Dopo la finale di Coppa Italia, la direttrice di gara italiana Clara Munarini si racconta, fra traguardi da raggiungere e pregiudizi da scardinare
Clara Munarini: “Una donna che arbitra una finale non deve più essere una notizia”
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E per la serie “il fantastico mondo dei paradossi” in URC lei non arbitra, ma arbitra Whitehouse!
Il termine “arbitra” non si può sentire.
Comunque la Munarini è più brava della media attuale del Top10 e se oggi fosse considerata all’altezza degli altri due arbitri italiani sarebbe già in URC.
Lo scrivo senza polemica, ma per offrire uno spunto di riflessione: “non si può sentire” è, a sua volta, irricevibile. Per definizione, lo è solo perché non sei abituato (o abituata, non so il tuo genere), ma quando entrerà nell’utilizzo comune, e lo farà nel momento in cui ci saranno sempre più arbitre, sarà un termine come un altro. Come “maestra”, che la stessa Clara Munarini cita: i due termini hanno la stessa derivazione semantica, perché maestra sì e arbitra no?
Ti racconto un aneddoto: il termine “infermiere” (al maschile singolare) non esisteva all’inizio: la professione infermieristica veniva svolta solo da persone di sesso femminile, quindi era usato solo “infermiera”. Ma quando cominciarono a praticarlo anche uomini, ecco che si coniò molto agilmente il termine al maschile, che all’inizio probabilmente “non si poteva sentire”. Ma quale infermiere oggi accetterebbe di essere chiamato “infermiera maschio”?
Fantastico, ti chiedo quindi se il 4.o uomo, nel caso fosse designata una donna, rimane 4.o uomo o bisogna coniare “4.a donna”?
Il tema più che la denominazione è secondo me un altro.
Mi risulta, ma spero che la fonte si sia sbagliata, che Munarini e altre donne che arbitrano le categorie più importanti debbano sostenere dei test atletici in assenza dei quali non si è idonei.
Ma il limite posto per le Donne è inferiore di non poco rispetto a quello degli Uomini, per lo stessa partita che potrebbero andare ad arbitrare.
Come può essere?
Se il genere non è e non deve più essere una differenza per alcuno, l’obiettivo atletico per la medesima competizione deve essere lo stesso per tutti gli arbitri, senza favoritismi.
Stessi diritti e stessi doveri.
QUARTO UFFICIALE e passa la paura!