Aristide Barraud non è affondato

Quel cuore, nonostante tutto, batteva ancora forte. Storia di Aristide, che le ha provate tutte, prima di arrendersi.

aristide barraud

Aristide Barraud – ph. Sebastiano Pessina

Aristide Barraud ha provato a riprendersi quello che il destino gli ha tolto, ma non ce l’ha fatta. L’Anonima Piloni vi racconta di lui, del suo talento, della sua sfortuna e della sua resa, tutt’altro che volontaria.

Costole sbriciolate, così come quel malleolo. Una gamba trapassata da una parte all’altra, un polmone collassato. Litri di sangue perduti ovunque, ma quel cuore continuava a pompare. Si vede che il ragazzo fa sport. Non c’è un medico che lo vorrebbe operare, viste le condizioni disperate del giovane.
Quel cuore, però, mica ne voleva sapere di smettere di fare il suo lavoro.
E allora quel ragazzo lo si deve almeno provare a salvare.

E allora un po’ in tanti si mettono a tifare per quel ragazzo di 26 anni nato e cresciuto nelle banlieue parigine, senza un minimo di tentennamento nell’abbracciare una multiculturalità che, quel 13 novembre del 2015, qualcuno ha provato a colpire al cuore. Tifano per lui a Parigi, dove vive e studia cinematografia. Tifano per lui a Massy, comune vicino alla capitale in cui quel ragazzino ha imparato a giocare a rugby ad un più che discreto livello. E tifano per lui a Piacenza e a Mogliano, dove ha lasciato segni ovali non indifferenti. Non è un caso che in una storia fatta di faide e di discriminazioni culturali si faccia il tifo per un ragazzo che si è costruito un percorso che abbraccia tutto e tutti, che sostiene chiunque gli stia vicino.

Perché tutti abbiamo tifato per Aristide Barraud.
Ecco, noi italiani all’inizio un po’ meno: l’abbiamo conosciuto in una fredda serata di marzo del 2009 a Chieti. È il mediano di apertura della Francia under 21 che sfida i nostri pari età nell’ultima giornata del 6 Nazioni di categoria. Gran squadra, quella: Fall, Camara, Lapandry, Slimani, Taofifenua è tutta gente che giocherà anche con la Nazionale maggiore. Divide la stanza dei bottoni con Florian Cazenave, altro talento tutt’altro che fortunato. In azzurro ci sono Gori, Venditti, Iannone, Benvenuti, Petillo, sulla carta una delle nostre migliori generazioni degli ultimi anni. Non stiamo facendo un grande torneo, ma abbiamo tanta voglia di rimediare ad una annata storta. Forse troppa, se è vero che nei primi venti minuti Barraud infila quattro calci piazzati che ci mandano completamente fuori ritmo e fuori gara.

Finisce 43 a 10, quel numero 10 alla fine segnerà 23 punti, frutto anche di una meta e tre trasformazioni, dando l’impressione di essere sempre avanti ai nostri di almeno due o tre mosse. La cosa non dovrebbe stupirci molto, se si pensa che ha imparato il mestiere a Massy (terza squadra parigina) e che ha firmato da poco un contratto con lo Stade Français di Parisse e compagnia cantante. Vero, gioca molto con gli Espoirs, ma riesce a debuttare in Top14 e a segnare un calcio di punizione. Sembra che la strada verso la Nazionale Maggiore sia solo questione di tempo e di pazienza, ma al di là delle Alpi non funziona esattamente così. La concorrenza, per esempio, è spietata, sia nel club che soprattutto a livello di Nazionale. Pensate solamente all’ultima Autumn Nations Cup, con i francesi in grado di tener testa all’Inghilterra di Eddie Jones senza almeno una ventina di titolari. A questo va aggiunto un altro fattore non trascurabile: almeno fino alla Coppa del Mondo del 2015 in Francia c’è una certa tendenza a fidarsi dei muscoli anche quando la materia grigia dovrebbe sfuggire a queste dinamiche. Sono gli anni di Trinh-Duc (che è fondamentalmente un centro) con il numero 10 sulle spalle e del gigantesco sudafricano Scott Spedding estremo, ma con licenza di creare. Aristide, che a malapena arriva agli 80 chili, a questi livelli non riesce a trovare spazio. Nel 2011 allora torna a giocare a Massy, la squadra che l’ha lanciato, nella terza serie francese. E qui sì che Aristide fa la differenza: al primo anno porta i suoi alla promozione in ProD2, ma il cammino si ferma lì: ultima posizione e tutto da rifare, si torna in Federal 1.

In estate, però, Barraud si guarda attorno: lo attira molto l’offerta di una squadra italiana, il Lyons Piacenza, che milita in serie A e che da qualche anno tende a prendere degli stranieri di alto livello: non andò benissimo con Sam Giddens, apertura-centro di Bristol, andò molto meglio con Kelly Haimona, pescato dai campionati minori neozelandesi e decisivo da subito in bianconero. Haimona però è stato acquistato da Calvisano, e allora bisogna rimediare. Si buttano su Aristide e lo ufficializzano in luglio.

L’arrivo del francese non convince proprio tutti, vuoi perché è un profilo completamente diverso da quello del suo predecessore, vuoi perché qui in Italia all’epoca eravamo abbastanza convinti del fatto che i campionati minori francesi ed inglesi fossero campionati minori tout court. Basti pensare alla levata di scudi scatenatasi quando si sparse la voce che Juan Pablo Socino, centro e playmaker del Nottingham in Championship, fosse molto vicino all’approdo a Treviso. Non ci si poteva abbassare a prendere gli “scarti” degli altri movimenti. Come ci sbagliavamo.
Con Barraud non si arrivò ai giudizi sprezzanti, ma qualcuno storse il naso.

