Marco Pastonesi ci conduce alle porte di Milano, ma potremmo trovarci in Sicilia o in Umbria. Una piccola storia molto italiana
Una, dieci, cento, mille Sesto San Giovanni. Una piccola storia ovale
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Alcool, pittura fresca, discorsi e panini da ko: quando il rugby fa autogol
Fallimenti, papere, disastri, gaffes, guai, disfatte ovali. Antologia di Marco Pastonesi

La Rugby World Cup 2011 raccontata da Marco Pastonesi
Settimo appuntamento con le letture tratte dal libro "Ovalia. Dizionario erotico del rugby"

La Rugby World Cup 2007 raccontata da Marco Pastonesi
Continua il nostro viaggio attraverso la storia della Webb Ellis Cup con le letture della nostra prestigiosa firma

La Rugby World Cup 2003 raccontata da Marco Pastonesi
Quinto appuntamento le letture tratte dal libro "Ovalia. Dizionario erotico del rugby"

La Rugby World Cup 1999 raccontata da Marco Pastonesi
Quando la Coppa del Mondo si trasformò da "teatro per eroi dilettanti, a palcoscenico per attori professionisti".

La Rugby World Cup 1995 raccontata da Marco Pastonesi
Terzo appuntamento con le letture tratte dal libro "Ovalia. Dizionario erotico del rugby"
Mah…non rende molto l’idea di quello che è stato fatto a Sesto
brutta abitudine quella di criticare senza motivare… cosa vuol dire “non rende molto l’idea”? Qual’è la tua idea? Quale sarebbe l’idea giusta? Io non conosco la realtà di Sesto San Giovanni ma ti garantisco che il bellissimo e misurato articolo di Marco mi ha trasportato quasi “fisicamente” sugli spalti di cemento di quello spelacchiato campo di periferia… in fondo, come ha scritto, Sesto non è diversa da Monza, Varese, la Calvisano di 10 anni fa. Il rugby in Italia è soprattutto questo, non è certo l’Olimpico degli 80.000 spettatori. È fango, campi contesi, fredde gradinate in cemento, poca gente ma… una passione trascinante.
Grazie Marco, ti prego continua a regalarci pezzi di poesia.
Quoto rubenargo!
Grazie Marco, porti sempre ossigeno a quello che è il vero rugby e grazie a chi sta lavorando nelle svariate Sesto San Giovanni d’Italia, con impegno e passione perchè solo così il nostro movimento può crescere, portando il rugby dove nessuno lo conosce, dove ci sono bambini e ragazzi che aspettano un motivo per innamorarsi di uno sport.
Grazie a tutti i pionieri d’Italia. Siete voi i promotori dei futuri successi del nostro mondo ovale!
In qualità di giocatore ai limiti di età del Velate-Sesto posso dire che questo articolo mi ha commosso. Non è facile rendere in poche righe il senso dell’impegno e dello spirito di Alfio nel portare avanti questo Suo sogno e Marco ci è riuscito.
Grazie
quoto rubenargo..non conosco la realta di sesto, ma come dice pastonesi, puo esser benissimo una qualsiasi zona d’italia come la mia sardegna..e percio massimo rispetto e sostegno a chi si adopera per diffondere, con enormi sacrifici (alleviati solo dall’inconmensurabile passione), il nostro bellissimo sport!
ciao a tutti,sono entrato oggi per la prima volta in questo contesto,ringrazio tutti per le belle parole e la fiducia,e un grazie enorme a Marco.Per mantenere fede ai nostri propositi(sono un genitore -dirigente del geas rugby sesto san giovanni)vi consiglio di guardare gli enormi passi fatti in quest’ultimo anno al nostro campo,(geasrugbysesto.it).E’ stato impegnativo,ma penso ne sia valsa la pena…ede è solo l’inizio.In culo alla balena a tutti…Silvano
scrivo una nota qui perche non ha risposto nell’altro blog: marco “you’re welcome” significa semplicemente “prego” in inglese..nota sul bel pezzo su jonny wilkinson blog gazzetta! scusa, sempre per la precisione 🙂
che articolo su wilkinson? non lo trovo…
un articolo dell’ottimo pastonesi di qualche tempo fa..sul forum suo nel sito della gazzetta..un pezzo molto interessante tra l’altro..prova su google pastonesi+wilkinson+gazzetta
che articolo su wilkinson? non lo trovo…
Porto il mio ricordo di genitore di un piccolo rugbysta che, quando iniziò come under 7 nel 2004, non aveva praticamente allenatore, giocava con maglie sdrucite e scolorate, ma che al ritorno da ogni partita persa (tutte) mi diceva “papà, perdiamo sempre, ma ci divertiamo tanto insieme!”.
Dopo otto anni, ho assistito ad un vero e proprio boom del minirugby, culminato con un terzo e poi un secondo posto al Topolino.
Ora,a 15 anni e dopo aver partecipatonell’ ASA (attività di selezione Accademie), continua a dirmi “papà, mi diverto a giocare per il nostro club, ma l’Accademia non mi interessa”.
Ecco, questo per me è il rugby e questa è la sua anima che lo distingue da ogni altro sport, ma dal calcio in particolare e dal professionismo.
E’ inutile continuare a contorcersi sulla compatibilità del rugby “pane e salame” con il professionismo.
Sono due cose diverse ed incompatibili:da un lato la passione incondizionata, l’anima dei rugbysti di Sesto, dall’altro il professionismo, gli interessi, la fama ed il risultato come primo metro di giudizio.
Certo, la reltà poi frammischia e confonde le cose.
Ma il rugby ha questo grande patrimonio: la capacità di porci continuamente di fronte a questa scelta di vita.
In qualità di giocatore ai limiti di età del Velate-Sesto posso dire che questo articolo mi ha commosso. Non è facile rendere in poche righe il senso dell’impegno e dello spirito di Alfio nel portare avanti questo Suo sogno e Marco ci è riuscito.
Grazie
bella storia dal sapore degli anni ’60: un visionario che si impegna alla morte per diffondere un’idea di sport. Ma siamo nel 2012 e sarebbe compito di una delle federazioni più ricche d’italia portare avanti questi progetti assistendo il visionario di turno e finanziando quel poco che serve per mettere a punto un campo da rugby e fornire i materiali necessari.
beh si, in un paese normale forse..