Quando possesso e territorio non possono bastare

Lavagna tattica dedicata alla semifinale di Bordeaux, dove il Munster ha avuto solo in apparenza il controllo della partita

maxime machenaud racing

ph. Reuters

Che Racing 92 e Munster fossero squadre di diverso valore era già stato chiarito in sede di presentazione, dove avevamo sottolineato che la Red Army aveva un unico modo per pareggiare il peso specifico dei parigini: “servirà che tutti i giocatori facciano salire ancora di un gradino il proprio rendimento, difendere con le unghie e con i denti il proprio territorio e affidarsi ai fondamentali che Munster sa giocare meglio: meglio: mischia chiusa, maul, chiudere il gioco e farlo diventare una battaglia su ogni punto d’incontro”.

Gli uomini di van Graan hanno provato ad imboccare questa via, ben consapevoli probabilmente di avere ben poche alternative, ma nel loro cammino sono stati ingannati e dirottati verso un precipizio in maniera quasi inesorabile dai francesi, astuti ed equipaggiati a sufficienza per trasferire la superiorità tecnica dalla carta al campo da gioco.

La Red Army non è riuscita ad andare oltre la somma dei propri singoli, come le accade di consueto in certe partite, ma ha dovuto pagare dazio la maggiore rapidità e la migliore capacità di adattamento dei biancocelesti. Il Racing non è stato perfetto in diverse aree di gioco (disciplina, mischia e gestione del possesso), ma è stato cinico quanto bastava nei primi venticinque minuti della partita, per poi mettere una pezza ai propri errori innalzando delle mura insuperabili da un Munster troppo prevedibile e monotematico per larga parte del match.

Statistiche bizzarre

Il particolare rendimento del match, di riflesso, ha prodotto anche alcune statistiche a dir poco inusuali se raffrontate al risultato finale. In quali altre partite, a livelli così alti, una squadra con il 69% del possesso e il 77% del territorio (con punte del 77 e del 84% nel secondo tempo) non riesce a segnare più di 8 punti in 76′? O in cui la mischia è nettamente dominante tanto da vincerne 13 su 14? Ancora: il Racing, come anticipato, ha concesso cinque punizioni in più rispetto agli avversari.

Eppure, tutti sono concordi nell’ammettere che in campo una squadra dava l’impressione di essere molto più forte dell’altra, come se giocasse al gatto col topo in attesa della resa avversaria. È difficile immaginare che Travers e Labit abbiano immaginato una partita di questo genere, ma in campo i giocatori hanno dimostrato di saper vendere cara la pelle dopo il blitzkrieg della prima mezzora e le tre mete segnate con tre micidiali affondi.

Anche nei numeri, in ogni caso, si ritrovano i segni del controllo biancoceleste: con tutto il disavanzo nel possesso e nel territorio, Munster ha creato 7 break e battuto 21 difensori; il Racing, con il 31% di possesso, ne ha creati 6 e ne ha battuti 18, correndo 321 metri palla in mano contro i 431 degli irlandesi. In poche parole, il Racing è stato maledettamente più scaltro ed efficace.

Poco ma buono

Come il Leinster contro gli Scarlets, il Racing non ha messo in mostra un gioco offensivo pirotecnico o astruso per complessità o strutture. Machenaud, in ogni caso, ha sempre avuto a disposizione alcuni punti di riferimento ben precisi nella costruzione del gioco: mini unit di avanti per caricare la linea a testa bassa, giocatori all’altezza pronti a ricevere a ridosso della difesa…

Nulla di straordinario, ma tutto viene eseguito ad una rapidità e con una tecnica superiore alle capacità di assorbire i colpi da parte della difesa, nonostante di fronte ci fosse la miglior retroguardia della Champions fino a quel momento.

La lunga azione che porta alla prima meta di Thomas è un esempio lampante dell’accuratezza con cui il Racing ha messo alle corde il Munster con semplicità e cinismo, facendo muovere il più possibile una linea difensiva in difficoltà nel riposizionarsi alla velocità richiesta dall’incontro cambiando senso di continuo. Poi servono le grandi qualità dei singoli: l’atletismo di Ben Arous, Gomes Sa e di un grande Nyanga, gli angoli di corsa e i passaggi di Lambie…

…e la capacità di attirare attenzioni su di sé da parte di Vakatawa e Thomas. In questo frame, la difesa del Munster è stata già stressata da oltre un minuto di multifase biancoceleste di grande intensità, e non aggredisce Vakatawa che è libero di servire con un passaggio impeccabile Thomas.

