Quando Christian Cullen sublimò il concetto di ‘straordinaria-meta-solitaria’

Un memorabile pezzo di bravura dell’ex estremo degli All Blacks, nel corso della prima stagione di Super Rugby

New Zealand’s fullback Christian Cullen (R) is challenged by South African lock Mark Andrews during a tri-nation rugby-union match at the Ellis park stadium in Johannesburg, 19 August 2000. The Springboks defeated the All Blacks by 46 to 40. (ELECTRONIC IMAGE) (Photo by ODD ANDERSEN / AFP)

Se nelle scorse settimane abbiamo dato uno sguardo alla marcatura pesante di Samoa – nel 2002 – in casa degli Springboks, tra le più belle segnature corali di sempre, oggi diamo spazio, invece, ad uno dei sigilli individuali che più sono rimasti nell’immaginario collettivo di Ovalia, anche a distanza di tanti anni, con la firma di Christian Cullen, uno degli estremi più elettrizzanti, e tra i più forti, nella storia recente del rugby.

Il numero 15 neozelandese (60 caps in maglia All Blacks), visto anche a Limerick con la maglia del Munster negli ultimi anni della sua carriera, ha lasciato un segno tangibile, sul gioco, anche con marcature solitarie passate alla storia.

Come quella incredibile messa a segno il 10 maggio del 1996, nel corso della stagione inaugurale del Super Rugby. All’undicesima giornata del torneo, i suoi Wellington Hurricanes fanno visita ai New South Wales Waratahs, in una partita di medio bassa classifica, che i padroni di casa, peraltro, risolvono in maniera netta già nella prima frazione. Quando la sfida di Sidney sembra non aver più nulla da dire, però, al 25′ della ripresa (sul 47-18 per i locali), Christian Cullen assurge a protagonista assoluto, prendendosi in esclusiva il proscenio del match e dipingendo un capolavoro ovale.

Guarda anche: La volta del Dan Carter one-man show

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