Tempo due partite e Aristide mette d’accordo tutti: è testa e spalle sopra qualsiasi altro giocatore del torneo. Con lui in campo i Lyons giocano sistematicamente venti, trenta metri più avanti rispetto al solito, e poi non è vero che – come aveva pensato di prevedere qualcuno – si tratterebbe di un ragionierino ordinato e poco più. Per referenze chiedere al Recco e a Bastien Agniel, numero 10 degli Squali, anch’egli francese, anch’egli proveniente da quella cayenna che è il sottosuolo dei campionati minori francesi. Nella semifinale d’andata Barraud segna tre mete e chiude il discorso finale con 80 minuti di anticipo, inventandosene tra l’altro una clamorosa: calcetto a seguire a metà campo, palla ricatturata, poi subito altro calcetto ad anticipare gli ultimi due recchelini, raccolta al volo e prateria aperta. A Piacenza sognano la vittoria in finale contro L’Aquila, ma i neroverdi non sbagliano nulla.
Uno così, però, non può rimanere a lungo in serie A.

Per parecchi giorni dell’estate del 2014 si prospetta addirittura un doppio salto di categoria, visto che anche la Benetton Treviso sembra essere interessata al francese, ma poi non se ne fa nulla. A spuntarla alla fine è il Mogliano, che non è più la squadra che un anno prima aveva vinto lo scudetto, ma che ha tanta voglia di tornare a respirare quell’aria di vertice. Ad agosto, in un test di collaudo a Monigo, da solo fa letteralmente girare la testa alla Benetton Treviso di Umberto Casellato, poi prende per mano la squadra anche in campionato. Il 16 novembre affronta per la prima volta l’altro numero 10 che secondo tutti è a questi livelli per puro caso: è un irlandese che ha ripreso a giocare alla Leonorso Udine, in serie C2, dopo aver dovuto abbandonare una signora carriera tra Leinster e nazionali irlandesi. Si chiama Ian McKinley, veste la maglia di Viadana e di lì a due stagioni passerà a Treviso, ma in un freddo pomeriggio di novembre viene portato a spasso da Barraud, che mette a segno cinque piazzati e una trasformazione. La regular season vede i veneti giungere terzi dietro alle due grandi favorite per lo scudetto, ossia Rovigo e Calvisano, poi arrivano i playoff. Il sogno per Mogliano dura poco, perché i bresciani al Quaggia giocano una grande prima ora di gioco e vincono 30 a 15. Una settimana più tardi il Mogliano va avanti 14 a 3 e sembra rimettere tutto in discussione, poi però Mbanda e Di Giulio riportano sotto i calvini. Mogliano vince grazie ad un intercetto di Van Zyl nel finale, ma il match di andata è decisivo.
Si rimanda tutto alla stagione successiva, con Mogliano che si rinforza e punta forte al titolo. Aristide è sempre più leader, a novembre batte praticamente da solo il Rovigo che a fine anno vincerà lo scudetto, poi però arriva il 13 novembre del 2015.

E se quel venerdì sera sei in libera uscita a Parigi non può essere una sera come le altre.
Aristide è a cena al La Petite Cambodge con gli amici e la sorella, poi succede di tutto. Si ritrovano davanti un uomo armato che comincia a sparare all’impazzata, alcuni corpi cadono, altri cercano di salvarsi. Barraud d’istinto si butta su sua sorella, che rimedierà una ferita ad un braccio. A lui va decisamente peggio. Costole sbriciolate, così come quel malleolo. Una gamba trapassata da una parte all’altra, un polmone collassato. Litri di sangue perduti ovunque. La situazione è disperata, i medici che se lo ritrovano davanti non vogliono nemmeno mettersi ad operarlo, troppo grave, salviamo altri.

Quel cuore, invece, continuava a battere. E allora bisognava provarci.
Ce la farà, Aristide, e a gennaio è a Piacenza per assistere a Lyons-Mogliano, il suo personalissimo derby tra le due famiglie italiane che lo hanno fatto sentire a casa anche al di qua delle Alpi. Ha perso del tono muscolare, porta ancora segni che vanno oltre il piede ingessato. Dice che farà di tutto per essere in campo già in estate, in tempo per farsi tutta la preparazione con Mogliano.
Poi chissà come sarebbe andata.

Treviso era all’uscio, Jacques Brunel stava contando i giorni per poterlo schierare in azzurro, il 2016 avrebbe potuto essere il suo anno. E ci sarebbe tanto piaciuto che questa storia fosse proseguita con un Aristide Barraud a insegnare sul campo cosa significasse essere più forti del dolore, più forti del male, più forti di tutto.
Solo che questa non è una fiaba, e il corpo del giovane francese è troppo umano per reggere gli effetti di quella tragica notte. Comincia la preparazione, mette su i muscoli che aveva perso, ma le medicine che deve prendere per ripartire hanno effetti devastanti e il rugby non è cosa da sconti. Quelle costole ricostruite non possono reggere l’urto come quelle di serie, i dolori certe sere sono lancinanti, qualche contatto troppo robusto potrebbe realmente essergli fatale.
Aristide ci proverà fino al 2017, poi deciderà di smettere con il rugby giocato a soli 28 anni.
Tutti abbiamo tifato per Aristide Barraud.
Nessuno da quel giorno, ve lo possiamo assicurare, ha mai smesso di tifare per lui.

Cristian Lovisetto – Anonima Piloni

 

Tutte le precedenti puntate di Anonima Piloni le trovate qui.

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