Italia, Francesca Sgorbini e l’importanza di psicologo e mental coach

“Non c’è nulla di male nel chiedere aiuto”

Italia, Francesca Sgorbini e l’importanza di psicologo e mental coach ph. Federugby

Parla con la mente e il cuore aperti Francesca Sgorbini alla Gazzetta dello Sport: “Posso finalmente dire di essere orgogliosa di me.” Ma non nasconde le difficoltà culturali e gli arretrati pregiudizi che ha dovuto affrontare in prima persona quando ha voluto intraprendere un percorso di terapia psicologica: “Non è facile superare tutti i tabù che riguardano la salute mentale, con le persone della mia generazione forse è più facile perché c’è una consapevolezza diversa. Quando ne parlo con persone più grandi invece mi rendo conto che c’è proprio un’altra percezione, mi sono sentita dire ‘ma cosa ci vai a fare se stai bene?’, come se andarci significasse essere necessariamente matti o depressi. Molto più semplicemente, nella vita ti trovi di fronte a delle cose che non hai mai vissuto e non sai gestire e a dei momenti in cui le tue emozioni prendono il sopravvento, e non c’è nulla di male nel chiedere aiuto”

Italia, Francesca Sgorbini e l’importanza di psicologo e mental coach

La terza linea della Nazionale Femminile, già campionessa d’Italia a Colorno e di Francia con Romagnat, suo attuale club, ha preso la decisione di rivolgersi a uno psicologo dopo la Coppa del Mondo, quando si è resa conto che “volevo concentrarmi sulle cose importanti e sulle mie priorità ma non ci riuscivo. Ogni cosa mi portava a pormi delle domande alle quali non riuscivo a dare una risposta, e questi pensieri avevano iniziato a influenzare anche i miei allenamenti e il mio rendimento in campo. A volte pensi di aver risolto un problema e invece dietro ce ne sono altri dieci”

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Ma ha voluto sottolineare quanto fosse importante trovare il momento giusto per un percorso di questo tipo: “L’ho fatto perché mi sentivo pronta: se l’avessi fatto prima, mentre ero ferma per un grave infortunio al crociato, non ci sarei riuscita perché in quel momento non avrei ascoltato nessuno, ero troppo arrabbiata col mondo.”

Per poi rimarcare quanto il lavoro in team, che comprenda tutti gli aspetti della vita di un atleta, sia fondamentale: “Al lavoro fatto con lo psicologo si è aggiunto quello che svolgo con un mental coach che la società (Romagnat, in Francia, ndr) mi ha messo a disposizione. Il mio percorso personale e quello sportivo stanno andando di pari passo. Ci sono tante cose personali che influiscono sull’aspetto sportivo, e viceversa quello che succede in campo influenza anche la mia vita personale.”

Sgorbini ha anche voluto condividere un pensiero sul cammino fatto durante la sua brillante carriera e sulle persone che l’hanno aiutata: “Non è facile, perché è da quando ho 16 anni che sono via di casa, ma le sensazioni che provo giocando a rugby non potrei ritrovarle da nessun’altra parte. E poi ci sono state delle persone che mi hanno dato un supporto incredibile: prima di tutto la mia famiglia, che mi ha sempre sostenuta in ogni momento” Ma anche le compagne di squadra: “Poi quando mi sono rotta il crociato ho condiviso tanto del mio percorso con Silvia Turani (pilone della Nazionale Italiana, ndr) che aveva avuto il mio stesso infortunio pochi mesi prima, e già lei mi aveva consigliato più volte di iniziare un percorso di psicoterapia.”

Infine un commento sulla particolare resistenza dei tabù legati alla salute mentale in Italia: “Poi in Francia devo dire che è stato più facile iniziare, è un argomento molto meno tabù e se ne parla molto più liberamente.” Mentre secondo Sgorbini in Italia: “Le persone non sempre si aprono, e quando vorrebbero farlo hanno paura di far star male gli altri. Non è facile trovare il coraggio di dire ‘non sto bene’.

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