Dalle mischie al gioco aereo: il bel novembre dell’Italia un auspicio per il Sei Nazioni 2026

Le Quilter Nations Series della Nazionale tra conferme tattiche, crescita individuale e prospettive per il prossimo futuro

Dalle mischie al gioco aereo: il bel novembre dell’Italia un auspicio per il Sei Nazioni 2026 – ph. Sebastiano Pessina

Poteva finire in bellezza, il novembre internazionale dell’Italia, e invece no: una prestazione opaca nella vittoria contro il Cile a Genova ha fatto sì che le Quilter Nations Series azzurre si chiudessero un po’ in tono minore, senza eccessivi entusiasmi.

Il successo del Ferraris, ottenuto con il punteggio di 34-19, rimane quello che è: una performance mediocre finita comunque con una meritata vittoria, senza particolari significati ulteriori. Una cosa che è iniziata e finita nel freddo della notte genovese, dalla quale sarebbe un errore trarre delle conclusioni più ampie.

Guardandolo nel suo complesso, infatti, il mese di novembre degli Azzurri è stato più che positivo. Niccolò Cannone gli ha dato “un bel 7”. Sta diventando, per noi di OnRugby, un po’ l’uomo dei voti, il seconda linea del Benetton: l’anno scorso assegnò la stessa valutazione alla partita contro la Georgia. Stavolta, forse, avrebbe potuto essere un po’ più generoso con sé stesso e i suoi compagni: l’Italia ha vinto due partite su tre in autunno, non succedeva dal 2022 e in generale è una notevole rarità nel repertorio azzurro. La partita che è stata persa, poi, è stata una gara in cui la Nazionale ha combattuto per vincere contro il Sudafrica numero uno al mondo, seppure assai rimaneggiato e rimasto in 14 per più di un’ora di gara.

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Al piede e in aria

Sui rettangoli verdi di Udine, Torino e Genova gli Azzurri hanno dimostrato di aver cementato le loro qualità nel gioco tattico, già messe in mostra nel resto dell’anno e nella parte finale del 2024. Quella italiana è diventata una squadra capace di risalire il campo attraverso l’utilizzo del piede, guadagnando territorio senza calciare la palla fuori: un aspetto necessario per impedire agli avversari di avere lanci del gioco pericolosi nella metà campo offensiva.

Contrariamente a quanto molti ritengono, l’Italia si è dimostrata forte nel gioco aereo. Con la modifica del regolamento che ha tolto di mezzo la possibilità di proteggere il ricevitore del pallone, ogni duello aereo è diventato effettivamente una disputa alla pari per il possesso. Ovviamente ci sono giocatori più o meno dotati nel gioco aereo: Freddie Steward dell’Inghilterra, Canan Moodie del Sudafrica, Joseph Suaali’i dell’Australia sono tra le eccellenze mondiali nella fattispecie. Rimane comunque una situazione dall’esito molto più aleatorio che nel recente passato.

L’Italia ha fatto vedere di saper giocare bene i calci contestabili, con Stephen Varney molto preciso e continuo dalla base del raggruppamento e Louis Lynagh, Monty Ioane e Ange Capuozzo che si sono fatti valere in ricezione sia sui calci del compagno che nella ricezione di quelli avversari. L’aspetto dove però gli Azzurri sono migliorati di più è nella reattività e nella capacità di portare giocatori vicini al punto di caduta di un calcio: spesso quello che fa la differenza è riuscire a reagire per primi a un pallone schiaffeggiato in aria dai duellanti, in modo da sfruttare immediatamente l’ovale se recuperato o bloccare tempestivamente l’iniziativa avversaria, per concedere situazioni di gioco rotto.

Chi ha la memoria più lunga si ricorderà come questo fu un aspetto cruciale nella dura sconfitta patita contro l’Argentina a Udine dodici mesi fa.

Manovra offensiva

Anche in attacco l’Italia ha mostrato alcune variazioni rispetto alle precedenti uscite del 2025. In particolare è stato rispolverato il pod a 4 giocatori.

Il pod è il sostituto gergale della mini-unit: un gruppo di giocatori, solitamente tre e solitamente avanti, schierati sul campo con il principale compito di portare avanti la palla, ma anche di giocarla dietro le spalle dei compagni per innescare il gioco al largo.

Utilizzare quattro giocatori nel pod è una recente novità tattica di diverse squadre, che permette all’attacco di aumentare le minacce per la difesa vicina al punto d’incontro, costringendola a mantenersi stretta e a limitare la velocità di salita, dando più tempo e spazio ai playmakers per agire. L’Italia aveva introdotto i pod a 4 già nel Sei Nazioni 2024, per poi metterli da parte. In questo novembre li ha ritrovati, utilizzandoli in maniera diversa: li abbiamo visti spesso all’opera nelle situazioni offensive nell’ultimo quarto di campo.

