A che punto è la sperimentazione della regola 50:22?

Abbiamo sentito tre allenatori dei campionati italiani per capire quanto e come la nuova regola è stata utilizzata

Regola 50:22 (ph. Ettore Griffoni)

Nella stagione 2019/2020 la Federazione Italiana Rugby ha attivato la sperimentazione in tutti i propri campionati della cosiddetta regola 50:22, inserita da World Rugby fra le proposte di modifica al regolamento del gioco. La 50:22 modifica le regole sul calcio, consentendo alla squadra in attacco di ricercare un massiccio guadagno territoriale.

Come funziona la regola 50:22

Nell’ultima riunione della federazione internazionale, la sperimentazione è stata giudicata positiva a livello globale, nei vari paesi dov’è stata introdotta, e l’impressione è che si vada verso l’approvazione per tutte le competizioni.

In Top 12, però, la regola non è stata particolarmente sfruttata e la maggior parte dei tecnici è scettica sul suo effettivo impatto: “Se l’obiettivo era quello di togliere giocatori dalla linea difensiva per coprire maggiormente la profondità non ha particolarmente inciso” ha raccontato Andrea Marcato, coach del Petrarca Padova.

“Per quanto riguarda la nostra squadra, non abbiamo mai preparato niente di specifico per la 50:22. Studiandola un po’, però, mi sembra che si possa sfruttare bene giocando da mischia chiusa all’interno della propria metà campo e ancor di più da situazione di turnover, per la mancanza di copertura profonda.”

L’intenzione della regola, però, sarebbe quella di andare a modificare soprattutto lo schieramento difensivo, preoccupato di poter concedere una rimessa in una zona pericolosa di campo agli avversari: “Onestamente, parlando anche con gli altri allenatori dopo le partite, quasi nessuno ha preparato niente di specifico, cambiando la difesa per coprire la profondità” spiega ancora Marcato.

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“La 50:22 può modificare un po’ il comportamento di quelle squadre che coprono il campo con due giocatori dietro, che sono costretti a stare un po’ più spostati verso l’esterno, dentro i quindici metri laterali, lasciando spazio per un calcio al centro, nella zona in mezzo ai pali. Da lì, poi, chi riceve il calcio tendenzialmente è costretto a mettere la palla fuori e a concedere il possesso.”

“La regola non ha avuto finora una particolare influenza a livello strategico. Anche nelle situazioni in cui può essere più utile, come la mischia al centro del campo, non modifica scelte comunque già in essere: da quella piattaforma è già complesso difendere, e devi prendere una decisione sul difendere lo spazio profondo o stare sulla linea.”

“Nel nostro campionato ci sono calciatori potenti e precisi come Newton dei Medicei, Menniti-Ippoliti a Rovigo o anche il nostro Paolo Garbisi, tutti giocatori che possono sfruttare al meglio le loro abilità, tuttavia non ha cambiato i comportamenti della difesa” è la sentenza del coach del Petrarca.

“A livello internazionale le abilità, comunque, sono diverse e la regola potrebbe avere un peso maggiore, quindi sono favorevole a una sua introduzione definitiva. Se l’idea di World Rugby però era di togliere uomini dalla linea per facilitare l’attacco, secondo me succederà difficilmente.”

Zane Ansell, coach del Verona, testimonia la situazione della Serie A italiana: “Dopo le prime giornate, nelle quali siamo riusciti a sfruttare un po’ la nuova regola, le squadre si sono adattate. In generale, comunque, nel nostro girone la regola è stata poco sfruttata.”

“L’idea a me piace perché in effetti può cambiare la gestione degli spazi. Ad esempio, sarà magari più probabile trovare spazio sulla seconda linea di difesa perché per coprire meglio la profondità le squadre possono mettere il mediano di mischia più indietro.”

Più critico, invece, il coach di Rovigo Umberto Casellato: “Non capisco il motivo per cui abbiamo avviato la sperimentazione. Nel nostro campionato non raccogliamo nemmeno dati certi e precisi sulle conseguenze dell’inserimento della regola, sarà difficile misurarne l’impatto.”

“Noi inizialmente abbiamo preparato qualche lancio di gioco da mischia chiusa con Menniti e Ambrosini per provare a cercare il 50:22, ma dopo il primo paio di amichevoli abbiamo lasciato perdere. E’ una cosa che è maggiormente legata alle abilità individuali del giocatore: noi con Menniti ne abbiamo praticamente garantito uno a partita, che è come avere a disposizione un calcio di punizione in più, ma non ha inciso a livello di sistemi difensivi, com’era intenzione nella progettazione della regola, e non credo neanche che possa essere diversamente a livello internazionale.”

Lorenzo Calamai

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