Insieme al giocatore irlandese, presidente dell’International Rugby Players, ci sono anche Kieran Read e Owen Farrell
La notizia della possibile partenza della World League di rugby a partite dal 2020 ha scosso e non poco il mondo di Ovalia. Dai giocatori infatti, e non solo, stanno arrivando le prime reazioni in merito. Ad esporsi in prima persona ci sono infatti figure influenti.
Jonathan Sexton
L’apertura della nazionale irlandese è il presidente dell’International Rugby Players e si è così espresso: “Quando ci siamo incontrati l’anno scorso (con World Rugby, ndr) i giocatori avevano espresso – in maniera cauta – un loro possibile gradimento all’idea; ora però sembra che gli accordi commerciali sul futuro del gioco vadano ad un ritmo troppo rapido e abbiano poca considerazione dei punti che avevamo considerato importanti insieme alla stessa World Rugby. Il problema del “sovraccarico da utilizzo” per un giocatore è un tema quantomai attuale e pensare che i rugbisti possano disputare cinque partite internazionali fra novembre e dicembre (considerando le tre sfide novembrine e gli eventuali playoff della World League, ndr) sembra mettere in luce una scarsa comprensione dell’argomento”.
Kieran Read
Il capitano degli All Blacks, dal canto suo, ha invece dichiarato: “Dopo aver ascoltato le questioni sollevate da molti giocatori, posso dire che questo è un momento cruciale per il rugby. Dobbiamo stare attenti a bilanciare le esigenze commerciali con quelle del benessere degli atleti, anche perchè sono quelle che garantiscono la qualità al gioco e i fan vogliono vedere partite belle, non con protagonisti affaticati che giocano a scartamento ridotto in una competizione indebolita, guidata dal denaro, ma che non funziona nè per i giocatori nè per le nazionali e i club”.
Owen Farrell
Venuto a conoscenza della cosa, anche il leader tecnico dell’Inghilterra si è voluto esporre dicendo la sua: “I giocatori sono disponibili a discutere per un nuova calendarizzazione della stagione internazionale, ma ciò che verrà sviluppato dovrà funzionare evitando conflitti fra nazionali e club, in merito all’argomento dei rilasci, consentendo ai giocatori di avere periodi di riposo: la proposta che ci viene presentata al momento non sembra avere questi criteri e non mostra segni di miglioramento rispetto alla situazione iniziale presentata”.
Aayden Clarke, rappresentante del sindacato dei giocatori delle Pacific Islanders
Escluse (come sembra) dal progetto iniziale della World League, anche Fiji, Tonga e Samoa hanno voluto far sentire la loro voce, tramite Aayden Clarke: “Ho parlato con i CEO delle tre federazioni e uno di loro mi ha ovviamente riferito che questa sarebbe la morte del rugby del Pacifico”.
In sostanza cosa chiedono i giocatori
Le parole di Sexton, Read e Farrell, non certamente gli ultimi arrivati nel mondo del rugby e con un peso specifico che va oltre il loro ruolo in campo, vorrebbero portare la discussione a focalizzarsi su alcuni punti:
– Attenzione al “sovraccarico da utilizzo” per i rugbisti;
– Attenzione sui trasferimenti: viaggi a lungo raggio da sostenere in breve tempo, non avendo tempo di smaltire voli e fusi orari;
– Mancanza di opportunità, crescita e sviluppo per le formazioni del Tier2;
– Diminuire i contrasti fra i club e le nazionali, in merito alle normative sul rilascio dei giocatori;
– Potenziale impatto della World League sulla Rugby World Cup e sui tour dei British & Irish Lions;
– La qualità e l’integrità del rugby internazionale a a lungo termine.
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