Gli Azzurrini espugnano il Brewery Field di Bridgend e concedono il bis dopo la vittoria dello scorso 13 aprile
L’Italia under 19 ha battuto il Galles 2 volte in 4 giorni
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Ad oggi solo l’Irlanda è veramente in pineta diverso
E poi ho seguito la 18 e l Francia sembrano già professionisti
L’ultima annata di Aboud
ahhhhh ecco il “se”/”ma” di oggi 🥰🥰🥰🥰🥰
“ultima”
“annata”
“di”
“Aboud”
maxell ho paura che tu abbia ragione.
però spero che tu abbia torto!
non per polemizzare ma solo perché ormai vinciamo con galles e scozia, ma facciamo difficoltà con irlanda,inghilterrra e francia ma come tu dici sono frutti di un albero che è stato tagliato.
Peccato che le battiamo solo con le Under…
flavio ciao, io penso che se continuassimo a produrre giocatori forti come negli ultimi 5 anni, e avessimo una politica di acquisizione di italiani-foresti più decisa e programmata, potremmo ambire ogni tanto di battere qualcuno nel 6 nazioni.
qui ci vuole programmazione!
Ciao vecio, con il bacino di giovani in cui la Fir avrebbe da pescare in Italia, se fossero fatte le cose come Dio comanda, avremmo delle potenzialità assurde alla pari di Francia e Inghilterra.
Ma questa è una storia che conosciamo già e quindi niente di nuovo.
Dobbiamo accontentarci delle briciole
bacino si, strutture per far crescere questo banico: no.
mi spiego meglio con un esempio: al meridione, quando giocavo nelle varie under (ma anche per i senior valeva) nella nostra regione (Campania) le squadre si contavano sulla punta delle dita e ricordo a 14/15 anni di trasferte molto lunghe per poter giocare con pari eta’ (e.g. Cosenza, Lecce, L’Aquila…) perche’ non c’erano squadre (oggi invece per fortuna va’ molto meglio).
Pero’ ricordo di team (anche nella mia regione) che giocavano in campi di calcio polverosi in terra battuta, non avevano strutture in cui allenarsi e creare aggregazione. Questo portava, con il tempo, o l’abbandono oppure una crescita rugbistica limitata. Per esempio a 18/19 anni per una mischia sarebbe opportuno allenarsi con una macchina della mischia…ma in molti casi non esiste nemmeno un campo, figuriamoci una macchina per la mischia.
Quindi e’ molto difficile per la maggior parte del bacino di aumentare skills e competenze con tali strutture. Per questo, purtroppo, il concetto piramidale come l’aveva impostato Aboud aveva un senso, perche’ i talenti in quella situazione non miglioreranno mai. Purtroppo al meridione e’ ancora cosi’. Non so se siete al corrente che la Partenope (storica societa’ napoletana) e’ fallita e non esiste piu’ visto che si ritiro’ dal campionato di serie B (Partenope che vanta passati in Serie A e anche uno scudetto con Mascioletti)
come non essere d’accordo? Sono anni che dico che occorre lavorare per una diffusione capillare del rugby in Italia e che occorrono un minimo di strutture adeguate, ad ogni latitudine e longitudine, poi formazione di tecnici e di osservatori FIR illuminati e capaci che girino in lungo e in largo la penisola diffondendo anche lo spirito giusto per non fare abbandonare il rugby a migliaia di ragazzini dai 16 anni in poi, quando le sirene o gli impedimenti (ragazze, studio, strumenti musicali, distrazioni varie) iniziano a fare pesare lo sport. Le accademie hanno sicuramente portato risultati, ma esaltando le realtà che già ora sono chilometri avanti alle altre (Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e, in parte, Friuli, Trentino, Toscana e Lazio e qualcosa dalla Liguria). Tutte le altre regioni praticamente non esistono dal punto di vista rugbistico. Poi qualcuno riesce comunque ad arrivare in cima, vedi Canna, ma sono le eccezioni che confermano la regola. Va fatto un investimento su tutto il territorio, vanno fatte ricerche su giocatori che vengono da altri sport (calcio, basket, volley, atletica) dove non sono riusciti ad emergere, vanno cercati anche figli di immigrati che non conoscono la palla ovale, ma che per loro potrebbe essere veicolo di integrazione (oltretutto qualcuno ha anche un fisico niente male). In poche parole, una sinergia con gli istituti scolastici. Ma poi, una volta fatta la proposta, gli vanno date strutture, non ci si può presentare con campi e spogliatoi malridotti, altrimenti finisce subito la possibile attrattiva. Una volta allargata la diffusione del rugby nelle realtà dove è poco conosciuto (fatta con un buon senso di programmazione e non estemporanea) si può iniziare a parlare di centri di formazione, se non regionali, al massimo sovraregionali, ma limitrofi dove i ragazzi dovrebbero essere seguiti da tecnici esperti di sviluppo giovanile.