Sei Nazioni 2021: frammenti di Inghilterra-Francia

Una partita giocata sui dettagli: eccone alcuni nell’analisi approfondita di OnRugby sul campale scontro di Twickenham

Francia Inghilterra 6 Nazioni 2021 Jalibert Slade

Sei Nazioni 2021: Jalibert e Slade in Inghilterra-Francia – ph. Adrian DENNIS / AFP

Il quarto turno del Sei Nazioni è stato eccezionale. La partita di domenica tra Scozia e Irlanda ottima, ma Inghilterra-Francia vince di diritto il titolo di miglior incontro da quando, purtroppo, allo stadio non c’è il pubblico.

Una partita straordinaria giocata da due squadre imperfette, per motivi diversi non al meglio della condizione, ma che hanno dato vita a qualcosa di entusiasmante, al punto che mentre te ne stai lì seduto sul divano con la bocca semi-aperta ti vien da dire “grazie rugby”, e non ti dispiace neanche dover aspettare l’intervallo per tagliare altre due fette di salame.

Inghilterra-Francia, come tutte le grandi partite, si è giocata sui dettagli, quelli che hanno permesso all’Inghilterra di rimanere vicino nel punteggio e di inserire il turbo nella parte finale, portando a casa un risultato importante che ha ridato entusiasmo e positività all’ambiente, con l’effetto collaterale di aver complicato le cose ai transalpini in ottica vittoria Sei Nazioni.

Eccone una carrellata, di quei dettagli: alcuni fanno parte del lotto che ha deciso la partita, altri sono curiosità, altri ancora rappresentano situazioni interessanti che è bello notare perché ci dicono ancora una volta quanto sia siderale il livello più alto di rugby giocato sul pianeta Terra.

Una Francia bellissima, ma non sempre lucida
Non sembra quasi vero che due squadre che avevano dato vita a quella vibrante ma non certo bella finale di Autumn Nations Cup solo tre mesi e mezzo fa possano essere le stesse che interpretano in questo modo una sfida memorabile come quella di sabato pomeriggio.

Entrambe hanno abbandonato la strategia zero rischi per diventare più propositive: se l’Inghilterra ci è arrivata gradualmente, la Francia ha ribaltato quanto fatto vedere a Dublino, quando aveva incantato con un paio di fiammate, ma non aveva voluto correre troppi rischi, prediligendo un gioco territoriale.

A Twickenham invece la squadra di Galthié si è presa anche dei rischi, a volte esagerati, a volte poco necessari, a volte deleteri. Una Francia divertente, da applausi, ma che forse con un po’ più di lucidità avrebbe potuto portare a casa qualche situazione che le avrebbe consentito poi di vincere la partita.

Perfettamente esemplificativo è il caso della rimessa laterale giocata veloce nei primi minuti di partita. Non è tanto quella scelta, quanto la successiva idea di Jalibert di provare un cross kick assai rischioso, a rendere il tutto controproducente. La sequenza, corredata da una seconda rimessa laterale battuta veloce e da un box kick mal costruito di Dupont, finirà per innescare il lungo multifase che porterà Watson alla bandierina per il primo pareggio a quota 7.

In quest’altra occasione Dulin prova il calcetto a scavalcare per Jalibert. Una opzione tutto sommato che ci sta, se non fosse che nessun trequarti francese rimane poi a presidiare la profondità, immediatamente esplorata da Youngs: la sequenza finirà con una rimessa a favore della Francia, ma sotto grande pressione.

Stesso discorso per il velleitario tentativo di drop dello stesso Dulin nella ripresa: se l’estremo mette tre punti riporta i suoi a distanza di break, ma il coefficiente di difficoltà è veramente alto per riuscire nell’impresa e arriva cortissimo. Dulin è il più arretrato dei suoi, che quindi non possono nemmeno salire a mettere pressione, lasciando una liberazione facile.

Sul successivo scambio tattico al piede l’Inghilterra schiaccia la Francia costringendo Dupont al mark e a concedere una rimessa in favore dei bianchi nella propria metà campo.

Tanti piccoli momenti ai quali se ne potrebbero aggiungere altri (il calcio di punizione che non va in touche al 60′ e si trasforma in un calcio di May che costringe la Francia a ripartire dai propri 22, ad esempio) che hanno fatto la differenza in una partita giocata sul filo del rasoio.

Placcare il placcatore, quando non è il caso

Placcare il placcatore è un comportamento del primo sostegno in un breakdown sempre più diffuso. Si tratta di un modo ideale per togliere le prime minacce al possesso e velocizzare il punto d’incontro.

