OnRugby on the field: l’allenamento funzionale e il recupero fisico

La combinazione forza-resistenza e la recovery, due aspetti centrali per una preparazione atletica efficace in ogni tipologia di allenamento

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

prozis

Oggi chiudiamo questo ciclo della nostra rubrica dedicata alla preparazione atletica.

Abbiamo già trattato delle metodiche di allenamento relative al miglioramento e all’incremento delle capacità condizionali (forza, resistenza, mobilità); oggi ne approcceremo una in particolare che, contemporaneamente, può contribuire sia a svilupparle sia a potenziarle.

L’altro argomento che affronteremo è quello del recupero fisico sia in fase di allenamento sia durante le competizioni agonistiche (recovery).

 

Negli anni, l’analisi scientifica delle reazioni agli stimoli allenanti ha portato a considerare metodo efficace per il miglioramento delle capacità condizionali (oltre a quelli canonici di cui abbiamo trattato nei primi due articoli), l’allenamento di tipo funzionale (detto cross fit).

Si dice allenamento funzionale quello che, attraverso esercizi particolari (eseguiti in sede di preparazione atletica), riproduce la gestualità della vita quotidiana in generale e quella legata alla pratica sportiva in particolare. Ovvero tutti quei movimenti che, dopo millenni di evoluzione, sono divenuti efficaci nella motricità ed economici energeticamente (in pratica la massima resa con il minimo sforzo) come la corsa, il salto, la spinta, il lancio, la presa.

Questi movimenti sono generati da una serie di impulsi nervosi che attivano una catena muscolare (catena cinetica) che concorre alla realizzazione del movimento.

Ogni movimento che compiamo è il risultato di una sinergia (collaborazione) fra singole azioni muscolari. Questa “collaborazione” tra muscoli, gestita da meccanismi neuro-muscolari estremamente elaborati, porta all’esecuzione di tutti i movimenti che il nostro corpo è fisicamente e fisiologicamente in grado di eseguire.

Nel rugby l’allenamento funzionale trova le migliori applicazioni. La difesa della palla (la preda di caccia da portare al villaggio dovendola difendere dai clan avversari), il gioco di squadra (il clan che si unisce per proteggere la preda) e le azioni connesse come i passaggi, i lanci, le prese etc. etc., fanno di questo sport il più nobile compendio simbolico delle attività originariamente legate alla sopravvivenza.

 

Combinare forza e resistenza è da sempre questione centrale per una preparazione atletica efficace. L’allenamento funzionale ha esattamente questo scopo. È un metodo per accrescere la capacità di resistere alla fatica (l’espressione della forza prolungata nel tempo).

Nel primo articolo abbiamo accennato a come, in allenamento, l’utilizzo di “attrezzi” non convenzionali (catene, funi, zavorre di varia forma, pneumatici di veicoli industriali, etc. etc. …) sollevati, spinti, trascinati o ribaltati aiuti a riprodurre le azioni di gioco provocando un miglioramento della potenza nel giocatore.

L’altro enorme vantaggio dell’allenamento funzionale è la possibilità di trasformare la forza assoluta in forza esplosiva e reattiva (vera manifestazione della forza in campo), soprattutto nel corso della stagione di gioco, quando è essenziale mantenere efficienza nell’azione dinamica.

 

L’allenamento funzionale è una rivisitazione del vecchio lavoro di circuit training (esercizi, con carichi leggeri, eseguiti uno di seguito all’altro senza pause). La variante, oltre a ricorrere all’ausilio di attrezzi “alternativi”, è la richiesta di un alto impegno muscolare (un tempo si pensava di dover rinunciare al carico muscolare per non penalizzare la resistenza aerobica) così da consentire all’atleta di ottenere la necessaria resistenza alla forza (ovviamente al rugbista non serve l’elevata resistenza del maratoneta).

