Il rugby sempre più veloce, tra infortuni fisici e ostacoli mentali durante il recupero

La stagione in corso non ha certo risparmiato i nostri giocatori. Basta pensare all’ecatombe azzurra del Sei Nazioni…

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Jean de Villiers, Billy Vunipola, Will Skelton, Wycliff Palu, Grant Gilchrist, Waisea Nayacalevu, Isei Colati, Yoann Huget, Davit Kubriashvili, Andrea Masi, Cory Allen, Scott Williams, Hallam Amos, Michele Rizzo,Paul O’Connell e potremmo andare avanti ancora. Sono solo alcuni dei giocatori che si sono infortunati poco prima o durante la Rugby World Cup 2015, sollevando la questione dell’accentuata fisicità del rugby a cui World Rugby ha però risposto il 13 ottobre dichiarando tramite comunicato che il numero di infortuni era da considerarsi in linea con quanto registrato nelle precedenti edizioni del Mondiale. Le cose sono andate via via peggiorando soprattutto per i nostri colori e a farne le spese assieme alla Nazionale nell’ultimo Sei Nazioni sono state le due franchigie, che hanno visto riempirsi a dismisura l’infermeria.
In occasione delle sfide di Pro12 dell’ultimo turno, l’elenco degli indisponibili di Zebre e Treviso era il seguente: Marco Barbini, Enrico Bacchin, Simone Ferrari, Ornel Gega, Francesco Minto, Luca Morisi, Duncan Naudè, Andrea Pratichetti, Roberto Santamaria, Alberto Sgarbi, Valerio Bernabò, Dion Berryman, George Biagi, Emiliano Coria, Filippo Cristiano, Tommaso D’Apice, Paul Derbyshire, Andrea Manici, Mils Muliaina, Edoardo Padovani, Jacopo Sarto, Andries Van Schalkwyk, Marcello Violi, Michele Visentin. E questa situazione di emergenza si riflette anche in campo: vero che tutte le squadre subiscono infortunati, ma se leggiamo il peso tecnico dei giocatori costretti allo stop forzato e consideriamo che la profondità delle altre formazioni purtroppo ancora non la abbiamo né a livello di Pro12 né di Nazionale, possiamo analizzare in modo più completo i passivi recentemente subiti dalle nostre squadre.

 

A fare il punto è intervenuto il Dr. Marino Baldo, responsabile medico dello staff della Benetton, che dal sito internet dei Leoni ha parlato (ovviamente dal punto di vista della squadra per cui lavora) della situazione di emergenza e di alcune possibili cause che hanno portato ad essa. Dopo un breve aggiornamento medico (Gega pronto a rientrare, Santamaria e Fuser in recupero, Filippetto da valutare per un trauma distorsivo al ginocchio destro), dice il Dottor Baldo: “Partecipare al Pro12 richiede molte energie e tanta preparazione. Buona parte dei nostri giocatori sono nazionali e soprattutto in una stagione come quella in corso con Mondiali e Sei Nazioni hanno avuto poco tempo per recuperare, ciò comporta un maggiore sforzo fisico e di conseguenza un alto rischio di infortuni”. A complicare le cose ci si mette il calendario molto fitto, tanto più nella stagione della Coppa del Mondo: “Purtroppo le nostre trasferte sono lunghe e spesso i tempi di recupero sono molto brevi. Spesso ci capita di giocare domenica in casa e venerdì sera in trasferta con soli quattro giorni a disposizione. Abbiamo 11 trasferte all’estero e questo comporta sempre almeno 2 viaggi in aereo nell’arco di tre giorni”.

 

Oltre a questo c’è la variabile fisicità e velocità, che rende gli impatti sempre più forti e si riflette in tipologie di infortunio particolarmente ricorrenti nel rugby moderno: “Il rugby moderno sta diventando sempre più fisico e veloce di conseguenza gli impatti sono più forti […] Quest’anno abbiamo avuto molte fratture traumatiche” (Nitoglia, Gori, Gega e Filippetto, Ferrari, Santamaria, Zanni). E gli infortuni oltre a farsi sentire sul piano fisico hanno ripercussione anche a livello mentale e motivazionale: “L’atleta è una persona che usa a mille il suo corpo e lo fa quotidianamente. Il giocatore infortunato diventa una persona che richiede un supporto medico e soprattutto psicologico importante perché un giorno senza allenamento ha delle ripercussioni psicologiche non di poco conto […] In questi casi la gestione è molto importante e il giocatore deve percepire che è seguito al meglio, altrimenti si innescano dei meccanismi psicologici che possono rallentare il recupero fisico”.

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