Luci e ombre dietro la scrivania: stavolta parliamo di dirigenti

Giocatori, tecnici, arbitri. Il mondo del rugby discute spesso di queste categorie e si “dimentica” di un’altra molto importante

COMMENTI DEI LETTORI
  1. Appassionato_ma_ignorante 17 Ottobre 2014, 08:18

    Ottimo articolo. Essere in una posizionee di vertice di un gruppo, azienda o anche semplice associazione/organizzazione richiede almeno tre qualità fondamentali: 1) capacità di pianificazione, 2) capacità di realizzazione dei piani e 3) capacità di leader. Ognuna di queste tre capacità generali poggia su e si declina in moltissime altre e svariate conoscenze, competenze e dettagli relativi alla realtà specifica a cui viene applicata. E nessuna è garantita da un processo elettivo, quanto piuttosto da un processo selettivo.

    Un suggerimento alla redazione per il titolo: scrivere “e ci si ‘dimentica’ di un’altra molto importante” oppure “e se ne ‘dimentica’ un’altra molto importante”.

    • malpensante 17 Ottobre 2014, 10:03

      Suggerimento per suggerimento: grigie (ciliegie, camicie/province, arance).

  2. AlbertoNSL 17 Ottobre 2014, 09:19

    Penso proprio che questo articolo metta il dito nella vera piaga del nostro movimento. La mediocrità della classe dirigente non permette la programmazione a lungo termine che potrebbe portare ad un vero salto di qualità. Ma del resto è lo specchio della nostra società.

    • mezeena10 17 Ottobre 2014, 09:29

      sbagliato fare di tutta l’ erba un fascio, in mezzo a tanti mediocri o infimi dirigenti ce ne son di bravissimi, lavorano dietro le quinte esclusivamente per il bene di squadra e ragazzi! e personalmente ne conosco tanti, anche qui in italia!

      • AlbertoNSL 17 Ottobre 2014, 09:48

        Non ho detto che non esistano casi di eccellenza (intesa come capacità di gestire). Però trovo che i casi virtuosi siano una rarità; sono comunque la speranza che, in quanto tali, diventino modelli ed esempi da seguire. Poi bisogna vedere cosa si intende per “bene di squadra e ragazzi” che mi sembra un’area piuttosto ampia e permette troppe sfumature di interpretazione. Questa almeno è la mia esperienza.

        • mezeena10 17 Ottobre 2014, 11:37

          “La mediocrità della classe dirigente non permette la programmazione a lungo termine”..
          “piuttosto ampia e permette sfumature di interpretazione” proprio la tua affermazione..
          non capisco quale sia la tua esperienza nello specifico..

      • AlbertoNSL 17 Ottobre 2014, 15:20

        L’esperienza è proprio di dirigente (puoi vederci quindi anche dell’autocritica). Scusa ma non capisco la tua osservazione.

  3. Alberto da Giussano 17 Ottobre 2014, 10:18

    Direi , semplificando, che l’era del professionismo ( dalla metà degli anni 90 in avanti) è passata senza lasciar segno tangibile, in Italia, oltre che nel tessuto tecncio ( allenatori e giocatori) anche tra i dirigenti.
    Il professionismo sportivo richiede dirigenti sportivi professionisti che oggi non ci sono.
    Scatenarsi alla ricerca del colpevole ha poco senso.
    A noi è capitata la vincita alla lotteria dell’ingresso dell’Italia nel 6N, ma non ne abbiamo saputo approfittare in senso compiuto. ( Del resto, statisticamente, la quasi totalità dei vincitori di lotterie , in Italia, è finita sul lastrico!!)
    Fare dirigenti professionisti è quasi difficile come fare buoni giocatori di livello internazionale.
    @stefo ha un suo piano, molto interessante, ma che per partire necessiterebbe, di un intervento dall’alto.
    Non tutte le società sportive hanno poi gli stessi problemi e lo stesso livello dirigenziale. Guarda caso quelle che hanno una maggiore solidità economica sono anche quelle più strutturate, e secondo me sono solide perchè strutturate e non viceversa.
    Ma in generale si può dire che la struttura di base delle società è rimasta quella del “prima professionismo”.
    Come fare un passo in avanti? Sicuramente attraverso piccoli passi . Il primo sarebbe quello, ad esempio, che la Franchigia federale delle zebre fosse da esempio in materia di competenza ed efficienza, ma forse anche lì c’è ancora qualcosina da fare.
    L’unico esempio di professionalizzazione strutturata sono le Accademia. Ma qui so bene che si apre un vespaio di pareri contrastanti,ma obbiettivamente lo sono. C’e un manager of rugby, ci sono gli allenatori, i fisioterapisti e quant’altro serve a far funzionare l’ambaradam.
    Sui risultati e sulle capacità i pareri sono molteplici, come ho già detto, ma guardandole solo con l’angolatura dell’articolo, dal punto di vista della professionalizzazione della struttura, quello c’è.