La forza degli otto

Una citazione d’obbligo in questo novembre va alla mischia ordinata.

In generale le fasi ordinate sono state positive per gli Azzurri, anche più del solito. Se la rimessa laterale ha funzionato a dovere, la mischia è stata però semplicemente eccellente. A Udine ha messo in difficoltà una squadra australiana che arrivava in Italia per metterla sotto pressione proprio lì. A Torino Nicotera e compagni hanno offerto una vera e propria masterclass contro uno dei migliori pacchetti al mondo. A Genova la spinta del pack ha salvato la serata, spazzando via la resistenza del Cile.

Quello che la mischia azzurra ha fatto è un lavoro progressivo, che li ha portati oggi a una maturità tecnica, tattica e strategica determinante per le sorti di una battaglia che continua ad essere uno degli aspetti più belli, affascinanti e anche un po’ misteriosi del nostro gioco.

Avere una conquista in grado non solo di fornire palloni al reparto arretrato, ma anche di giocare per conquistare calci di punizione è un requisito indispensabile per competere con le prime nove squadre al mondo, quelle che precedono gli Azzurri nel ranking: l’Italia viene da anni in cui questa forza latitava, merito a giocatori e staff per quello che sono riusciti a costruire.

Singoli

A livello individuale, le Quilter Nations Series hanno offerto alcune affermazioni importanti all’interno della squadra.

Andrea Zambonin è definitivamente assurto a un ruolo da titolare. Dopo un paio d’anni di apprendistato nel ruolo di alternativa sempre più affidabile, il vicentino è ora un giocatore gerarchicamente alla pari con Federico Ruzza e Niccolò Cannone, che sono stati la coppia titolare in 12 delle ultime 22 partite della Nazionale, 9 su 10 delle partite degli ultimi due Sei Nazioni.

Manuel Zuliani si è confermato sui livelli astronomici che aveva mostrato nella parte finale della scorsa stagione, malgrado avesse giocato meno di un’ora di rugby con il Benetton dall’inizio della stagione. Questo novembre è stata la definitiva epifania di Zuliani sul palcoscenico del rugby internazionale: nessuno, anche al di fuori dall’Italia, può essere rimasto all’oscuro di quanto combinato dal numero 7 con il caschetto bianco.

Un peccato, per la Nazionale oltre che per la persona, l’infortunio occorso a Ross Vintcent, che stava giocando su livelli altissimi e potrebbe essere fuori dai giochi per un po’.

Se Stephen Varney ha mostrato una continuità con pochi precedenti, sperando che il suo problema al costato non la interrompa, e la linea dei trequarti si è dimostrata in ottima forma, Paolo Garbisi ha invece mostrato una volta di più di essere l’unico vero insostituibile del XV azzurro.

Certo, tante assenze potrebbero abbassare il livello di talento della squadra, ma nessuna colpirebbe come quella del 10 del Tolone, vero e proprio demiurgo dell’Italrugby. Anche quando la sua prestazione complessiva è imperfetta, come nel caso della partita contro il Sudafrica, è dalle sue decisioni e dalle sue capacità che passa tantissimo di tutto quello che gli Azzurri riescono a combinare. Il suo ruolo assomiglia a quello dell’ammiraglio in un battaglia navale settecentesca, fra cannonate a lunga gittata, aggiramenti strategici e assalti all’arma bianca.

Tra le note meno liete a livello di singoli c’è una partita finale contro il Cile che era l’occasione per alcuni giocatori di rendersi protagonisti di una prestazione importante e accendere il fuoco della competizione interna. Alcuni, come Muhamed Hasa e Giacomo Da Re, hanno fatto la loro parte ma difficilmente potranno scalare le gerarchie. Altri, come Alessandro Garbisi, Alessandro Izekor e Leonardo Marin, non hanno colto pienamente l’occasione.

Verso il Sei Nazioni

Novembre è stato un mese positivo non solo guardando alla valutazione del lavoro svolto da questo gruppo di sportivi professionisti in quanto tali, ma soprattutto un momento dove gli appassionati e i tifosi azzurri hanno avuto tutto quello che possono desiderare dalla loro squadra: vittorie, emozioni, spettacolo.

Adesso per gli Azzurri è venuto il momento di riporre le proprie maglie nell’armadio e tornare a estrarre la divisa dei club. Il tempo della nazionale tornerà assieme alla primavera, ma già brilla in lontananza il barlume del Sei Nazioni.

Nel 2024 l’Italia aveva vissuto un novembre di ombre e luci, che ha poi portato a un buon Sei Nazioni 2025. L’equazione che tutti i tifosi e gli appassionati sperano che possa essere verificata a febbraio è che questo luminoso novembre azzurro possa portare a un Sei Nazioni 2026 dove ottenere qualcosa di importante.

Lorenzo Calamai

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