I Test Match 2017 sulla bilancia: analisi di un lungo novembre internazionale (prima parte)

La redazione di On Rugby si è riunita di nuovo per rispondere a nove temi fondamentali. Ecco la prima parte

ph. Reuters

ph. Reuters

La fine del mese di novembre porta via con sé anche i Test Match autunnali, che hanno colorato una stagione già di per sé ricca di sfaccettature e di scorci mozzafiato. Sul campo, la bellezza si è manifestata sotto varie forme: con la monolitica Inghilterra, l’organizzata Irlanda che va a memoria, gli spettacolari All Blacks e l’insurrezione della Scozia. Ma l’autunno è anche la stagione della caducità e del declino, ben rappresentate dalla smarrita Francia e dalle altalenanti Sudafrica e Australia. L’Italia? A esser crudeli verrebbe da dire che gli Azzurri sono da anni intrappolati in un autunno perpetuo, ma il processo avviato da Conor O’Shea ci induce a seguire le dichiarazioni del CT irlandese.

Nella redazione di On Rugby, invece, abbiamo cercato di combattere la tristezza per la conclusione della finestra internazionale creando un tavolo di discussione sui nove temi fondamentali di questo mese.

 

Emisfero Nord vs Emisfero Sud: la partita è sul 5-5 (non consideriamo le partite dell’Italia e quelle contro le Tier 2 nel punteggio) con Galles-Sudafrica ancora da giocare, anche se i Dragoni potrebbero avere qualche assenza visto che la sfida cade fuori dalla finestra internazionale. Ad eccezione della disastrosa Francia, tuttavia, le quattro Home Union sembrano godere davvero di ottima salute, meglio di Australia e Sudafrica (e sicuramente dell’Argentina).

Daniele Pansardi
Nonostante lo score sia in pareggio, è innegabile come l’Emisfero Nord abbia compiuto notevoli passi in avanti rispetto a due anni fa. La crescita della Scozia è la cartina al tornasole di questo discorso; Inghilterra e Irlanda hanno pure gestito al meglio i propri uomini migliori, oltre a farli rendere al meglio; il Galles è in una fase di transizione ed è quella più indietro. A Sud è quasi estate in questo momento, ma in casa Springboks e Wallabies le tempeste sono spesso dietro l’angolo e si traducono in risultati spesso inspiegabili.

Lorenzo Calamai
In questo momento sembra che Inghilterra e Irlanda abbiano il pedigree per andare a comporre un ideale podio del rugby mondiale, sul cui gradino più alto rimangono ovviamente gli All Blacks. Sudafrica e Argentina vivono chiaramente un momento di flessione, anche rispetto alla Scozia. L’Australia è una squadra dai risultati alterni, ma i cui problemi risiedono lontano dal rettangolo di gioco. Direi che la situazione di equilibrio fra i due emisferi è ben rappresentata dalla parità nel rapporto vittorie-sconfitte: un risultato notevole se si pensa alla RWC 2015, e che ha fatto un gran bene al rugby.

Matteo Mangiarotti
L’autunno internazionale è stato positivo per Scozia e Irlanda, che si sono dimostrate pronte per sfide ancora più impegnative, l’Inghilterra ha dimostrato di essere una grande squadra – tralasciamo la caduta di stile della percentuale degli ingaggi prima promessa, poi negata a Samoa che getta quelche ombra sui Bianchi – mentre il Galles ha ben poco da sorridere visti risultati e infortuni.

Matteo Viscardi

L’Inghilterra, ormai da due stagioni, è la vera “alternativa” agli All Blacks. Il trittico di vittorie era ampiamente pronosticato e pronosticabile. Discorso simile anche per l’Irlanda, che già al mondiale 2015 si era presentata come potenziale protagonista assoluta, salvo sciogliersi nei quarti di finale, anche a causa di una gestione della rosa non straordinaria. Proprio su questo aspetto, Schmidt sta cercando di limare i difetti dello scorso quadriennio, allargando il parco giocatori e dando più responsabilità ai giovani emergenti di assoluta qualità. La Scozia ha confermato la vittoria estiva sull’Australia, candidandosi nuovamente a terza forza del Sei Nazioni, visti malanni e difficoltà di Francia e Galles.