  4. malpensante 17 Ottobre 2014, 10:27

    La questione è che l’Eccellenza NON è alto livello, è un ibrido tra stipendi da pro (peraltro molto modesti) spesso non pagati e praticamente mai alla scadenza naturale, bilanci da fare inorgoglire al confronto la bocciofila di Vidalenzo, personaggi da commedia e pasticci vari. La “passione” è l’alibi dietro cui si nascondono le peggio cose, tirando nello stesso water anche i non pochi che veramente ce l’hanno ma che, purtroppo, spesso hanno solo quella. D’altra parte, in questa situazione equivoca delle società, è altrettanto impossibile avere dirigenti professionali e professionisti (i soldi? per fare che?)quanto poter avvalersi di amatori con grandi capacità professionali (chi te lo fa fare di metterci la reputazione e magari pure la responsabilità?). La FIR, come molte altre sorelline e mamma CONI, è un ripostiglio di tutti i vizi pubblici aggravati dalla autonomia, tipo le società di servizi degli enti locali, in cui l’unica cosa che funziona sono gli stipendi a fine mese e gli appalti da taroccare come integrazione al reddito. Il sistema è vischioso come la colla per topi, e tutto comincia e finisce in un sistema di elezione e di governo basato su voti tarocchi, costruiti prima ancora ancora che comprati e venduti. Una palude che va prima prosciugata e poi bonificata, l’acqua (la melma) in questo caso sono lo status ibrido del settore e i tanti soldi dalla FIR.

    • Alberto da Giussano 17 Ottobre 2014, 11:32

      Come molte discussioni il punto d’arrivo è sempre quello, può questo sistema sportivo riformare se stesso??

      • malpensante 17 Ottobre 2014, 12:00

        Io credo proprio di no. Mi ricordo al tempo delle elezioni le promesse di più soldi alle Eccellenti, e non erano promesse di Gavazzi: lui i voti ce li aveva di default. Finiti i soldi facili, finti i topi del formaggio: ci stiamo arrivando. Purtroppo non sarà il modo migliore per riprendere in mano la situazione, ma in vent’anni non si è fatto niente per evitarlo, e piani B ne ha nessuno. Un po’ perché chi stonava nel coro è stato raso al suolo, un po’ perché più o meno tutti si sono abituati e molti son proprio cresciuti in questo sistema e non hanno mai visto altro.

  5. Thunderstruck 17 Ottobre 2014, 10:51

    Fare l’analisi logica del livello di preparazione di un dirigente di una squadra di rugby, in Italia, mi sembra un non senso derivante da un’ovvietà.
    E’ uno sport malcagato da tutto e tutti: sponsor, contributi statali, televisioni, famiglie, la quasi totalità della società stessa… E’ un fattore culturale che a pioggia fa ricadere i suoi effetti su quello economico e quindi di professionismo. E’ un intero indotto ad essere semidilettantistico e quindi è normale che anche una dirigenza lo sia. Figure come grandi manager, business man ecc… non potranno esistere perchè si occupano solo della gestione di un “sistema-azienda” con grandi movimenti finanziari e dalle rese economiche certe. Ciò, in Italia, può avvenire giusto per la gestione federale della Nazionale, non certo per squadre di club che sopravvivono grazie alla passione di imprenditori (spesso ex-giocatori, come già descritto) e collaboratori di fiducia mutuati sovente nella propria sfera familiare/aziendale. E comunque facendo salti mortali per far tornare i conti, non sempre riuscendoci.
    l’Impresa-Rugby, in Italia, è fallimentare e non certo per l’eventualmente scarso “livello professionale di preparazione” dei dirigenti. Il problema è il contrario…

  6. soa 17 Ottobre 2014, 11:03

    Pressapochismo, pressapochismo ovunque. Si fa tanto per fare, massì che va bene uguale, e poi le cose vanno in malora. Del resto, se il presidente federale, che è l’apice della piramide e quindi dovrebbe essere uno dei pochi con un minimo di competenza, va in giro a dire che hanno preferito aprire le accademia anche se non c’erano gli allenatori..

