Abbiamo provato a capire come funziona il processo che porta il club irlandese – e poi la Nazionale – ad essere costantemente ad alti livelli in Europa e nel Mondo
Il sistema Leinster: viaggio fra gli ingranaggi di una macchina (quasi) perfetta – Prima parte
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Super interessante. Sarebbe bello imparare e adattare quello che abbia senso alle nostre realta’, ma sfortunatamente, ho pochissima fiducia nell’intraprendenza dei nostri club.
Grazie. Spero tu confermi il giudizio dopo la seconda parte, in arrivo domani.
E complimenti a Ragusi per la sua carriera da allenatore in un ambiente come quello Irlandese! Non credo ci siano molti posti migliori di questo dove imparare il mestiere!
Bello questo articolo, molto interessante!
E comunque, remare tutti nella stessa direzione fa tutta la differenza del mondo! Bravi Irlandesi, non li sopporto più, ma bravi!
Ragazzi, alla fine il sistema irlandese si basa sulle scuole private, non dimentichiamolo. I ragazzini che arrivano in nazionale dai clubs sono meno. Il rugby nella contea di dublino puo’ essere molto elitario e ,come in generale l’intera societa’ irlandese ,spesso classista. Non credo che noi potremmo replicare il metodo.
Stesso mio pensiero. Questo però non significa che non si possano trovare altre strade. Credo che la differenza fondamentale sia tra capillarità (Irlanda) e campanilismo o orticello (Italia)
Ne parliamo domani nella seconda parte.
Elitario fino a un certo punto. 38mila tesserati in una provincia con 2,8 milioni di abitanti sono numeri che ci sognamo! Vuol dire un tesserato ogni 75 abitanti. In Italia numeri del genere li fa giusto il calcio. La pallavolo, che e’ il secondo sport in Italia, ha un tesserato ogni 170 abitanti, figuriamoci il rugby!
Complimenti sia a Damiano per farci conoscere da vicino la realtà dei migliore; che a Simone, sono sempre molto contento quando un giovane allenatore italiano si mette alla prova all estero, soprattutto poi in un paese come l Irlanda.
Se volessimo fare dei confronti, vediamo come nei paesi rugbisticamente più sviluppati esistono dei comuni denominatori, lo spirito di appartenenza, la progettualità e la condivisione…ci vuole ancora tanto per capire questo anche in Italia? Oppure siamo ancora convinti di fare le fusioni quando cominciano a scarseggiare i giocatori, scelte di necessità più che di opportunità..
Con una metafora, da quello che si evince, in Irlanda ci sono tanti piccoli affluenti che convergono in un grande fiume (Leinster) che poi sfocia in mare (Irlanda). In Italia abbiamo tanti piccoli torrenti che scorrono paralleli e non si sa dove vadano a finire se non in pochi casi
Ma infatti sta tutto qui il problema!
Molto interessante! Domani con la seconda parte mi farò un’idea migliore. Per ora quello che posso dire è che un sistema a piramide territoriale di questo tipo da noi sarebbe applicabile probabilmente a livello regionale ma anche qui ho diversi (e parecchi) dubbi perchè questo richiederebbe che il rugby fosse pressochè equamente distribuito sul territorio (bene o male come avviene in praticamente tutte le ex colonie britanniche, NZ, AUS, SAF-ZA e Irlanda inclusa volenti o nolenti fino al 1919-1921).
come hanno detto altri sopra dobbiamo trovare e coltivare la nostra “Italian way” cercando di sposare il progetto e remare tutti nella stessa direzione. Il sistema che sembra più vicino al nostro ora come ora con 2 squadre in URC è quello scozzese ma anche li la cosa vale fino ad un certo punto perchè Edinburgo e Glasgow sono effettivamente le uniche due punte delle piramidi territoriali che hanno, in sintesi sono rappresentative di tutto il territorio scozzese (non come noi dove hai Parma e Treviso in URC ma un Rovigo o un Petrarca non si riconosco territorialmente in una o nell’altra e difficilmente faranno da feeder se non vengono coinvolte in un progetto diverso da quello di mera riconoscibilità territoriale)
diciamo che la nsotra situazione geografica e nazionale sarebbe perfetta per un campionato domestico stile Top14 francese: se solo ci fossero le risorse economiche e se solo negli anni 70-80 fossimo stati una nazione un pò più lungimirante di quella che ha puntato tutte le finanze pubbliche sul “campo da calcio” in ogni singola contrada lasciando le briciole agli altri sport…
in un mio lungo intervento scrivevo appunto della “professionalita’” dei club amatori/dilettanti (cosi’ come lo dovrebbero essere quelli della presunta A Elite’…). Oltre al fatto di remare dalla stessa parte che da noi non accadra’ mai…
La vera differenza la fanno le scuole private, molte nella provincia di Leinster, anche solo per ragioni demografiche, meno in Ulster e Munster.
Stessa cosa avviene in Sudafrica, NZ e parzialmente in Inghilterra .
Tali scuole sono interamente private e NON sono sussidiate dalla IRFU, ma si basano interamente sulle rette pagate dalle famiglie. Una media di circa 5-7.000 euro l’anno per la frequenza giornaliera, cui aggiungere altri 10-12k l’anno se il ragazzo/a dorme e mangia nella scuola (boarding school). Cui si aggiunge il costo dell’uniforme e delle attività extra-curriculari.
Certo offrono servizi da paura, in particolare nello sport e nelle scienze, ma si fanno pagare molto bene.
l’IRFU raccoglie i frutti di questo lavoro enorme delle scuole, finanziato dalle famiglie.
https://www.independent.ie/irish-news/fee-paying-schools-almost-10000-to-attend-most-expensive-day-school-in-the-country/42228952.html
credo che il Sudafrica e la Nuova Zelanda (ma anche nel loro piccolo, a livello rugbystico s’intende, paesi quali Kenya, Zimbabwe etc) siano l’esempio più calzante per quanto riguarda le scuole private che fanno anche da collegio per chi viene dalla campagna o da altre città. Servizi spaventosi appunto, ma a gratis non arriva nulla come dicevi giustamente te https://businesstech.co.za/news/lifestyle/656507/how-fees-at-south-africas-most-expensive-private-schools-have-changed-in-the-last-10-years/ si parla di un collegio con vitto e allogio sui 300’000rand all’anno (circa 14’000euro) e poco più della metà per la sola frequenza giornaliera
Una organizzazione spaventosa, quasi incomprensibile ad una prima lettura per via della sua complessità. Qui bisognerebbe innanzitutto superare l’ostacolo culturale che ci impedisce, nella quasi totalità dei casi, di immaginare di lavorare su ragazzi promettenti per poi vederli decollare verso altri lidi ed altri livelli. Se poi apriamo il discorso dello sport nelle scuole siamo fritti. Troppi giovani crescono senza aver mai praticato una attività sportiva, fatto gravissimo a mio parere.
Senza arrivare ad un attività sportiva siamo ad un livello molto più infimo, ci sono molti bambini che a 8-9 anni non sanno letteralmente correre, non parliamo poi di capriole o cose più complicate, attività motorie nelle scuole primarie/asili ormai completamente dimenticate, infatti ora in abbinata agli allenamenti di minirugby, molte società uniscono corsi di motricità.
Una proposta interessante è quella di Rugbytots. Mia figlia ha fatto l’istruttrice-educatrice per qualche tempo. Solo che è rivolta solo ai bambini in età prescolare e quindi poi dai 6 anni in poi perdono questa attitudine motoria. Oltre al fatto che i bambini che aderiscono sono veramente in una percentuale veramente bassa