 

La Scozia ha bussato con forza alle porte dell’élite mondiale, ricevendo risposte davvero convincenti. Per la vittoria del Sei Nazioni ci sono anche gli Highlanders?

Matteo Mangiarotti
Tre anni fa i brillanti risultati ottenuti durante l’autunno internazionale mi avevano convinto che la Scozia era davvero pronta per il “grande salto”. Il Sei Nazioni 2015 si chiuse, invece, con cinque sconfitte. Sono quindi un po’ più cauto nei pronostici, ma la Scozia che ho visto in campo al BT Murrayfield contro All Blacks e Wallabies ha dimostrato di essere una squadra capace di giocarsela, finalmente, con chiunque. E uno degli aspetti più positivi è la profonditá mostrata in molti reparti.

Daniele Pansardi
Il calendario prevede le sfide in casa contro Francia e Inghilterra, e soprattutto quest’ultima dirà molto delle possibili ambizioni degli uomini di Townsend, visto che si gioca a Murrayfield. Con sole due partite a Edimburgo sembra difficile, ma se stiamo imparando qualcosa da questa Scozia è proprio la capacità di spingersi sempre oltre il limite con un gioco a tratti spettacolare e degli interpreti straordinari.

Lorenzo Calamai
Partono come outsiders. Sulla singola partita gli scozzesi sono in grado di battere chiunque, ma in un torneo, seppur breve, come il Sei Nazioni credo che squadre più complete come Inghilterra e Irlanda abbiano più chance.

Matteo Viscardi

Attualmente gli scozzesi restano la terza forza in campo, ancora lontani dal duo di vertice. Che sia, però, giunto il momento di tornare a battere gli inglesi in quel di Edimburgo? In casa, la banda Townsend ha una marcia in più.

 

Inghilterra e Irlanda continuano a macinare gioco e a piallare i propri avversari, anche se la formazione B irlandese ha sofferto le Fiji. Eddie Jones e Joe Schmidt sono due fini strateghi, ma qual è la squadra migliore? 

Lorenzo Calamai
L’Irlanda sta macinando risultati con una continuità impressionante, mi colpisce più dell’Inghilterra. Non è, il loro, un rugby particolarmente divertente, ma sicuramente funziona. La resa dei conti fra le due superpotenze al Sei Nazioni sarà intrigante e decisiva, ma per il momento non credo si possa esimersi da mettere la propria fiche sulla nazionale della Rosa. Hanno una profondità di scelte che in questo momento non ha nessuno, forse neanche la Nuova Zelanda se si guarda a livello quantitativo, e una solidità mentale che non teme di essere scalfita.

Matteo Mangiarotti
L’Inghilterra con Eddie Jones è tornata una delle potenze del rugby mondiale dimenticando anche (quasi) l’umiliazione subita nella RWC casalinga, mentre l’Irlanda ha dimostrato che in casa può davvero battere chiunque. Il problema dei Verdi sembra essere l’approccio mentale quando “il gioco si fa duro”, ovvero quando si trovano a dover fare i conti con la Coppa del Mondo. A due anni da Giappone 2019, comunque, Schmidt ha a disposizione un gruppo di giocatori completo – e può permettersi il lusso di rinunciare a giocatori come Simon Zebo

Daniele Pansardi
L’Inghilterra è effettivamente un passo in avanti rispetto all’Irlanda, che dalla sua ha una mediana composta da automi e una terza linea stellare. Nello scontro diretto i Verdi hanno dimostrato di poter battere chiunque, compreso il XV della Rosa, e l’aggiunta di un giocatore imprevedibile e estroso come Stockdale darà senz’altro quel quid in più a Schmidt. Sulle cinque partite, tuttavia, la banda di Jones resta un passo avanti.