  7. GiorgioXT 17 Ottobre 2014, 11:23

    Il problema dei dirigenti è legato strettamente al mancato sviluppo del nostro sport , perché se fosse cresciuto le esigenze stesse avrebbero imposto un cambio di marcia .

    Una , se non la ragione fondamentale è che in realtà è stata fatta selezione delle società, ma in senso del tutto opposto al merito, negli ultimi 15 anni è stato premiato il rugby malsano e non sostenibile, e punito quello sano e sostenibile. Per premiare l’appartenenza ed il supporto politico si è tranquillamente passati sopra a regolamenti e giudici sportivi, per applicarli invece fino al cavillo ai nemici.

    La Nazionale ha dato l’esempio, perché dall’ingresso nel 6N , è partita da lì la spinta al “tutto e subito” che ha portato alla elevazione artificiale del livello tramite le importazioni.

    • soa 17 Ottobre 2014, 11:32

      Che poi tutta sta evoluzione del livello grazie ai vari equiparati non è che si sia vista proprio eh..Botes, Haimona, Vosawai, Vunisa, ecc…giocatori normali che vanno bene a noi ma che in una qualsiasi altra union non giocherebbero mai.

  8. frank 17 Ottobre 2014, 12:23

    OT:

    https://www.youtube.com/watch?v=lkrr8iN8JGw

    “Dai menameo ti!”

    W il Veneto e i Veneti!

  9. Katmandu 17 Ottobre 2014, 12:30

    Ottimo articolo e ben scritto dove si mette in luce la differente preparazione tra noi e il resto dello sport pro
    Ora anche la pallatonda ha le sue belle mele marce, ma poche volte ai vertici delle squadre pallatondare nel mondo si trova molta competenza nella dirigenza, ds preparati, dg capaci, l’altro giorno sentivo il discorso dell’allenatore del Carpi in cui diceva che son le società che fanno le squadre e poche volte viene interpellato l’allenatore, insomma son mondi paralleli, certo con difetti pure la ma basandosi sull’aspetto amministrativo ne parlava molto bene
    Ora son sicuro che situazioni tipo Venezia-RR-Amatorietc etcetc o anche in minor misura Rovigo, Calvisano etc etc etc son figlie sia dell’aspetto sportivo ma pure dell’aspetto amministrativo
    Per questo dico che in questi anni si è assistito comunque a dei campionati falsati da squadre che sull’aspetto sportivo avranno fatto bene ma amministrativamente parlando han fatto pena e lo si è visto col passare del tempo, e ripeto l’eccellenza pur con budget limitati deve avere una regolamentazione amministrativa

    • soa 17 Ottobre 2014, 13:05

      Kat in che senso regolamentazione amministrativa?

      • Katmandu 17 Ottobre 2014, 18:02

        Regolamentazione amministrativa = Impossibilità di creare una squadra al di fuori delle proprie possibilità
        Inutile che si prendono fior fior di giocatori e poi 3 stagioni dopo la squadra sparisce, mi sta bene pure un dilettantismo formale ma che ci siano professionalitá manageriali competenti

