Inchiesta (parte 2) – Rugbysti italiani in Francia: Pole Espoir Toulouse, l’incubatrice dei campioni

Siamo andati in visita al centro di formazione della FFR che ospita i campioni di domani. Ecco come funziona

COMMENTI DEI LETTORI
  1. Andria 27 Gennaio 2016, 08:39

    Siamo andati in visita al centro di formazione della FFR che ospita i campioni di domani.

    Occhio che in Francia non ci sono più i Pelous i Magne I Lamaison, attenzione a usare espressioni tipo i campioni di domani 😀

  2. ginomonza 27 Gennaio 2016, 08:44

    Quale è la ragione che ha convinto Vischi sd andare a Tolosa?
    Dott.Vischi, si può sapere?

    • boh 27 Gennaio 2016, 09:30
    • western-province 27 Gennaio 2016, 09:38

      è un veterinario
      curerà i rugbysti ammalati 🙂

      • InMedianaStatVirtus 27 Gennaio 2016, 09:43

        Grazie per l’articolo interessante ed ecco un (triste) spaccato d’Italia che spiega la scelta di Alessandro Vischi:

        https://fugadeitalenti.wordpress.com/2013/04/01/un-veterinario-in-francia/

        • boh 27 Gennaio 2016, 10:17

          Ho provato a modificare l’articolo , cosa cambia?
          Per me è una questione culturale profonda, non è colpa dell’argomento che si va a toccare volta per volta. Ma è colpa del nostro modus vivendi
          Non me ne voglia Alessandro o il giornalista.

          Un Veterinario in Francia
          In Storie di Talenti on 1 aprile 2013 at 09:00
          “Tra poco tornerò a lavorare presso facoltà di scienze dello sport dell’Università di Tolosa, in Francia. Finalmente ritroverò il piacere di fare il mio lavoro: il riconoscimento economico -e soprattutto professionale- che in Italia è un’utopia. Mi dedicherò alla formazione di giovani sportivi francesi, e all’attività fisica, con la sgradevole sensazione di essere una risorsa persa per l’Italia“: parola di Alessandro Vischi, 34enne giocatore di rugby, che ha provato a dare ben due occasioni all’Italia. Invano.

          Alessandro lascia il Paese per specializzarsi all’estero subito dopo aver frequentato l’accademia di Parma: vola -in primis- in Belgio. “Non volevo fare stage gratuiti o -nella migliore delle ipotesi- essere sottopagato in nero presso qualche club sportivo, come la maggior parte dei miei colleghi neolaureati“, denuncia. In Belgio sa di poter contare su una formazione sportiva molto più orientata alla pratica, diversamente dalle università italiane, “completamente incentrate sulla teoria, al punto che capita di laurearsi senza avere quasi mai visitato campo sportivo“. E’ anche per questo -rileva Alessandro- che i neolaureati in Italia, senza alcuna esperienza, accettano lavori a zero euro, pur di imparare quella pratica su cui si è sorvolato in ateneo. “Non mi paga, però imparo…“, si sente dire troppo spesso: “è l’impostazione pedagogica che è sbagliata“, denuncia. “Questa fase di apprendistato non sarebbe compito dell’università?”

          I mesi di specializzazione in Belgio da dodici diventano sedici, con un’esperienza presso la facoltà dell’Università di Liegi di alto livello, semplicemente inimmaginabile in Italia. Alla fine di questo periodo avviene il primo tentativo di rientro in Italia: un dottorato, alla facoltà dello sport dell’Università di Milano. “Forte dell’esperienza belga, ho pensato di essere una risorsa per l’università. Ma ho commesso il primo errore: la mia visione delle cose era profondamente cambiata“. Alessandro si trova immerso nell’immobilismo del sistema delle società e federale italiano, senza fondi per la formazione, con uno stipendio di mille euro mensili. Scrive una lettera di dimissioni, che resterà nella storia della facoltà: chi, in Italia, ha il coraggio di rinunciare a un dottorato?

          Alessandro ce l’ha, e dopo una serie di curricula inviati, trova lavoro per sette mesi in un club di rugby francese. L’esperienza gli fornisce l’ispirazione per tornare una seconda volta in Italia, con il progetto di aprire una propria attività legata allo sport, in società con uno o due colleghi. Ad accoglierlo, però, trova però solo il deserto di un Paese dove manca semplicemente la voglia di mettere in piedi qualsiasi tipo di iniziativa. “Un vero e proprio stato di depressione, di accettazione dello status quo, senza nemmeno pensare di potersi opporre“, denuncia Alessandro.