 

 

Il Galles ha (finalmente?) scoperto che si possono fare anche più passaggi nella stessa fase di gioco. L’addio alla Warren Ball è un bene o si rivelerà un salto nel vuoto?

Daniele Pansardi
Ma soprattutto Gatland e soci hanno scoperto che anche gli avanti hanno delle belle mani, a partire dal pilone Rob Evans. Quella intrapresa è una strada interessante, pur non essendo ancora chiaro se e quando porterà i suoi frutti. Importanti gli innesti di Navidi e Shingler, che garantiscono profondità in terza linea.

Lorenzo Calamai
Il Galles vede davanti a sé una situazione particolare: c’è la concreta possibilità che questa finestra internazionale si chiuda con una sola vittoria su quattro, ma il bicchiere appare inevitabilmente mezzo pieno. Le partite contro Australia e Nuova Zelanda sono state fra le migliori di tutto il mese, i gallesi mettono garra e piacere di giocare in questo nuovo approccio al gioco, che chiede un po’ di tempo per essere consolidato e una maggiore profondità nei ricambi, cosa di cui è un po’ orfano questo Galles. Adesso dobbiamo solo convincere Gatland a togliere Halfpenny e a dare la maglia numero 15 a Liam Williams.

 

 

Vale la pena spendere parole sugli All Blacks, o si è già detto tutto il possibile? Certo, con la Scozia sono andati molto vicini alla sconfitta, tra decisioni arbitrali poco ortodosse e placcaggi all’ultimo secondo.

Matteo Mangiarotti
Gli All Blacks sono ancora i padroni delle chiavi dell’Olimpo rugbistico e lo saranno ancora per molti anni, perchè nonostante le difficoltà – e contro la Scozia avrebbero potuto perdere, è un dato di fatto – mostrate in alcune gare, sono ancora la squadra più capace di trovare una soluzione quando si trova all’ “angolo”, e soprattutto, sono ancora quelli più bravi a fare bene le cose semplici e a far sembrare semplici le giocate più difficili.

Lorenzo Calamai
Secondo dati ESPN, la Nuova Zelanda ha avuto nel primo tempo il 25% di occupazione territoriale nella metà campo opposta e il 31% di possesso palla contro il Galles. Illustri il candidato quali altre squadre sono in grado di segnare due mete a partire dai succitati dati.

Daniele Pansardi
*Momento autocelebrativo: sono contento di aver scritto nella guida ai Test Match che “non è da escludere che la squadra a mettere più in difficoltà gli All Blacks sia proprio la Scozia”. Fine.*
Sia i Dark Blues che (in parte) il Galles hanno dimostrato che le strade per fare male alla Nuova Zelanda esistono, anche se ancora sembrano meno esplorate dell’attacco italiano. E il motivo è anche una difesa al limite (pure oltre, vero Read?) del regolamento in tante occasioni, il che non è da leggere come un’accusa ma anche come un pregio di saper giocare sul filo del rasoio. Quando poi il pallone è nelle mani di Barrett, McKenzie, Williams e Ioane si raggiungono vette altissime di appagamento misto a pura esaltazione.

Matteo Viscardi
Giova sempre ricordare come questa squadra si permetta di lasciare a casa Julian Savea per scelta tecnica, Ben Smith a riposo e di come in Europa ci siano diversi fenomeni che farebbero ancora al caso di Hansen (Fekitoa, Cruden, Piutau e la lista é lunga). Ma quando puoi contare sul giocatore più forte del mondo (Barrett), su un Rieko Ioane formato super star e su una seconda linea fuori categoria non puoi che dominare Ovalia. Del resto, se le tue squadre, da anni, monopolizzano il super rugby, significa che la profondità della rosa, in termini quantitativi e qualitativi, è senza eguali.

 

Poi dalla panchina entrano anche Perenara e Sopoaga, se non ne aveste abbastanza

 

 

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