  10. gian 17 Ottobre 2014, 13:47

    l’articolo è ben fatto e mette il dito nella piaga, proponendo tanti punti di riflessione, ma dimentica una cosa, se questo pressapochismo possiamo imputarlo alla federazione, alle zebre, alla benetton ed, eventualmente, alle accademie (quindi comunque a tre soggetti “federali” ed a uno in parte privato), certe cose non possono essere imputate alle domestiche, o perlomeno, alla maggior parte di esse, squadre ed organizzazioni che hanno budget importanti DOVREBBERO destinare una fetta di tale budget all’acquisizione di competenze specifiche anche al di fuori dell’ambiente, pagandolo ed ottenendone un guadagno nel campo seguito (ciò non esclude gente dell’ambiente, ma comunque preparata e/o inserita in uno staff in cui diano il punto di vista del rugbyman, che comunque è utile), diverso è il discorso per squadre con un budget limitato, le quali si possono appoggiare a qualche figura professionale (di solito nello staff tecnico), ma molto più spesso collaborano o con onesti mestieranti interni che non sempre hanno le capacità tecniche o comunque sono limitate e/o professionisti, sempre dell’ambiente, che, pro bono o con compensi ridicoli, offrono la loro collaborazione, limitata al tempo “libero” che gli lascia la loro attività principale, più si scende più la situazione si sposta verso i mestieranti, ma pretendere e pensare che gente che fa fatica a finire i campionati si metta dentro dei professionisti, quando le maggiori realtà pro della nazione non lo fanno…

  11. donc74 17 Ottobre 2014, 14:03

    Caro Paolo,
    Il tuo articolo non fa una piega , ma come possibile avere una classe dirigenziale manageriale e programmatica senza un soldo??
    Il problema ė sempre lassu’ diamine!!! Munster e’ una provincia costituita da club e da forze politiche dove confluiscono i manager che dici tu!!
    Una volta c’era una bella idea della Lire che chiese di fare un corso di Management Sportivo ai dirigenti d’eccellenza. Dopo 2 mesi la Lire spari’ come tutti bene sappiamo e sparirono anche i progetti legata ad essa.
    Ma ci rendiamo conto che non riescono neanche a stampare la Tessera Fir in maniera dignitosa…..Te la presentano ancora stampata ad Ago su un pezzo di carta….
    Lo Sviluppo senza una base solida non riesce ad emanciparsi!!!! LA FEDERAZIONE DEV INVESTIRE SU CLUB E FORMARE GLI STESSI!!!!
    No soldi no Amore!

  12. Emy 17 Ottobre 2014, 16:57

    Ottimo articolo.
    Mi stupisce molto che la questione soldi sia venuta fuori solo dopo un tot di interventi. Ma scusate, che classe dirigenziale professionale può esserci dove non ci sono soldi per pagare la stessa? Quale manager lascerebbe un posto di lavoro per andare a tempo pieno in una realtà che se gli va di lusso gli fa un contrattino di qualche mese, incrociando le dita di poterlo pagare?
    Io non so che rugby vivete voi, ma in quello italiano non si lascia neanche un posto da impiegato per fare il dirigente a tempo pieno, perchè di aria ancora non vive nessuno.
    E’ il cane che si morde la coda, immagine perfetta di ogni aspetto del nostro misero rugby.
    In teoria i manager ovali dovrebbero esserci ed uscire dalle uniche realtà professionali e professionistiche: la FIR, le Accademie e le franchigie. Ma, se la motivazione sentita non era una palla, Ongaro ha mollato le Zebre perchè non riusciva a star dietro alle sue attività imprenditoriali, e nessuno si sarà sentito di dargli torto per la scelta, visto che nel nostro ovale una cosa che oggi c’è non è detto che domani ci sarà ancora.
    Chi i dirigenti li può pagare per fare a tempo pieno questo lavoro, dovrebbe leggersi e rileggersi questo articolo, soprattutto nella parte sull’apertura al mondo esterno per quanto riguarda i professionisti da scegliere: qualcuno dovrebbe spiegare a chi sta lassù che non necessariamente un buon ex giocatore potrà essere un valido dirigente a cui mettere in mano aspetti e decisioni di enorme importanza.
    Nel rugby che ogni giorno lotta per sopravvivere ci sono certamente molti esempi di dirigenti validi e presidenti lungimiranti, ed infatti il nostro rugby va avanti alla faccia di tutti i tentativi per farlo secco. Ma tutti hanno la cattiva abitudine di aver bisogno di mangiare.

  13. andrease 18 Ottobre 2014, 01:10

    Caro Paolo, sinceramente, di che colore è il quadro complessivo dei dirigenti di qualunque classe (sportiva, industriale, politica, economica ecc ecc) in italia?
    grigio, nella politica fumo di londra scuro…
    e allora cosa pretendiamo da uno sport che da sotto il cappello in giù è povero in canna.
    Meno male che qui almeno c’è la passione sana per lo sport…

  14. San Isidro 18 Ottobre 2014, 02:31

    Ottimo articolo, non c’è che dire…

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