          L’ultimo espatrio, in due tappe, avviene nuovamente all’Università di Tolosa: la prima volta, a settembre. La seconda è già in programma per il mese di maggio.

          Ospite della puntata è Carlo Checchinato, responsabile marketing della FIR. Con lui commentiamo non solo la storia di Alessandro, ma anche la situazione dei giovani rugbysty in Italia. Che, dati alla mano, appare realmente preoccupante.

          Nela rubrica “Expats”, come ogni ultimo sabato del mese, diamo spazio alle lettere nei nostri ascoltatori: oggi ascoltiamo quella di Andrea. Anche lui, come Alessandro, ha provato a dare una seconda possibilità al suo Paese. Anche lui, come Alessandro, è però dovuto nuovamente riemigrare, dopo un’esperienza di lavoro semicatastrofica nella Penisola.

          • boh 27 Gennaio 2016, 10:21

            Pardon, ho dimenticato di modificare il titolo: “Un rugbysta in Francia”

          • mistral 27 Gennaio 2016, 10:36

            se metti “un rugbysta in francia” parlando di fuga di cervelli, molti non capirebbero il nesso logico tra i due argomenti… 😉

          • boh 27 Gennaio 2016, 13:26

            mistral, hai letto le modifiche all’articolo?

          • mistral 27 Gennaio 2016, 19:22

            l’ho letto e ho apprezzato la tua sottile ironia, la mia era una battuta sull’accostamento (improbabile nella testa di tanti poco conoscitori) tra talento-cervello e rugby… 🙂

        • ginomonza 27 Gennaio 2016, 12:14

          Beh ma allora bastava andare alle zebre, no? 🙂 😉

          • Hullalla 27 Gennaio 2016, 13:57

            Il cerchio si chiude!!! 😀

  3. LiukMarc 27 Gennaio 2016, 08:59

    “Lo staff è composto da Sebastien, il suo vice, un medico, un fisioterapista, 2 preparatori fisici, un responsabile della sala pesi, uno specialista del gioco al piede, uno specialista negli sport di combattimento e un insegnante di karate. A questi si aggiungono in modo saltuario dei tecnici federali”…
    Non penso serva aggiungere molto altro

  4. vogliorugby 27 Gennaio 2016, 09:38

    Direi che non è molto diverso alla idea delle nostre accademie, cambia il budget, e il bacino di dove si pescano i ” campioni del futuro”.

    • Hullalla 27 Gennaio 2016, 09:44

      Direi che sono assolutamente ai poli opposti.

    • Emy 27 Gennaio 2016, 09:48

      Direi che l’unica somiglianza è il colore del prato.

      • vogliorugby 27 Gennaio 2016, 10:02

        Siete andati a vedere il lavoro in accademia??? Credete che un giocatore di 17 anni del Tolosa sia uguale a quello di Viadana o Calvisano??? È la qualità del lavoro nei più piccoli che fa la differenza… Credo che sicuramente si può migliorare il lavoro delle accademie italiane, però come idea non mi sembrano così lontane… Insisto nella differenza di budget( 1 allenatore, 1 assistente, un preparatore, un Fisio, un medico, un manager).

      • Appassionato_ma_ignorante 27 Gennaio 2016, 11:46

        E ovviamente il prato del vicino è sempre più verde… 😉 😀

  5. bosch 27 Gennaio 2016, 12:45

    “collaborazione stretta tra Ministero dell’Educazione e dello Sport e la Federazione Francese Rugby”

    “fondamentale in questa crescita è stata la collaborazione coi club. Questa è stata oggetto di un grande lavoro di concertazione e dopo un avvio difficile attualmente non presenta problemi”

    ciascuna federazione nazionale utilizza metodi e modi diversi per perseguire il comune obbiettivo che è “la formazione dei giovani campioni di domani” ma a mio avviso il comune denominatore è contenuto in queste due frasi: COLLABORAZIONE

  6. Maxwell 27 Gennaio 2016, 13:25

    Torniamo in Italia, dove nella sola Roma e provincia ogni week end si muovono quasi 2.000.000/duemilioni di persone per il calcio.
    Nel rugby si muovono forse 30.000 in tutta Italia.
    Passiamo poi a…….
    ” 22 giocatori nati nel 1998, 1999 e 2000. Questi non formano una squadra ed il lavoro svolto, sottolinea più volte Sebastien, è individuale e analitico concentrato sulla tecnica polivalente e specifica per ogni ruolo. Gli aspetti collettivi vengono maggiormente sviluppati nei rispettivi club, coi quali i ragazzi si allenano il venerdì e giocano ogni domenica, nelle selezioni regionali e nazionali.”
    A parte il Veneto, se in Italia ci fossero 22 superdotati rugbistici in 3 anni per ogni CdF, avrebbero una squadra in cui giocare ?

