Sei Nazioni 2018: il borsino azzurro verso l’Irlanda

I giocatori con le quotazioni in rialzo, chi è stabile e chi forse vede le proprie al ribasso

ph. Sebastiano Pessina

Era un’italia sperimentale, si diceva alla vigilia. Per quanto visto in campo, sarebbe il caso di rivedere l’aggettivo da accostarle vicino: coraggiosa (in attacco), confusa (in difesa), proattiva, un po’ disattenta, giovane… Ma la prestazione messa in campo dagli Azzurri, pur tra inevitabili alti e bassi, ha evidenziato che quello di Conor O’Shea non si trattava di un esperimento o soltanto di un banale test per gli Under 23 di turno, ma di un XV con le competenze adeguate per sporcare l’abito all’Inghilterra.

Con il passare del Sei Nazioni scopriremo chi sarà realmente un titolare e chi dovrà sudare per riguadagnarsi una chance in Irlanda, ma questo discorso vale per (quasi) tutti i quindici scesi in campo all’Olimpico. C’è chi ha visto al rialzo le proprie prospettive, chi al ribasso, chi è rimasto stazionario (e non è necessariamente una cosa positiva).

Chi sale

Tommaso Allan
Dall’incredulità per la scelta di Conor O’Shea, agli applausi per la gestione della cabina di regia. L’italo-scozzese fa girare la squadra con un ordine e un rigore eccellenti, per certi versi sorprendenti se si pensa alle poche (e quasi sempre balbettanti) partite disputate fin qui in stagione. La sua disciplina nel seguire il piano di gioco è stata preferita all’estro di Canna, e il 24enne ha ripagato la fiducia dello staff tecnico eseguendo passaggi puliti e precisi, variando quando serviva come nel caso dell’assist a Benvenuti. È il caso di dirlo: bentornato.

Tommaso Benvenuti
Il trequarti del Benetton ha già vinto il premio alla ‘carriera più enigmatica’. Cinque anni fa segnava una meta all’Inghilterra nella prima partita all’Olimpico dell’Italia, domenica si è ripetuto con uno sprint essenziale che ha battuto sul tempo Mike Brown. Che fosse un giocatore affidabile lo si sapeva, ma negli ultimi tempi Benvenuti sembrava aver riposto accelerazione e istinti offensivi nel cassetto. Ultimamente li ha ritirati fuori: la faccenda si fa interessante.

Matteo Minozzi
21 anni, 175cm per 76kg e tre spezzoni di gara a livello internazionale. Eddie Jones, da fine stratega, avrà gongolato nel leggerlo in formazione, ma alla pioggia di palloni alti il padovano ha saputo rispondere con lucidità, ad eccezione di qualche incertezza iniziale. L’ex Calvisano si è sottratto bene alla pressione inglese, dimostrando anche quella vena offensiva con cui si è già fatto conoscere con le Zebre (4 difensori battuti, il migliore dell’Italia). Da rivedere soltanto nel posizionamento alle spalle della prima linea difensiva.

Sebastian Negri
Il terza linea del Benetton è stato il ball carrier più utilizzato della squadra con 18 cariche, a cui corrispondono appena 12 metri guadagnati. Le statistiche, in questo senso, non premiano però il work rate dell’ex Hartpury, sempre molto abile a non schiantarsi semplicemente contro la difesa inglese, ma anche a mettere nelle condizioni migliori i compagni per ripulire il punto d’incontro lavorando bene con il corpo a contatto. Meno vistoso di Giammarioli o Licata, ma anche lui molto efficace.

Stabile

Castello & Boni
In azzurro, la coppia di centri delle Zebre è arrivata alla quarta presenza consecutiva. Più anonimo il primo, più in vista il secondo sia nel bene (alcune folate offensive degne di nota) sia nel male, con i due placcaggi consecutivi mancati sulla doppietta di Watson. In generale non demeritano, mostrando anche un timing migliore in fase offensiva, ma non sembrano avere grandi margini di miglioramento individualmente.

Alessandro Zanni
È stabile, perché è stabilmente un leone per tutti gli ottanta minuti. Non è la classica seconda linea da 120kg come Launchbury (e in mischia se ne sentirebbe il bisogno), ma il suo apporto in ogni fase di gioco non manca mai, anche se non sempre riesce a fare la differenza. O’Shea può fidarsi.

Mattia Bellini
Quando è chiamato in causa risponde presente, sfruttando la sua tecnica di corsa efficace e la capacità di uscire dal frontale. Gli manca un po’ di esplosività in accelerazione, che sembra limitarlo quando bisogna inseguire i palloni alti e portare pressione. La maglia numero 11, in ogni caso, ha un padrone ben preciso.

Chi scende

Leonardo Ghiraldini
Commette alcuni falli troppo sciocchi per essere veri, se si pensa che il tallonatore del Tolosa domenica ha raggiunto i 90 cap. In campo aperto si fa valere, al lancio è sicuro, ma la mancanza di disciplina in momenti da gestire in maniera più saggia (possesso inglese nei loro 22) pesa tanto.

Nicola Quaglio
Lovotti gli ha lasciato in eredità Dan Cole e forse nessuno si aspettava che il pilone del Benetton Treviso potesse ribaltare le sorti del primo tempo in mischia. Acclarato questo, il rodigino tuttavia è sembrato spesso fuori tempo anche in campo aperto, tanto da sbagliare due placcaggi su quattro. Considerando che al momento è lui l’unica alternativa a Lovotti, è necessario un cambio di marcia.

Carlo Canna
In sette minuti è difficile fare granché, ma il mediano delle Zebre si mette in luce per un restart corto (ed era appena entrato) e un calcetto piuttosto pretenzioso e di poca utilità. Le motivazioni non dovevano essere alle stelle, ma non è stato il miglior modo per rispondere ad Allan.

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