Com’è andato l’inizio di stagione per Benetton e Zebre?

I biancoverdi hanno vissuto tre partite piuttosto diverse fra loro. Tra i ducali per ora non ha funzionato davvero nulla

Trussardi benetton rugby

ph. Sebastiano Pessina

Per Benetton e Zebre non è stato l’inizio che entrambe le squadre sognavano. Le difficoltà erano note, viste le assenze di tanti titolari impegnati nella Rugby World Cup 2019 e gli infortuni che si sono aggiunti nel corso di queste prime tre settimane. I risultati sono presto detti: zero vittorie, tre sconfitte a testa, un punto in classifica per le Zebre nella Conference A e due per il Benetton.

Insieme ai Kings, le italiane sono le uniche squadre a non aver ancora vinto una partita in questo primo blocco di Pro14. Il Benetton ha conquistato i suoi unici punti in due partite perse con enormi rimpianti, venendo dominata invece a Galway contro il Connacht come non era mai successo nell’ultimo anno; le Zebre, già più deboli strutturalmente, hanno invece imbarcato acqua da ogni lato in tutte e tre le partite, lasciandosi sfuggire l’unica vera occasione di vincere un match in casa contro i Dragons, anche per via del discutibile cartellino rosso a Walker.

Prima della ripresa ci sarà una fondamentale settimana di pausa, in cui torneranno a pieno regime tutti i nazionali impegnati con l’Italia a portare esperienza, talento e tanta voglia di rimettersi in gioco dopo le ultime delusioni Mondiali.  Allo stesso tempo si svuoteranno un po’ anche le infermerie, che si erano riempite fin troppo nel momento forse più delicato della stagione per Benetton e Zebre che, non a caso, hanno dovuto fare ricorso a un totale di tredici permit player (sette il Benetton, sei le Zebre).

Benetton tripolare

Di questo Benetton abbiamo visto già tre versioni differenti, nonostante la rosa sia rimasta sempre quella a grandi linee. Contro Leinster si è visto il Benetton più simile a quello ammirato nell’ultimo anno, capace di mettere in difficoltà la squadra di gran lunga più forte e organizzata del Pro14 e di passare in vantaggio addirittura in 14 contro 15, prima di capitolare quasi fisiologicamente.

Sembrava il preludio a un inizio di stagione positivo, ma la trasferta forse più scomoda di tutto il torneo – a Galway contro un Connacht quasi al completo – è stata la più classica delle bucce di banana per il Benetton: 41 punti subiti, un discreto senso di impotenza nonostante i tanti palloni a disposizioni e l’incapacità di ribaltare un contesto chiaro fin dai primi minuti.

A Swansea, contro un avversario più debole in teoria del Connacht, c’è stata una sorta di sintesi delle due prestazioni precedenti: grande forza di volontà nel restare aggrappati alla partita per ottanta minuti, errori frequenti in attacco, inferiorità numerica per un cartellino rosso e una fase offensiva forse troppo monotematica, a cui si sono aggiunti i gravi problemi in mischia e in rolling maul.

I Leoni hanno senza dubbio perso la partita contro gli Ospreys nelle disastrose fasi statiche (che hanno risentito inevitabilmente dell’assenza di tanti titolari), dimostrando invece di poter contenere piuttosto agevolmente i gallesi quando la sfida era nel gioco aperto. E tutto questo aumenta notevolmente i rimpianti, visto che quando il Benetton ha trovato continuità nella ripresa ha avuto il controllo di possesso e territorio, confermando di essere una squadra che sa imporre il proprio gioco a ogni avversario.

La sconfitta contro Connacht, insomma, non ha fatto suonare un vero e proprio campanello d’allarme, ma ha solo fatto scontrare il Benetton contro i limiti della profondità della sua rosa, testata all’estremo in queste prime tre giornate. In Irlanda i Leoni hanno dovuto fare a meno di troppi giocatori fondamentali (e Halafihi non era al meglio) per l’esecuzione del proprio piano di gioco, annullato da una difesa irlandese che sembrava sapere al meglio come fermare dei biancoverdi mai incisivi.