L’ala è poi brava a battere Wootton, ma il Racing avrebbe avuto anche un’altra opzione in più con Dupichot al largo. E Munster non aveva saputo trovare una soluzione, né cercando di scivolare al largo il più velocemente possibile né togliendo spazio al centro di origini figiane. Nonostante fosse appena il quinto minuto, la Red Army era sembrata già piuttosto impotente di fronte alle iniziative dei ciel et blanc (e lo sarà anche nelle due mete successive).

Sbattere contro il muro

Dopo il 22′, quando Machenaud ha segnato la terza meta, inizia di fatto una storia diversa, ma dalla morale identica. Il Munster prova a mettere in campo la propria solidità e ad abradere metro dopo metro il Racing, proprio come avevano fatto i francesi in precedenza. Solo che la Red Army non riesce ad essere pungente ed efficace come la squadra parigina, e lo dimostra non riuscendo mai a concretizzare alcunché per una serie di motivi, imputabili sia al sistema difensivo avversario sia alla mancanza di spunti individuali degni di nota, capaci di cambiare il ritmo alla partita.

La verticalità del Munster non paga contro una squadra più fisica e dimostratasi più ruvida nelle collisioni, nonché abile nel salire rapidamente e costringere Munster ad affrettare le giocate. Sotto pressione, tuttavia, spesso la Red Army non ha saputo rispondere in maniera adeguata.

L’aggressività della difesa biancoceleste non era negoziabile, sia nell’uscita dai blocchi dopo un raggruppamento sia nel contendere il pallone a terra. La strategia asfissiante ha rischiato di far perdere certezze al Racing visti i diversi falli commessi, ma non si può dire che la squadra teoricamente casalinga (pur giocando a 200km da Parigi) sia stata poco lucida: su 205 placcaggi tentati (numero altissimo), il Racing ne ha completati ben 184 con una percentuale del 90%; sugli scudi il grande ex Donnacha Ryan con 18, Eddy Ben Arous con 19 e Wenceslas Lauret con 20.

La grande confidenza del Racing è emersa anche in situazioni delicate come l’ultima azione del primo tempo, quando Munster si è avvicinato realmente alla meta e arrivando corto in un’occasione; dalla mischia successiva, tuttavia, a pochi metri dalla linea la possibilità di accorciare prima di andare all’intervallo è improvvisamente sfumata a causa di un coraggioso grillotalpa di Vakatawa (e non sarà l’unico nella sua partita).

Qui invece il grillotalpa è di Maxime Machenaud, Man of the Matchnon soltanto per il ritmo imposto in attacco a inizio partita, ma anche per il coraggio inversamente proporzionale alla sua stazza dimostrato in difesa. Sui 5 metri, da prima fase dopo una mischia a favore, si traveste da flanker e lancia l’ennesimo chiaro segnale alla Red Army.

Nel complesso, oltre a mettere in campo una difesa diventata ben presto un rebus quasi irrisolvibile per Munster, il Racing ha sempre avuto il pieno controllo della partita anche grazie a queste piccole vittorie dall’enorme peso specifico nella battaglia generale.

Solo a tratti, nel secondo tempo, gli irlandesi hanno cercato di aggirare la retroguardia francese giocando di più alla mano con i propri avanti, oppure con linee di corsa più ricercate come nell’occasione della prima meta di Zebo. Il Racing non si è mai esposto completamente perdendo misure e distanze, concedendo il minimo indispensabile fino al momento in cui la partita non poteva definirsi davvero chiusa.

Salite rapide, scivolamenti laterali con i tempi giusti, spazi chiusi e copertura della profondità, anche al 72′ – e Munster non sembrava nemmeno più così convinto.

I 22 punti sono un dettaglio marginale, soprattutto perché l’ultima meta è arrivata a tempo già scaduto e sull’unica distrazione collettiva della partita, con nessun uomo della linea scalato all’indietro per coprire lo spazio alle spalle (che Machenaud aveva ben fatto prima, ma il mediano era stato sostituito nel frattempo). Mai come in quel caso, tuttavia, il Racing poteva permetterselo.

Ora sulla strada verso il primo titolo in Champions, oggi come nel 2016, c’è ancora la squadra più accreditata del lotto: in principio furono i Saracens, il prossimo 12 maggio sarà Leinster. Riusciranno i parigini a superare i propri limiti questa volta?

Daniele Pansardi

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