Italia-Scozia: da Singapore alla Georgia c’è di mezzo l’Oceano ovale

In settimana doppio confronto U20 e Senior tra le due squadre. Ma il sistema scozzese è già vincente

italia scozia under 20 rugby

ph. Matteo Ciambelli

Inizia quest’oggi una settimana dai toni ovali decisamente importanti e che avrà in un doppio confronto italo-scozzese il proprio apice. Giovedì la Nazionale Under 20 affronta i pari età avversari nel match valido per la terza e ultima giornata della fase a Gironi del Mondiale di categoria: una partita fondamentale per il destino delle due squadre, appaiate a 5 punti in classifica e che potranno proseguire il proprio cammino iridato in una parte più o meno nobile del tabellone. Sabato toccherà invece alle selezioni maggiori, che apriranno nella suggestiva cornice di Singapore il proprio tour estivo. Una realtà ovale, quella scozzese, con cui spesso in anni recenti ci siamo ritrovati a confronto: dentro il campo, giocandoci più di una volta l’ultimo posto nel Sei Nazioni; fuori, perché a livello di organizzazione e costo della parte pro della piramide (2 franchigie e metà del budget speso per l’attività professionistica di club, Accademie e selezioni nazionali) è quella a noi più simile.

In tempi recenti le cose hanno poi preso la piega che tutti abbiamo imparato a conoscere. E mentre Glasgow passava in quattro anni dal penultimo posto (2011) alla vittoria in Pro12, progressivamente – forse con un po’ di ritardo rispetto alla tabella di marcia – anche la Nazionale del cardo ha iniziato a raccogliere i frutti di quanto seminato in un progetto che ha avuto un minimo comune denominatore: il dialogo tra le parti.

 

 

Lista delle cose che stiamo facendo: il dialogo orizzontale

goosen italia rugby

ph. Sebastiano Pessina

Non stiamo parlando solo di dialogo tecnico. Di quello ci ha parlato più di una volta Massimo Cuttitta, ex allenatore della mischia scozzese. O meglio, della mischia della Scozia intera, visto il costante lavoro fatto su e giù per il paese insegnando una comune metodologia di lavoro che dalla Nazionale scende a cascata su franchigie e relative Accademie. Da questo punto di vista l’arrivo di Conor O’Shea ha sicuramente portato novità e voglia di cambiamento, con un continuo dialogo tra i livello pro italiani iniziato con la scelta di portare Goosen e Guidi in tour nelle Americhe lo scorso giugno, e proseguito poi nel corso della stagione con visite sue e dello staff a Treviso e Parma e sui campi di Eccellenza, durante la settimana e nei weekend. No, non è di questo che stiamo parlando.

 

 

Lista delle cose da fare: il dialogo verticale (il draft scozzese)

Ci riferiamo ad un altro tipo di dialogo, che si svolge ad un gradino più basso. Sotto Glasgow ed Edimburgo – 2 franchigie pure loro – ci sono i club di BT Premiership, massimo livello domestico: 10, pure loro. In che rapporto con la punta della piramide?

Ogni anno ad inizio stagione si svolge il cosiddetto draft. Tutti i giocatori di Glasgow, Edimburgo e della Nazionale Seven vengono suddivisi (sulla base soprattutto di criteri geografici est-ovest) tra i 10 club di BT Premiership (funziona come in NBA, l’ultimo sceglie per primo): se non coinvolti con le franchigie o con la selezione a sette, su indicazione dei rispettivi staff tecnici, nel weekend i giocatori possono scendere in campo con il proprio club assegnatario. Chiaro che il sistema non coinvolge i vari Hogg, Russell & Co., ma sono tanti i giovani – e i rientranti da infortunio – che regolarmente lo sfruttano.

 

Il protocollo che regolamenta il tutto è stato firmato dai 10 club e prevede precisi paletti. Per motivi di integrità fisica funziona solo in campionato e nelle partite di National Cup purché tra due squadre di Premiership – insomma, non quando sono coinvolte squadre amatoriali. I giocatori devono essere rilasciati entro giovedì per fare almeno un allenamento pre partita con il club assegnatario. E poi ancora, in una partita può esserci una differenza massima di due giocatori rilasciati per ogni squadra assegnataria; se la differenza è superiore, i giocatori extra o non vengono utilizzati o vengono “offerti” solo per quella partita agli altri club e il primo che dichiara di volere il giocatore, se lo aggiudica. Anche i nostri Simone Favaro e Leonardo Sarto erano coinvolti la scorsa stagione, scelti rispettivamente da Currie e Ayr. Potenzialmente, erano anche loro due permit player.

 

 

Due direzioni e un errore comune

Espressione , quest’ultima, spesso da più parti invocata ma mai concretamente e sistematicamente percorsa. Eppure era questa una delle questioni forti che l’ingresso in Pro12 avrebbe dovuto costringere ad affrontare in modo preventivo, per evitare di arrivare a situazioni viste in tempi recenti: in una direzione, muro contro muro con squadre che non rilasciano giocatori  e franchigie che – con un’Accademia di là dalla staccionata – accolgono nei ranghi giocatori francesi provenienti dalla Serie A; nell’altra, con giocatori delle franchigie che faticano a trovare minutaggio e perdono ritmo e sensazione della partita.

 

Sia chiaro, tutti i club e tutti i Presidenti che investono nell’Eccellenza hanno il pieno diritto di prendere tutte le decisioni del caso per tutelare la propria squadra. Ma doveva essere chiaro fin da subito che l’ingresso in Pro12 avrebbe costretto prima o poi ad una decisa inversione di rotta, in cui l’unica cosa che davvero contava era remare forte e tutti dalla stessa parte. Cosa che, ad oggi, ancora non è avvenuta, con tutte le conseguenze del caso. Nell’Italia dei campanili ovali, a sette anni dall’entrata in Pro12 un protocollo comune stile draft scozzese resta un qualcosa davvero difficile da pensare. E alcuni gesti – come guidare 150 chilometri per comprare un quotidiano – non aiutano certo a creare quel clima distensivo che tanto servirebbe.

 

 

No, non ci aspettiamo che dalla sfida tra Italia e Scozia di giovedì escano una quantità di campioni pari a quella uscita dalla sfida tra Nuova Zelanda e Inghilterra ai Mondiali Under 20 del 2011 (Mako Vunipola, Launchbury, Ford, Wade, Farrell, Daly, Yarde, Luatua, Retallick, Sopoaga, Anscombe, Perenara, Barrett, Piutau, Naholo). Perché è troppo diverso il contesto ambientale e culturale in cui i ragazzi crescono, è troppo diverso il valore dello sport nei rispettivi sistemi scolastici (vedere le progressioni e gli scatti dei Baby Blacks), ed è troppo diverso il livello di selezione attraverso cui devono passare per rappresentare anche solo a livello Juniores la propria nazione.

Ci auguriamo però che escano ragazzi che abbiano davanti un percorso ovale credibile e che non vedano Eccellenza e Pro12 come due mondi autoreferenziali e magari in conflitto. Aprire in modo chiaro e sistematico il canale di comunicazione tra i due livelli, ma anche creare un gruppo stabile di giocatori Seven, sono due strumenti per cercare di risolvere uno dei problemi della nostra selezione Juniores: la “dispersione” di giocatori Under 20 che interrompono il proprio percorso ovale. I colleghi pari età scozzesi vedranno uno scenario completamente diverso davanti a sé. Da Singapore alla Georgia, c’è di mezzo l’Oceano ovale.

di Roberto Avesani

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