La caduta è stata fragorosa, come forse non ci aspetterebbe più da una squadra come il Benetton, ma la storia ci insegna che a volte non possono essere evitate. Non c’erano motivi per deprimersi e i Leoni non lo hanno fatto, come dimostrato a Swansea, nonostante la brutalità degli Ospreys in mischia e in maul che avrebbe potuto demoralizzare notevolmente la squadra. Dopo la pausa, però, i Leoni dovranno cambiare marcia: il doppio impegno casalingo contro Kings e Edimburgo sarà un’ottima occasione per tornare a festeggiare.

I migliori: Giovanni Pettinelli è stato sempre molto consistente in tutte le fasi di gioco e in tutte e tre le partite, dimostrando di essere in costante crescita dall’inizio dell’anno passato. Menzione d’onore per Luca Petrozzi, sorpresa di inizio anno e sempre titolare in quest’inizio di stagione. Permit player da San Donà, il classe ’95 si è distinto per il buon ritmo tenuto in attacco e le ottime esecuzioni al piede, anche se non è riuscito a dare grande imprevedibilità in generale. Monty Ioane, come sempre, è stato una certezza, ma non è una novità.

Le Zebre non girano

Nelle Zebre non ha funzionato davvero niente finora, se non la fase offensiva nella prima parte della sfida contro i Dragons. In quella partita, dopo il discutibile rosso a Walker, c’è stato poi il tracollo verticale con i gallesi capaci di sfondare addirittura quota 50, in uno dei pochi match in teoria abbordabili per la franchigia ducale.

Nelle altre due trasferte, invece, i bianconeri non hanno avuto voce in capitolo per ottanta minuti: Edimburgo e Scarlets hanno disposto delle Zebre un po’ come hanno voluto, trovando sempre una breccia nella difesa ducale non appena acceleravano. È bastato poco per subire 50 e 54 punti, ma non molto di più per prenderne 52 dai Dragons. In totale fanno 156, in appena tre partite.

Parliamo di una squadra molto rimaneggiata in tanti ruoli, evidentemente in troppi. Al momento, il primo motivo dell’inadeguatezza delle Zebre è sembrata essere banalmente l’inferiorità della rosa rispetto alle avversarie, contro cui non è quasi mai riuscita a competere alla pari. Lo staff tecnico, da par suo, non ha cambiato i princìpi di gioco attorno ai quali ha modellato la squadra a partire dal 2017: da un lato tutti i giocatori possono ritrovarsi al meglio nella struttura di squadra, ma dall’altra il rischio è di diventare fin troppo riconoscibili nei propri difetti alle squadre avversarie, che infatti non hanno perdonato nulla.

Per tutte le squadre, in particolare per Edimburgo e Scarlets, è stato fin troppo semplice aggirare la difesa aggressiva delle Zebre e farla deragliare senza pietà: iplaccaggi sbagliati sono stati tanti, per una percentuale media di interventi riusciti sotto all’80%. I troppi errori individuali, la preparazione non così efficace delle partite la manifesta superiorità delle altre hanno creato un contesto in cui prendere delle imbarcate è diventato inevitabile, con il rischio di far deprimere fin da subito un ambiente che dovrebbe puntare a far crescere anche i tanti giovani presenti in rosa, fissi o temporanei che siano. Senza un minimo di riscontri dal campo, intristirsi e non ritrovare più la via maestra può diventare un pericolo davvero concreto.

Come per il Benetton, in ogni caso, per le Zebre saranno chiaramente fondamentali i rientri di tutti gli azzurri impegnati in Giappone e quello di Marcello Violi dall’infortunio, che dovrebbe avvenire a breve (per Tommaso Castello bisognerà attendere novembre). Bigi, Lovotti (quando potrà), Sisi, Mbandà, Canna, Bisegni, Bellini, Palazzani e Padovani possono dare un volto diverso a questa squadra, che però avrà bisogno di una scossa su tutti i livelli.

I migliori: Marco Manfredi si è distinto per cattiveria agonistica ed efficacia sia in attacco sia in difesa, mettendo in mostra un’ottima fisicità e delle buone letture di gioco. Un inizio incoraggiante per il classe ’97, alla prima stagione in Pro14 e decisamente il più consistente tra quelli arrivati dal Top12. Si sono ben distinti Giovanni Licata, molto atteso quest’anno, e Mick Kearney, che si è fatto notare per esperienza e fisicità.

Daniele Pansardi

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