    • boh 27 Gennaio 2016, 15:10

      No!!ed è questo uno dei punti cruciali

    • San Isidro 27 Gennaio 2016, 17:30

      Scusa @Max, ma ti rendi conto dei numeri che hai detto? Due milioni di persone che si muovono ogni week-end per il calcio nella provincia di Roma? Booom! E’ come se la metà degli abitanti della provincia fossero sempre in movimento per andarsi a vedere una partita di calcio…forse intendi chi segue il calcio nella provincia di Roma? Magari anche in tv…e allora il numero potrebbe essere verosimile, ma che due milioni di persone si spostino ogni fine settimana per vedere il calcio è abbastanza grossa, la squadra del mio quartiere allora dovrebbe avere numeri da Stadio Olimpico!!!

      • Maxwell 27 Gennaio 2016, 17:46

        3 anni fa,documentario RAI……. 😉
        Ma io sto parlando ad es di pulcini della LND, magari una squadra di 8 bambini ( giocano in 5) più 2-3 allenatori e dirigenti e genitori.
        Moltiplica per Roma e provincia, campionati provinciali, regionali,nazionali……
        Pulcini 5-6-10 anni……esordienti giovanissimi allievi juniores. ……
        3 2 e1 categoria, promozione eccellenza serie D………

        • San Isidro 27 Gennaio 2016, 18:03

          sul numero dei tesserati, delle squadre, dei tifosi, ecc, posso confermare che i numeri siano molto alti, ma “due milioni che si muovono ogni week-end per seguire/praticare il calcio” comunque è una cifra spropositata, anche se lo ha detto la RAI…ci posso stare che magari nella provincia di Roma ci siano due milioni di persone che si interessino (anche superficialmente) di calcio e molte migliaia di queste magari non lo segue oltre il proprio salotto di cosa, ma che ci sia un numero così enorme di persone che pratica il calcio o segue attivamente una squadra (a qualsiasi categoria) mi sembra proprio un’esagerazione, anzi è una sparata bella grossa…se fosse così ogni squadra di quartiere a Roma dovrebbe avere almeno 10.000/20.000 persone a seguirla e non è affatto così…

          • Maxwell 27 Gennaio 2016, 18:33

            Non so che dirti….. sono sicuro della cifra perché mi aveva lasciato a bocca aperta. ….anzi…. spalancata.
            Mi avranno preso per i fondelli.

          • San Isidro 27 Gennaio 2016, 19:08

            forse la RAI intendeva due milioni di appassionati complessivi nella sola provincia di Roma, che potrebbe essere un dato veritiero, ma se parliamo di due milioni di persone coinvolte attivamente nel mondo del calcio (per quanto il numero di giocatori di qualsiasi età, allenatori, dirigenti, tifosi assidui delle squadre delle serie minori sia molto alto) è una cifra parecchio esagerata e di sicuro non corrisponde alla realtà…

          • Maxwell 27 Gennaio 2016, 19:24

            No no…..sono sicuro…..” il calcio fa muovere 2 M di persone” in Roma e provincia.
            Non mi ricordo il numero di partite ( es. 30000 ) che va moltiplicato per una media di 16 giocatori x 2 squadre + arbitri parenti allenatori dirigenti fidanzata e spettatori.

          • San Isidro 27 Gennaio 2016, 19:34

            non voglio mettere in dubbio quello che hai sentito o meno (magari la stessa RAI l’ha sparata grossa), ma ci rendiamo conto di quante siano 2 milioni di persone? Vuol dire che circa la metà degli abitanti della provincia di Roma ogni week-end è sui vari campi da calcio, perdonami, ma per me è una cavolata (e anche se l’hai preso come es., ma 30.000 partite è impossibile)…ripeto, che poi i numeri siano molto alti nessuno lo mette in dubbio e sono certo, anche per quello che vedo in giro e che sento, che ci siano migliaia di persone coinvolte ogni fine settimana sui campi di tutta la provincia, ma due milioni proprio no, dai…

          • Maxwell 27 Gennaio 2016, 19:58

            http://www.oasport.it/2015/09/lo-sport-e-gli-italiani-le-federazioni-sportive-e-il-numero-dei-tesserati
            TUTTO il calcio italiano muove 1.098.450 tesserati
            Ipotizziamo che il Lazio intero ne muova 250.000……
            Ipotizziamo che per ognuno ci sia una mamma o fidanzata….. saremmo a 500.000
            Ipotizziamo altri 250.000 tra tifosi della propria cittadina arbitri dirigenti e allenatori…..
            Infine gli spettatori all’Olimpico e chi muove le chiappe per i pub…..
            Si, mi han proprio preso per il culo.

