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Quel gioco francese che negli ‘80 mi fece innamorare della palla ovale a casa mia si è sempre chiamato rugby champagne ed era il frutto di una apparente follia improvvisa che in realtà era il risultato di schemi di gioco riprovati fino alla nausea e che avevano nel minimo mantenimento di palla individuale e nella molteplicità di soluzioni di sostegno la chiave, apparentemente semplice, di riuscita. Una direzione di gioco orchestrale eseguita a velocità che in musica corrispondono al “presto “. Non me ne voglia chi apprezza il gioco muscolare, probabilmente accentuato e reso sempre più necessario da nuove e discutibili regole, se continuo a pensare che quell’epoca fosse rugbysticamente molto più divertente a vedersi ( ed immagino anche a giocarsi, dato anche il progressivo aumento degli infortuni verificatosi nell’ultimo ventennio) di quella attuale.
C’è anche da dirsi che il rugby degli anni 80 non era ancora entrato nel professionismo, quindi era uno sport con altri ritmi di gioco. Comunque sia, credo che la Francia in Europa con il suo rugby champagne sia stata per decenni una piacevole variazione al rugby intenso e muscolare dei britannici. Peccato che ora la Francia sembri solo una variante europea del Sud Africa. Forte quanto vuoi, ma veramente brutta a vedersi.