OnRugby on the field: terza puntata, la flessibilità e la lunghezza muscolare

Perché integrare l’allenamento con sedute di stretching (dinamico e statico) è un aspetto cruciale della preparazione atletica

Ph. Sebastiano Pessina

Ph. Sebastiano Pessina

prozis

La mobilità articolare chiamata comunemente flessibilità è la capacita condizionale che consente alle articolazioni di sfruttare al massimo l’ampiezza del movimento che la fisiologia umana permette.

 

L’ampiezza del movimento che un’articolazione può compiere è detta R.O.M (Range Of Motion).

Consideriamo come presupposto che i R.O.M. delle articolazioni variano tra i compartimenti corporei.

Il compartimento che gode di maggiore articolarità è quello della spalla che, infatti, consente all’arto superiore di compiere una circumduzione. Mentre gomito e ginocchio sono quelli che permettono minore articolarità perché collegano compartimenti più mobili (come quelli del polso, dell’anca e del piede) mantenendo stabile il corpo nel corso dell’azione.

Abbiamo ora valutato l’ampiezza della mobilità di un’articolazione per il solo aspetto scheletrico; ciò detto, la causa di maggior resistenza al movimento e all’ampiezza dello stesso è la muscolatura (che consente il moto dei giunti articolari).

 

Per sfruttare al massimo il R.O.M. delle articolazioni, i muscoli (i quali muovono le articolazioni stesse) non devono generare vincoli dovuti a mancanza di elasticità.

La corsa del giocatore di rugby ad esempio potrà essere tanto più veloce ed efficace quanto la falcata sarà più ampia.

 

Per un atleta possedere buone doti di flessibilità è condizione necessaria:

– sia per quanto attiene direttamente la postura

– sia per la prestazione sportiva

– sia per limitare al massimo il rischio di infortuni a carico dell’apparato locomotore.

 

Altra questione correlata alla mancanza di elasticità muscolare è quella relativa agli infortuni muscolari (contratture, stiramenti, strappi, rotture).

Se la dinamica di un gesto atletico è eccessiva, il muscolo coinvolto nell’azione (laddove non adeguatamente allungato) non riesce a limitare il movimento e subisce un trauma o una lesione.

Le tecniche per aumentare la flessibilità e la lunghezza muscolare sono dette STRETCHING.

Integrare le sedute di allenamento con sedute di stretching è quindi aspetto cruciale della preparazione atletica.

 

Non potendo, in questa sede, entrare nell’ambito dell’esecuzione tecnica, distingueremo due differenti tipologie di stretching. La prima tecnica è detta dinamica, la seconda statica.

 

Generalmente la sessione di allenamento o il match sono preceduti dall’esecuzione di esercizi di stretching di tipo dinamico.

Questi sono tipicamente slanci degli arti inferiori e superiori in modo da simulare situazioni dinamiche di gioco e lo scopo è essenzialmente quello di ridurre la possibilità di incorrere in infortuni muscolari da stiramento.

L’azione dinamica abitua, per così dire, la muscolatura coinvolta nel gesto a sopportare gli stress cui il sistema è sottoposto in gara.

 

La fase post allenamento o post partita è normalmente caratterizzata dall’esecuzione di esercizi di defaticamento e recupero muscolare. Lo stretching in questo caso è di tipo statico.

Si tratta di esercizi che tutti, se non altro a scuola, abbiamo eseguito almeno una volta.

Constano nel mantenere staticamente, per 15”/20”, la posizione di massimo allungamento di un muscolo (o di un gruppo muscolare) consentito dalle capacità dell’atleta.

Attenzione, è importante non superare i 30” di mantenimento della posizione per evitare di suscitare una reazione di difesa de parte del muscolo che potrebbe contrarsi allo scopo di proteggere le fibre da una elongazione sostenuta troppo a lungo.

 

Esistono altri fattori che facilitano o complicano l’espressione della flessibilità.

Gli uomini rispetto alle donne, in situazione di scarso allenamento, mostrano minor capacità elastica. Questo è dovuto ad una maggior resistenza muscolare all’allungamento in quanto la forza muscolare e la relativa tenacia impediscono la fluidità del gesto.

 

Altri importanti fattori che influenzano la flessibilità sono la temperatura interna ed esterna all’organismo e il riposo.

Nei match giocati nella stagione fredda diviene indispensabile provvedere ad una intensa attività di riscaldamento. Con le basse temperature la circolazione sanguigna (soprattutto degli arti) rallenta e non irrora a dovere la muscolatura mantenendo la massa ematica in profondità per evitare che il calore corporeo si disperda. Prima conseguenza di questa situazione è la maggiore rigidità muscolare.

 

Allo stesso modo, dopo aver trascorso del tempo in stato di riposo, la muscolatura necessita di riattivazione prima di iniziare l’attività sportiva. Nel corso del sonno la circolazione rallenta il suo ritmo rendendo la muscolatura meno reattiva allo stimolo.

 

Come tutte le componenti del nostro organismo, anche le cartilagini e i legamenti (dalla salute dei quali dipende il R.O.M. – di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo –), traggono beneficio da una corretta alimentazione.

L’integrazione nella dieta mediante la somministrazione di elementi che aiutano a consolidare legamenti e cartilagine (come la glucosamina, uno zucchero prodotto naturalmente dal corpo umano) può aiutare a consolidare il sistema. Esistono in commercio prodotti creati proprio a tale scopo.

 

Ribadiamo che prima di intraprendere qualsiasi tipo di attività fisica/sportiva: è sempre necessario accertarsi di essere sani (e tenere monitorate le proprie condizioni di salute), non improvvisare e rivolgersi a un professionista in grado d’impostare correttamente un programma di lavoro.

 

Roberto Verdicchio

 

Qui trovate le Puntate precedenti:

OnRugby on the field: La Forza – parte 1

OnRugby on the field: la forza parte 2 e la resistenza organica

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