In questa clip Taofifenua lo esegue alla perfezione, individuando in Mako Vunipola un pericoloso assistente placcatore. Quindi non fa altro che placcarlo come si farebbe con un giocatore in possesso di palla: in questo modo gli impedisce di interagire nel punto d’incontro.

Quello che il seconda linea però non considera, nella frazione di secondo a sua disposizione, è che gli assistenti sono due, e che una protezione più ortodossa del possesso, magari collegandosi già al portatore che rimane alcuni secondi in piedi, avrebbe potuto consentire di mantenere il possesso.

Invece qui Tom Curry è libero di fare ciò che gli riesce meglio, e per salvare la situazione sotto i pali Paul Willemse deve provare a forzare i confini del regolamento. Se sei due metri per centoventicinque chili tendi a farti notare. Andrew Brace è attento e fischia l’ingresso laterale: 3 punti per l’Inghilterra.

Un’altra situazione dove la Francia avrebbe potuto liberare in maniera più tranquilla non solo eseguendo meglio, ma anche se Alldritt avesse accettato di prendere il gran placcaggio di Cowan-Dickie. Una piattaforma meno avanzata, ma molto meno rischiosa rispetto a un giocatore quasi isolato all’interno dei 22 metri difensivi.

La trappola della Francia

Su questo calcio di liberazione la Francia vince una delle poche situazioni conseguenti un gioco al piede che ha portato a casa in maniera positiva. Jalibert piazza una gran pedata raggiungendo la metà campo quasi dalla propria linea di meta.

Ford ha tempo per giocare rapidamente e innesca Malins, in modo da contrattaccare e riguadagnare terreno, rimettendo i Bleus sotto pressione. Nel frattempo, però, questi ultimi si sono riorganizzati e hanno messo in piedi una piccola trappola.

Osservate come al centro del campo tre avanti rimangano indietro rispetto al muro difensivo, invitando Malins a dirigersi in quella zona. Vakatawa è incaricato del placcaggio frontale, l’estremo avversario cade lungo esattamente fra le grinfie di Taofifenua e un compagno, pronti a forzare il turnover ancora prima che il sostegno inglese possa avvicinarsi.

Non è casuale: è una trappola intenzionale. Non sempre può funzionare alla perfezione, ma questo è il caso in cui tutti i pezzi sono andati a posto, con Malins che si è infilato esattamente nell’imbuto e Vakatawa che ha eseguito il placcaggio tranciante che lascia il giocatore esposto in pieno territorio nemico.

Il mestiere di Maro Itoje

Maro Itoje è stato nell’occhio del ciclone dopo i 5 calci di punizione comminati nei suoi confronti la scorsa settimana da Pascal Gauzere in Galles-Inghilterra.

Contro la Francia il seconda linea ha incominciato senza strafare, salendo poi pian piano di colpi e finendo con l’essere come spesso gli accade decisivo: le statistiche dicono 30 ruck offensive pulite, un’infinità, e 2 rimesse laterali rubate.

Nonostante sia riuscito a rimanere relativamente lontano dalle luci dei riflettori, non ha comunque rinunciato al suo stile di gioco spesso al limite del regolamento.

In questa clip, ad esempio, protegge con grande mestiere l’aggressione a Johnny May: potrebbe in ogni momento tornare ad aiutare il compagno in maniera ortodossa, invece, senza che nessuno se ne accorga si frappone fra May e Ollivon, impedendo alla Francia di riuscire a contendere o anche solo rallentare il pallone quando i giocatori finiscono a terra. Anche questa è classe.

La meta più bella dell’anno

La seconda meta della Francia è una perla: una giocata studiata a tavolino ma chiusa da una strepitosa lettura della situazione da parte di Matthieu Jalibert. Una marcatura che è merito di una squadra intera, staff tecnico compreso.

Marchand lancia oltre i quindici metri per l’accorrente Fickou, andando ad attaccare quello spazio che inevitabilmente si crea tra la coda dell’allineamento e la linea difensiva a dieci metri di distanza. Il numero 12 è affiancato all’interno da Thomas, che costringe la difesa a rimanere stretta.

La palla va dietro la schiena per Dupont, che da ricevitore in rimessa si è aggiunto alla linea. La difesa viene ulteriormente costretta a rimanere stretta dal taglio di Vakatawa: non puoi non rispettare un centro di un quintale che arriva a quella velocità, e quindi Slade viene tagliato fuori mentre la palla va ancora dietro a Jalibert.

