La strada della Nazionale e quella delle franchigie: intervista a Conor O’Shea

Abbiamo intervistato il Commissario Tecnico azzurro durante la presentazione del Sei Nazioni

conor o'shea italia rugby

ph. Reuters

LONDRA – “E’ una vittoria dal significato enorme perché dimostra due cose: il potenziale di questa squadra quando gioca con intensità e passione, ma anche quanto lavoro ci sia ancora da fare. Comunque è un successo che ha dato fiducia e che può essere d’ispirazione per le giovani generazioni”. Parte dalla vittoria di Firenze contro il Sudafrica, citando anche la successiva sconfitta contro Tonga, l’incontro di Conor O’Shea con la stampa in occasione del lancio ufficiale del Sei Nazioni 2017. Ai media esteri il Commissario Tecnico irlandese sottolinea una cosa in particolare sull’Italia: “Questo paese fa parte della tradizione e della storia del rugby. E’ dentro la tradizione del gioco ed esserne allenatore è un privilegio“.

Si parla poi degli obiettivi del Sei Nazioni 2017 e in generale della gestione e la scansione temporale è quella dei tre periodi: breve nel torneo, “400 minuti di totale dedizione e impegno”, medio/lungo, “creare un sistema che incoraggi i giovani a sviluppare il proprio talento: abbiamo ragazzi che con il giusto sistema possono vivere più giorni come quello di Firenze e veramente diventare la squadra che nessuno vuole affrontare”. Per raggiungerli una cosa chiede ai giocatori, “un’incredibile etica del lavoro“. Una parola poi sul Galles, primo avversario degli Azzurri (“Ha grandi giocatori, che ti possono attaccare da ogni parte del campo. Ma noi ci concentreremo soprattutto su di noi e sulla nostra performance”) e una sullo staff tecnico: “Giampiero De Carli ha un apporto vitale nel nostro percorso. A noi servono grandi fasi statiche, perché fanno parte dell’identità di gioco dell’Italia. Non vogliamo essere la Nuova Zelanda, il Galles o l’Irlanda. Vogliamo la nostra identità”.

Al termine dell’incontro collettivo con la stampa, abbiamo incontrato Conor O’Shea per alcune domande specifiche sul movimento Italia.

 

 

Quanto sono collegate crescita della Nazionale e crescita delle franchigie?
Per noi è importantissimo avere due squadre che siano competitive. In questo momento a Treviso c’è una struttura buona, peccato solo per gli infortuni di molti giocatori. Alle Zebre c’è un buon gruppo di giocatori ma sono invece necessari dei cambiamenti. Servirà tempo, come è servito alla Scozia quando Glasgow ed Edimburgo non vincevano ma ora sono ai quarti di finale delle Coppe e anche la nazionale ne risente. Possiamo fare questi cambiamenti perché le competenze non mancano: il sistema c’è, ma bisogna modificare alcune strutture come il modo di allenare fitness e mentalità.

 

 

Da cosa passano i cambiamenti?
Una parte importante del lavoro si gioca a livello generale ed è vedere le cose con un occhio diverso, meno negativo, senza parlare solo delle cose sbagliate… Ci sono tante cose da cambiare, lo so, ma c’è anche molto di buono nel modo di fare sport italiano, nella cultura sportiva e nella passione. Nel breve termine è importante fare in modo che la Nazionale diventi più competitiva e prima ciò accade e meglio è.

 

 

Quando è arrivato agli Harlequins, la squadra usciva dal bloodgate. Quando l’ha lasciata, in bacheca c’erano una Premiership, una Challenge Cup e una LV=Cup…
Di base sono una persona positiva. Sapevo che situazione c’era agli Harlequins, ma sapevo anche quanto potenziale c’era. E qui in Italia è lo stesso, il potenziale c’è sempre stato basta pensare alle squadre degli Anni Novanta, con giocatori fantastici. Al giorno d’oggi tutte le nazionali migliorano e diventano più forti, ma possiamo farlo anche noi. E’ questo ciò a cui penso nel medio e lungo periodo. Poi certo, io sarò giudicato sulla base dei risultati ma personalmente giudicherò la nostra squadra e i giocatori sulla base delle prestazioni, alla ricerca di consistenza e continuità nelle nostre performance. Non voglio lasciare dietro di me mura di carta ma solide fondamenta.

 

 

Il Pro12 è sempre importante per noi?
Assolutamente. E’ fondamentale.

 

 

Due squadre è il numero giusto?
Sì. Abbiamo abbastanza giocatori per competere con due squadre, che crescono di pari passo e non a velocità diverse. Connacht dimostra le potenzialità di questa competizione e quanto si può cambiare: le cose evolvono e il nostro lavoro è favorire i cambiamenti..

 

 

Come si può fare in modo che dal punto di vista mentale vi sia uno scambio di reciproca positività tra Nazionale e club?
E’ fondamentale che i club abbiano una right structure come la Nazionale. E come dicevo Treviso è sulla giusta strada rispetto alle Zebre dove c’è invece più lavoro da fare. Come ho detto ai ragazzi lunedì mattina, abbiamo una grande responsabilità: dobbiamo gestire i cambiamenti e in questo la guida dei senatori è fondamentale. Con giocatori come Parisse, Favaro, Leonardo Sarto e giovani come Carlo Canna e Andrea Lovotti, è possibile

 

 

Ha già individuato il gruppo forte che andrà alla Rugby World Cup 2019?
Sicuramente. Però non per questo non ci guardiamo attorno: sono stato sabato a vedere Calvisano-Petrarca perché in campo erano presenti giocatori per noi interessanti.

 

 

Sistema permit player. Ci saranno novità anche in direzione dal Pro12 all’Eccellenza?
Sì. Ci saranno molti cambiamenti nei prossimi anni.

 

di Matteo Mangiarotti

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