 

Il recupero (recovery) è un aspetto importantissimo per l’efficacia di ogni tipologia di allenamento e da questo dipende direttamente il miglioramento delle capacità condizionali.

Il nostro organismo utilizza diversi sistemi per suggerirci la necessità di riposare. Uno di questi è il classico “fiatone” (il più immediato tra i vari “segnali di allerta” e, sicuramente, il più difficile da ignorare). È la conseguenza dello sforzo cardio-vascolare e muscolare. Consente sia lo smaltimento dell’accumulo di sostanze di scarto (anidride carbonica ed acido lattico) sia il recupero dell’ossigeno necessario per i processi vitali.

Per un atleta allenato l’insorgere di questa sensazione si manifesterà solo dopo un prolungato svolgimento dell’attività sportiva. Cionondimeno, soprattutto per un soggetto atleticamente preparato, ignorare questa avvisaglia, può portare a conseguenze decisamente gravi. L’insorgenza di crampi limita immediatamente la motricità dell’individuo fino al punto di bloccarlo forzatamente con lo svenimento.

 

Altro efficace sintomo che avvisa lo sportivo della necessità di riposare è il DOMS Day Off Muscolar Soreness – cioè il dolore muscolare dei giorni successivi all’allenamento.

È bene precisare che, al contrario di ciò che molti pensano, questi dolori non dipendono dall’accumulo di acido lattico (che viene smaltito dall’organismo quasi completamente entro due ore dalla sua formazione), ma da micro traumatismi muscolari.

 

Nei primi articoli abbiamo trattato il tema della ricostruzione della matrice plastica muscolare distrutta nel corso dell’allenamento evidenziando quanto questo processo sia essenziale, non solo per il recupero, ma anche per il miglioramento delle prestazioni muscolari.

La gestione della recovery va quindi sapientemente organizzata.

Se l’attività allenante viene sospesa per troppo tempo, il sistema, per così dire, si resetta: cioè vengono ripristinate le condizioni fisiche originali.

Per ottenere un adeguato adattamento muscolare (e quindi prestativo), è necessario produrre un nuovo stimolo prima che gli effetti di quello precedente siamo completamente superati.

Il nome scientifico di questo processo è sindrome generale di adattamento. Tale sindrome (in questo caso applicata all’attività fisica) è studiata in medicina.

Il concetto di base è quello di produrre uno stress (stimolo allenante) al quale segue una fase di contro-stress (reazione allo stress con la riparazione delle fibre), a sua volta seguita da una fase di adattamento (miglioramento delle prestazioni).

 

Ciò detto, è fondamentale rivolgersi sempre a un professionista che sia in grado di gestire con piena cognizione di causa questi delicati meccanismi di alternanza lavoro-recupero.

Infatti, le conseguenze (come per esempio il sovrallenamento) possono essere davvero gravi per la salute dell’atleta.

I sintomi più comuni del sovrallenamento sono insonnia, inappetenza, astenia (debolezza), calo di peso fino ad apatia e depressione.

Ricordiamo che la moderna tecnologia alimentare (attraverso l’integrazione di cibi e bevande energetiche, proteine e amminoacidi a catena ramificata e non) può aiutare a meglio gestire situazioni come questa consentendo di recuperare in maniera sana e più rapida dallo stress dell’allenamento.

 

Chiudiamo ricordandovi, ancora una volta, che non si deve mai improvvisare, è essenziale ricorrere sempre all’esperienza di un professionista che saprà indirizzarvi e seguirvi

Roberto Verdicchio

 

Qui trovate le Puntate precedenti:

OnRugby on the field: La Forza – parte 1 

OnRugby on the field: la forza parte 2 e la resistenza organica

OnRugby on the field: la flessibilità e la lunghezza muscolare

OnRugby on the field: la corretta alimentazione dello sportivo – parte 1

OnRugby on the field: la corretta alimentazione dello sportivo – parte 2

OnRugby on the field: l’importanza cruciale dell’idratazione nella pratica sportiva

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