Il numero 10 a questo punto ha un 3 contro 2 con tantissimo spazio, ma le cose vengono complicate da un fantastico lavoro di Owen Farrell, che arriva a coprire l’interno. Jalibert è un giocatore molto rapido, ma grazie al capitano inglese e al temporeggiamento di May diventa ben presto chiaro che non riuscirà a chiudere oltre la linea da solo.

È qui la grande abilità del mediano di apertura: sempre correndo a tutta velocità, tira la corsa fino a quando May e Malins non fanno un passo verso l’interno, per chiuderlo. A quel punto riesce a buttar fuori un passaggio arcuato e difficilissimo, praticamente senza caricarlo, per Penaud, che non deve far altro che schiacciare.

La giocata di Jalibert è figlia di una situazione, quella sorta di 3 v 2+1, provata fra le centinaia e le migliaia di volte in allenamento, con il club e in nazionale, che è il tassello finale di un mosaico perfettamente costruito.

Con la stessa filosofia, quella di stringere la difesa per liberare la corsa di Jalibert e presentargli una situazione nello spazio, la Francia ha rischiato di creare un grosso pericolo anche in un’altra situazione, da rimessa laterale a centrocampo.

Qui gli avanti fingono di impostare un drive, Dupont è ancora usato da primo in piedi e Vakatawa taglia l’angolo per stringere la difesa. Stavolta però Brice Dulin è un po’ in ritardo per sfruttare il vantaggio creato, e Jalibert è costretto a mettersi in proprio.

La strana legatura del pilone destro

La mischia chiusa è stata come sempre un momento decisivo della partita.

Anche se è un settore del gioco dove non c’è stata una squadra che è andata chiaramente sotto, l’Inghilterra ha tratto i maggiori frutti. Delle 9 mischie giocate, 6 prevedevano l’introduzione a favore inglese. Di queste l’Inghilterra ne ha usate 4 e ha portato a casa 2 calci di punizione, fra cui quello cruciale in favore di Ellis Genge in una posizione di campo delicata, al centro dei pali sui 22 metri, e in un momento positivo del secondo tempo per i francesi.

La Francia si è fatta notare, invece, per la peculiare legatura dei propri piloni destri che, invece di cingere il tallonatore con il braccio (come fa Sinckler e il resto del globo terracqueo), gira la spalla e si lega ai pantaloncini del compagno.

Non si tratta di una peculiarità di Mohamed Haouas, ma di un’impostazione condivisa con tutta la squadra, visto che anche il suo sostituto si comporterà alla stessa maniera. Forse la ratio è una maggiore libertà di movimento del pilone destro, che con la spalla interna libera può più facilmente modulare il proprio angolo di spinta per andare verso il sinistro avversario. Tuttavia non è sembrato un accorgimento tecnico particolarmente efficace.

Owen Farrell in rimessa laterale

Forse non tutti hanno notato questo lancio del gioco inglese intorno al ventesimo del primo tempo, dove Owen Farrell è il primo uomo nell’allineamento a quattro dell’Inghilterra.

Che il numero 9 si inserisca nelle rimesse laterali per costruire delle varianti siamo oramai abituati a vederlo, ma ultimamente le squadre stanno mostrando anche nuove idee. Qui il numero 12 inglese è inserito per una giocata che prevede un punto d’incontro centrale e un ritorno dalla parte chiusa per trovare un soprannumero e creare dei mismatches.

Farrell infatti riceve il pallone da Itoje dopo un’esecuzione perfetta della rimessa laterale con i 2 giocatori più alti a lanciare il numero 4 in orbita. Il capitano cede l’ovale a Youngs, che manda dentro Vunipola. Ecco quindi che Itoje ed Ewels si fanno ben vedere proseguire nel senso di gioco, con Ford che li chiama.

La palla però cambia direzione e torna dalla parte chiusa, dove Farrell è ora il primo uomo in piedi. Fin qui nulla di così straordinario, ma anche questo però è uno specchietto per le allodole. C’è un secondo livello di quesito posto alla difesa: il centro non è lì per fare il playmaker, come si aspetta la linea difensiva francese, ma per mantenerla stretta e giocare un loop con Youngs.

Il gioco funziona piuttosto bene: il numero 9 può navigare nello spazio e trovare un bell’avanzamento, anche se forse il taglio di Watson impedisce di esplorare la rischiosa salita rovesciata di Dupont. Peccato che il tutto si concluda con un in-avanti dello stesso Youngs a terra.

Per chiudere

Matthieu Jalibert ha meritatamente vinto il titolo di giocatore della settimana. Il Sei Nazioni ha misteriosamente deciso di non includere il suo pezzo migliore nella clip celebrativa. Tranquilli, ragazzi, ci pensiamo noi.

Lorenzo Calamai

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