO di Irish Rugby, ha fornito diversi spunti, ripresi anche dal Times, affrontando temi di grande interesse relativamente all’attuale struttura del Sei Nazioni ed ai modelli a cui ispirarsi per garantire una stabilità economica di un certo tipo alle federazioni coinvolte – tornando su alcuni degli aspetti che abbiamo analizzato la scorsa settimana su OnRugby -, con una chiosa anche sulla presenza azzurra nel torneo.

Rifiuto della Nations Cup, lo scorso anno

World Rugby ha provato a convincere le Union del Sei Nazioni ad accettare la nascita della Nations Championship, la nuova competizione globale, che avrebbe comportato, nella formula ‘originaria’, la presenza di promozioni e retrocessioni. Proposta e meccanismo rifiutati, anche perché avrebbe portato il torneo più prestigioso di Ovalia – una competizione privata – lontano dai fulgidi esempi di tornei dalle medesime caratteristiche partecipative in giro per il mondo.

Non a caso, nonostante lo sviluppo della Nations Cup – questo il nuovo nome ufficioso – sia uno dei punti del programma di Bill Beaumont, il rieletto presidente inglese di World Rugby, nella prima conferenza stampa del suo secondo mandato, ha precisato come, in ogni caso, il Sei Nazioni non verrà modificato, a prescindere dal lancio o meno del nuovo torneo.

Certezza dell’investimento ed importanza a 360 gradi dei fondi raccolti dall’alto livello

Browne guarda come modello alle leghe private degli sport americani e a quanto accade in Australia con le Aussie Rules, lega del calcio australiano, lo sport più popolare nel paese. “L’NFL, l’NBA e AFL sono le competizioni professionali di maggior successo, sono tutti tornei chiusi, privi del meccanismo di promozione/retrocessione. Così puoi investire realmente sulle tue strutture tecniche, sulle infrastrutture e sui tuoi giocatori.”.

“Riuscire a sviluppare uno sport professionistico, invece, in una situazione in cui è difficile investire adeguatamente per paura della retrocessione, diventa oltremodo complicato. Davvero, non ha molto senso”, ha chiarito il CEO dei verdi, entrando poi nel dettaglio della situazione della federazione dell’Isola di Smeraldo.

“Se l’Irlanda dovesse retrocedere in un torneo da affrontare, per esempio, contro Germania, Spagna, Georgia e Russia, tra le altre, la realtà è che dovrebbe immediatamente eliminare due delle proprie franchigie professionistiche per l’impatto che ciò avrebbe sulle finanze federali. Dobbiamo preservare ciò che abbiamo: al momento la parola chiave del nostro sport è sopravvivenza”, ha proseguito Browne.

Esclusi miglioramenti per la presenza della Georgia

Anche perché all’orizzonte non si vedono compagini in grado di reggere l’impatto con il torneo. “Si sente spesso parlare della Georgia, come della selezione che dovrebbe subentrare nel Sei Nazioni. Ma l’Italia ha battuto la Georgia più volte. Non credo si avrebbero grandi miglioramenti con l’ingresso della Georgia”, ha sentenziato Browne.

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