          • San Isidro 27 Gennaio 2016, 21:06

            adesso però fai ipotesi su tutto il Lazio, io parlo della provincia di Roma e non mi sto riferendo agli appassionati generici…per l’ultima volta ridico che per me due milioni di persone (mezza provincia!!!) che ogni week-end si muovono sui campi da calcio è un’esagerazione, di società vicino casa ne ho e dovrei vedere migliaia di persone a sostenere queste squadre la domenica (perchè per arrivare a numeri del genere non bastano solo i tesserati, i parenti, ecc), eppure queste cifre così esorbitanti non le vedo…

          • Maxwell 27 Gennaio 2016, 21:35

            sull’intervento delle 19.58 non ho messo la faccina ma pensavo fosse chiara l’ironia….. 😉
            Cambiamo discorso….. il 7 maggio vieni a Parma per Zebre contro i dragoni ? Forse riesco a smuovere anche gsp da Londra………

          • San Isidro 27 Gennaio 2016, 22:14

            ok, non avevo capito…per le Zebre ovviamente mi farebbe piacere, ma adesso non saprei dirtelo…è una vita che vorrei farmi un week-end a Parma o Treviso per la Pro 12, in realtà avevo dato la precedenza alla Benetton entro fine stagione, ma tutto può essere, ti terrò aggiornato…@gsp ha promesso che sarà a Roma per il 6N, speriamo non faccia il sola…

  7. TESTAOVALE 27 Gennaio 2016, 13:27

    DA noi finisce che alcune societa’ si spartiscono i vantaggi alla faccia della NAZIONALE , I FORTI usciranno ugualmente a dispetto dei selezionatori ma a molti passera’ la voglia o se ne andra’ , visto anche guadagni ridicoli per un professionista serio , quindi le ACCADEMIE all’italiana per noi sono controproducenti.(pure PARISSE lo ha detto)

  8. giobart 27 Gennaio 2016, 14:22

    Imparare da chi è più progredito di no, non è una facoltà è un obbligo.

  9. giobart 27 Gennaio 2016, 14:23

    …di noi…scusate

  10. 100DROP 27 Gennaio 2016, 15:37

    ” uno specialista negli sport di combattimento e un insegnante di karate”.
    Mah!

    • sentenza 27 Gennaio 2016, 16:01

      Perchè lo scopri ora che c’è la parte del combattimento? Noi che non siamo capaci di giocare la palla dovremmo saperlo bene dato che ci resta solo quello.

      • boh 27 Gennaio 2016, 16:12

        Non mi stupisco, visto che ai miei lontani tempi, si facevano anche sessioni di judo….e nell’economia del gioco di quei tempi a qualcosa servivano.

        • sentenza 27 Gennaio 2016, 16:50

          Ai miei tempi si faceva anche preacrobatica. L’insegnante di ginnastica a corpo libero chi ce l’ha?

  11. geo 27 Gennaio 2016, 16:25

    Per Alessandro.

    Interessante sarebbe anche intervistare il preparatore atletico di La Rochelle, italianissimo e con passate esperienze al Racing…

  12. Antonio9 27 Gennaio 2016, 17:36

    Guardate che per un 18enne in Francia la chiamata in “Pôle France” non è certo preferibile a quella di un “Centre de Formation” , i soldi e le possibilità – non solo sportive- sono diverse.

    La Grossa, ENORME differenza comunque non è qui : provate a contare quante partite gioca e quante occasioni di confronto hanno i ragazzi dai 16 ai 18 anni in Francia fra Crabos, Reichels A e B, coupé Gaudermen etc,etc, rispetto ai nostri under 18…

    Ma anche in questo blog, l’ultima , ma proprio l’ultima cosa di cui ci si interessa , sono proprio le giovanili ed i loro campionati.

  13. dieg 27 Gennaio 2016, 21:41

    “qualcosa di superiore agli altri: possiamo chiamarlo superpotere. Questo potenziale deve essere sia fisico che tecnico, le due cose non si escludono anzi l’ideale è che si integrino”

    A 15 anni il critero e piu fisico che tecnico ma anca si sei figlio di …
    Purtroppo ci sono U20 nella nazionale francese che non sono passati per i Poles

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